Energia e clima: i nuovi piani dei governi europei

Il 30 giugno 2023 è scaduto il termine di proposta di aggiornamento dei Piani Nazionali Integrati per l’Energia e il Clima (PNIEC). Questi documenti programmatici, compilati da ciascuno Stato membro e inviati per la prima volta nel periodo 2019-20, descrivono le misure energetiche e climatiche degli Stati membri per il periodo 2021-2030 e sono uno strumento importante per la trasparenza e la responsabilità nel percorso dell’Ue verso la neutralità carbonica nel 2050.

L’importanza dei piani a livello europeo

Il processo dei PNIEC è stato concepito per colmare il divario tra gli obiettivi comuni e la sovranità energetica nazionale. L’Unione europea può raggiungere gli ambiziosi obiettivi della sua politica energetica e climatica solo attraverso gli sforzi degli Stati membri, mentre il suo margine di intervento è limitato. I Trattati europei sono alla base di questo assetto. L’articolo 194 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea stabilisce che la legislazione eurounitaria non può violare il diritto degli Stati membri di determinare il proprio approvvigionamento energetico. 

Per raggiungere gli obiettivi climatici europei entro il 2030, che includono la riduzione del 55% delle emissioni di gas serra rispetto al 1990, un incremento previsto dell’ 11,7% dell’efficienza energetica rispetto a uno scenario di riferimento del 2020 e l’obiettivo del 42,5% (ovvero il 45%) di energia proveniente da fonti rinnovabili nel mix energetico europeo, sarà necessario uno sforzo congiunto da parte di tutti gli Stati membri. Ci sono quindi tre ipotesi di rischio principali da considerare: l’insufficienza dei singoli piani nel quadro della strategia europea, il possibile comportamento di free riding da parte di alcuni Paesi e l’incongruenza dei vari piani nazionali.

Perché devono essere aggiornati i PNIEC?

Gli aggiornamenti dei PNIEC sono di fondamentale importanza per l’Unione, poiché dal risultato di tale processo dipende la capacità dell’Ue di mantenere le promesse in materia di decarbonizzazione a livello internazionale. Il problema principale che l’Unione si trova ad affrontare è che i piani nella loro versione attuale non sono in linea con la crescita delle ambizioni e l’ampliamento dell’acquis energetico verificatosi all’indomani dell’invio dei piani originari relativi al periodo 2021-2030. Per far fronte a questa eventualità, il regolamento che istituisce il processo di redazione e invio dei PNIEC prevede la possibilità di aggiornare i piani una sola volta nel corso del decennio di riferimento.

Dal punto di vista strettamente giuridico, l’aggiornamento dei piani non ha carattere vincolante. Secondo il regolamento, ogni Stato membro è tenuto a presentare una proposta di aggiornamento entro il 30 giugno 2023 o fornire alla Commissione “le ragioni che giustificano perché il piano non necessita di aggiornamento”. Tuttavia, considerando l’attuazione del Green Deal europeo negli ultimi anni, che ha portato all’ampliamento degli obiettivi di decarbonizzazione, e i cambiamenti politici esterni rappresentati dell’invasione russa dell’Ucraina e il suo impatto sulle norme europee in materia di sicurezza energetica attraverso il pacchetto di misure REPowerEU, sembra che l’opzione di lasciare i piani del 2020 invariati non sia più praticabile.

Per comprendere le difficoltà che i Paesi membri riscontrano nell’aggiornamento dei loro piani è sufficiente consultare gli orientamenti rilasciati dalla Commissione nell’ambito per revisione dei PNIEC nel dicembre 2022. Queste linee guida includono un elenco di oltre quaranta nuove normative, proposte e misure di politica energetica che la Commissione richiede agli Stati membri di considerare nell’aggiornamento dei loro piani. Un elemento importante è la precisazione richiesta dalla Commissione riguardante i Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR). In particolare, agli Stati membri è richiesto di includere all’interno dei PNIEC aggiornati un riferimento ai PNRR e ai loro capitoli REPowerEU per ogni relativa politica e misura.

Gli aggiornamenti devono dimostrare che gli Stati membri sono in grado perseguire una politica di sicurezza energetica che non comprometta, ma anzi rafforzi la leadership dell’Ue nell’ambito del cambiamento climatico.

L’aggiornamento del piano italiano

Il governo italiano, mediante il ministero per l’Ambiente e la Sicurezza Energetica (MASE), ha annunciato l‘invio della proposta di aggiornamento alla Commissione Europea lo scorso 30 giugno. Il 4 luglio, tuttavia, il ministero ha chiarito che quello che è stato inviato a Bruxelles era una sintesi del piano aggiornato, mentre il documento vero e proprio risulta essere ancora in lavorazione.

Per quanto riguarda il contributo italiano agli obiettivi principali comuni, la sintesi inviata dal governo prevede di raggiungere una quota del 40% di energie rinnovabili nel consumo finale lordo di energia entro il 2030 rispetto all’obiettivo di 30% nel piano consegnato in dicembre 2019 (nel 2021, la quota era di 19%). La sintesi prevede, inoltre, una riduzione dei consumi di energia a 122 Mtep per energia primaria e a 100 Mtep per energia finale entro 2030 (gli obiettivi erano 125 Mtep e 104 Mtep, rispettivamente nel piano originale). Il governo riconosce che queste proiezioni risultano inferiori a quelle richieste dall’attuale testo di compromesso della direttiva sull’efficienza energetica. Per quanto attiene alla riduzione dei emissioni nel settore di trasporto, la proposta che ha riscontrato una maggiore eco mediatica (come riportato ad esempio qui, qui e qui) è quella di ridurre le emissioni potenziando lo smart working, nonché accorciando la settimana lavorativa.

Spetta ora alla Commissione valutare tutti gli aggiornamenti proposti e accertare se sono adeguati allo scopo di raggiungere gli obiettivi paneuropei. Entro la fine dell’anno, la Commissione presenterà le raccomandazioni (non vincolanti) a ciascun Paese membro. A quel punto gli Stati avranno a disposizione sei mesi ulteriori di tempo per completare i propri piani. Le tempistiche dipendono anche in parte dalla puntualità degli Stati membri nella consegna dei PNIEC. Mentre alcuni Paesi, come la Spagna e la Slovenia, hanno presentato le loro proposte anche prima della scadenza, il ministero dell’Ambiente dell’Irlanda, per esempio, ha annunciato che non potrà rispettare la scadenza prefissata. 

Ma non è solo la Commissione che esaminerà i piani. Già prima della presentazione della bozza di aggiornamento, alcune organizzazioni hanno pubblicato analisi procedurali e sostanziali del processo di invio dei PNIEC, e la proposta è stata accolta da numerosi commenti (perlopiù critici) da parte del pubblico e delle organizzazioni ambientaliste e non-profit. Data la limitata capacità della Commissione di intervenire (politicamente o giuridicamente) nel completamento degli aggiornamenti, un dibattito pubblico attento e vivace non è solo auspicabile, ma assolutamente necessario. 

Foto di copertina ANSA – EPA/MORELL – BGG

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