Nehammer a Mosca: una velleitaria missione di pace

L’improvvisata visita a Mosca del cancelliere Nehammer, la prima di un capo di governo della Ue, è stata un buco nell’acqua ne’ poteva essere altrimenti. Annunciata domenica al ritorno dall’Ucraina, la decisione aveva colto di sorpresa il mondo politico austriaco (non è chiaro se lo stesso presidente della Repubblica fosse stato previamente consultato) ed è stata duramente criticata dalle opposizioni di destra e di sinistra.

Nehammer ha dichiarato di averne informato Zelensky, Scholz, von der Leyen e, in transito a Istanbul, Erdogan. Non era evidentemente portatore di alcun messaggio dei partners europei, ne’ del presidente ucraino che aveva appena incontrato.

Un colloquio senza risultati

Il colloquio con Putin , svoltosi in una dacia nei pressi della capitale, è stato da lui stesso definito “diretto” (allusione al fatto che lui non si è astenuto dal deplorare i crimini di guerra, avendone appena visto le prove a Bucha, e sottolineare la necessità che i responsabili ne rispondano davanti a un tribunale), nonché “franco” (il consueto termine diplomatico per indicare uno scontro verbale), ma anche “duro”, “non amichevole”. L’unico risultato: la constatazione che non si può essere ottimisti sulle prospettive di negoziato: Putin “è prigioniero di una logica di guerra”.

Ci si può domandare cosa abbia spinto il neo-cancelliere, poco esperto di relazioni internazionali, ad affrontare una missione che sapeva essere, secondo le sue parole, “rischiosa”, ma più propriamente una “mission impossible”.

Va considerato che da più parti si lamenta, poco realisticamente, che l’Unione Europea non si attivi per una mediazione che metta fine ad una guerra il cui prolungamento mette sì in imbarazzo la Russia ma fa soprattutto crescere le sofferenze del popolo ucraino e il numero di vittime innocenti. Ma l’Ue è schierata, von der Leyen e Borrell non possono presentarsi come mediatori. Allora può forse avere senso che si muova un paese europeo neutrale. Ha forse più titolo la Turchia, o Israele? Anzi, nella percezione del cancelliere democristiano, era un dovere valorizzare questo status di neutralità, la vocazione austriaca a “costruire ponti”, non lasciare nulla di intentato per fermare la grande offensiva che si prepara nel Donbass.

Neutralità “sopravvalutata”

Come ha detto al telegiornale austriaco uno dei più noti ex diplomatici austriaci, Stefan Lehne, Nehammer ha sopravvalutato il significato della neutralità e la credibilità dell’Austria a costruire ponti fra Est e Ovest. Vienna ha vocazione a ospitare negoziati, più che a mediare.

Come noto, lo status di neutralità è stato formalmente una scelta unilaterale inserita nella Costituzione nel 1955, ma in realtà il presupposto per l’assenso russo alla fine della occupazione quadripartita. Preclude l’adesione alla NATO, ma non ha impedito nel 1995 l’ingresso nell’Ue e quindi la partecipazione alla politica di sicurezza comune. Soprattutto nel partito di Nehammer non manca chi lo considera ormai superato. Nelle circostanze attuali l’Austria non è certo equidistante nel valutare le ragioni dell’aggredito e quelle dell’aggressore. Il ministro degli Esteri Schallenberg ha avuto parole
molto nette sulla rottura ormai insanabile con la Russia; e l’Austria aderisce alle sanzioni.

Gas russo e “paesi ostili”

È vero che che Vienna è fra i paesi più restii a rinunciare al gas russo ( ne dipende per l’80% del fabbisogno) e che ha aderito all’espulsione di diplomatici-spie russi solo dopo parecchie esitazioni e in misura ridotta. Ma qui la neutralità c’entra poco, contano gli interessi di un’economia dai molteplici intrecci (banche, azienda petrolifera OeMV, ecc) con quella russa.

Non può dunque sorprendere che Mosca classifichi l’Austria fra i paesi “ostili”, diversa dai “falchi” come Gran Bretagna e Polonia, ma solo in quanto “ventre molle”. A questa valutazione poco lusinghiera contribuisce la venalità di alcuni politici che, analogamente al tedesco Schroeder, hanno accettato lucrose cariche in grandi aziende russe (gli ex Cancellieri Schuessel e Kern si sono recentemente dimessi, la ex Ministra Kneissl non ancora) e la porosità dei Servizi austriaci sotto ministri FPOe nel primo governo Kurz.

Negoziazioni lontane

La missione di pace di Nehammer (velleitaria quanto quella di Francesco di Assisi presso il Sultano di Egitto, senza possedere il carisma del nostro santo) avrebbe forse avuto una sua logica in circostanze diverse: qualora la Russia avesse interesse a metter fine alla poco brillante spedizione in Ucraina salvando la faccia, avrebbe l’opzione di prendere per buono il presunto status neutrale dell’Austria e accettare i suoi buoni uffici (non certo una mediazione).

Ma evidentemente in questa fase Putin non intende negoziare, comunque non prima di aver conseguito sul terreno i suoi obiettivi minimi: Donbass allargato a tutto il territorio delle oblast di Donetsk e Lugansk (comprese Mariupol e Kramatorsk), tutta la costa del Mar d’Azov, forse anche tutta la costa del Mar Nero.

Se i media russi nel commentare la visita del cancelliere hanno sottolineato che la sede dei negoziati è Istanbul, l’intenzione era solo di rivolgere una frecciatina all’ ingenuo austriaco (e una carezza al presidente turco). Putin, come Nehammer ha avuto modo di constatare, usa il negoziato come un’operazione di facciata: punta ad una soluzione puramente militare.

Foto di copertina EPA/DRAGAN TATIC / AUSTRIAN CHANCELLERY

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