La Macedonia del Nord torna al voto dopo quattro anni per le elezioni parlamentari del 24 aprile. Il voto arriva dopo le dimissioni di Dimitar Kovacevski, leader dell’Unione Socialdemocratica SDSM e l’insediamento del governo tecnico di Talat Dzaferi, di etnia albanese. Le elezioni, decisive per il piccolo Paese balcanico, si sviluppano principalmente su due temi: l’eliminazione del sistema a quote nell’amministrazione pubblica e le rinnovate tensioni diplomatiche con la Bulgaria.
Il sistema elettorale in Macedonia del Nord: sintesi e differenze rispetto alle elezioni del 2020
La Repubblica di Macedonia del Nord presenta un’unica assemblea parlamentare (la Sobranie), composta da 120 seggi eletti con un voto proporzionale a lista chiusa, ripartito in sei circoscrizioni. In aggiunta a questi 120 deputati, è possibile eleggere altri 3 membri da una sola circoscrizione d’oltremare, con voto proporzionale.
Almeno il 40% dei candidati in ogni lista di partito deve essere occupato da membri del genere meno rappresentato. Se una donna deputata lascia l’incarico prima della fine del suo mandato, sarà sostituita dalla successiva candidata donna della sua lista di partito.
Rispetto alla tornata elettorale precedente, circa 100.000 persone (su un totale di quasi 2 milioni di votanti) rischiavano di vedersi invalidato il voto. Questo perché i documenti di identità riportavano ancora la vecchia dicitura del Paese: Repubblica di Macedonia. Il ritardo nell’emissione dei nuovi documenti personali ha ulteriormente incalzato le richieste, da parte dei cittadini, di maggiori tutele per la salvaguardia del voto. Per questo, il 7 marzo scorso, è stato inserito un emendamento al Codice elettorale che permetterà agli elettori di recarsi alle urne con carte di identità scadute fino a 9 mesi prima.
Sebbene questa misura straordinaria sia stata ben accolta da parte dell’elettorato, una delegazione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (APCE), inviata a vigilare lo status quo pre-elettorale, la ritiene contraria alle raccomandazioni della Commissione di Venezia, oltre ad esprimere dubbi e riserve sul sistema di finanziamento elettorale e alla copertura mediatica per i partiti più forti e storicamente attivi.
Una maggiore polarizzazione su basi etniche
La forza di centrodestra che ha primeggiato nelle elezioni nel 2020, il VMRO-DPMNE (Organizzazione rivoluzionaria macedone interna – Partito democratico per l’unità nazionale macedone), anche se favorita, rischia di ottenere una vittoria a metà.
La corsa alle elezioni si svolge in un contesto completamente differente rispetto a quattro anni fa, quando l’attenzione dei cittadini era focalizzata sul superamento della pandemia COVID-19. Quest’anno, VMRO-DPMNE, così come l’SDSM (Unione Socialdemocratica) devono confrontarsi con una rinnovata spinta nazionalista, che potrebbe mettere in difficoltà la formazione di un governo.
I partiti di ispirazione nazionalista albanese (l’Alleanza per gli Albanesi e l’Unione Democratica per l’Integrazione), espressione anche dell’attuale Primo ministro Talat Dzaferi, spingono per mantere (o meglio, ridefinire) il sistema “a quote” presente nell’amministrazione pubblica, che ritengono una “salvaguardia” per la minoranza albanese nel Paese (che rappresenta quasi il 25% della popolazione). L’UDI ha espresso forti riserve nel sostegno al VMRO-DPMNE in caso di vittoria, perché quest’ultimo, ritenendo il sistema discriminatorio, ha dichiarato di volerlo eliminare.
Sull’asse dei partiti localizzati più a sinistra, l’SDSM è il partito che, negli anni passati, ha condensato la maggior parte delle richieste dell’elettorato. La sua è una politica improntata sull’avvicinamento del Paese all’Unione europea e sulle riforme pubbliche. Tuttavia, dopo oltre sette anni di governo, la diminuzione del benessere dei cittadini, l’inflazione crescente e la corruzione diffusa, gravano sulla riuscita dell’Unione Socialdemocratica in queste elezioni.
La difficile relazione con la Bulgaria
Nonostante i diversi tentativi di stabilizzazione dei rapporti con la Bulgaria a partire dal 2017, negli ultimi anni è incrementato il numero di incidenti diplomatici che hanno nuovamente aumentato la tensione tra Macedonia del Nord e il paese membro dell’Ue.
Il tema cardine resta di tipo identitario e culturale. Da una parte, la Macedonia del Nord accusa la Bulgaria di revisionismo storico per l’intitolazione nell’ottobre 2022 di un centro culturale bulgaro a Ohrid, in Macedonia del Nord, al re Boris III di Bulgaria. Il monarca aveva portato la Bulgaria a fianco delle forze dell’Asse, durante la Seconda guerra mondiale.
Inoltre, le accuse di intromissione nella politica macedone hanno oltrepassato i confini tra i due Stati, arrivando allo scontro diplomatico durante il censimento albanese nel novembre dell’anno scorso. I macedoni sul suolo albanese sostengono che gli estremisti bulgari hanno cercato di convincere, attraverso minacce e ritorsioni, i macedoni a identificarsi come bulgari. Offrendo loro passaporti per entrare più facilmente nel mercato europeo, con la richiesta di rinunciare all’identità macedone.
Di contro, numerose critiche sono sorte da parte della Bulgaria rispetto a una presunta “campagna anti-bulgara” nella Macedonia del Nord. Insistendo anche sul fatto che l’identità e la lingua macedone abbiano origine bulgara, la campagna mette a serio rischio la vita dei cittadini bulgari che risiedono nello Stato.
Il voto e lo scenario europeo
L’annosa questione delle relazioni con la Bulgaria è trasversale a tutti i maggiori partiti in lizza per le elezioni. Tuttavia, il VMRO-DPMNE potrebbe essere avvantaggiato dal fatto che si è più volte opposto alle decisioni del governo socialdemocratico di “scendere a compromessi” con Grecia e Bulgaria per avvicinare il Paese all’Ue.
In particolare, il VMRO-DPMNE ha da sempre criticato gli accordi di Prespa con la Grecia nel 2018. Gli accordi riguardavano la modifica del nome del Paese e l’attuale modifica richiesta dall’Ue per l’inserimento della “popolazione bulgara” nella Costituzione macedone. Eliminando così il blocco bulgaro ai negoziati di adesione all’UE.
Alla luce degli scarsi risultati raggiunti da parte del SDSM nel processo di adesione, il partito di centrodestra sembra mantenga il giusto vantaggio per la vittoria. Ma in linea con il passato, nessun partito di etnia macedone otterrà più della metà dei seggi in Parlamento. Sarà quindi costretto a cercare l’alleanza di uno o più dei partiti nazionalisti albanesi, lasciando aperta la partita sul futuro governo e assetto geopolitico della Macedonia non solo a livello nazionale, ma anche europeo.
articolo a cura di Letizia Storchi