Le missioni italiane all’estero nel 2025: focus geografico e priorità strategiche

Il decreto missioni, accompagnato dall’audizione davanti alle Commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato del Capo di Stato Maggiore della Difesa Luciano Portolano, fornisce un quadro dettagliato dell’impegno del dispositivo militare italiano nelle missioni all’estero. Partendo dalle priorità  delineate dal Generale Portolano, si riscontrano degli aspetti rilevanti, tra i quali: l’impegno in Africa e Medio Oriente con riferimento al contrasto di attori destabilizzanti, alla sicurezza energetica e alla garanzia di accesso all’approvvigionamento di materie prime; l’istituzione di forze ad altissima prontezza operativa per il fianco est NATO; il dibattito circa l’opportunità della continuazione di Strade Sicure.

Per quanto riguarda il focus geografico dell’impegno militare all’estero il Mediterraneo allargato rappresenta il fulcro delle attività italiane, che orientare a garantire la sicurezza in un’area caratterizzata da un accresciuto livello di volatilità. Le priorità si delineano nel contributo alla stabilizzazione in Medio Oriente, nel Sahel e nel Golfo di Guinea, e nella partecipazione agli sforzi relativi alla sicurezza e alla stabilizzazione nel Corno d’Africa e nel Mar Rosso. Al tempo stesso, alla luce della guerra in Ucraina il fianco est dell’alleanza rimane al centro degli sforzi italiani nel contribuire alla deterrenza nella cornice dell’Alleanza Atlantica, in particolare nelle Repubbliche Baltiche e in Bulgaria.

In termini di risorse il decreto prevede uno stanziamento complessivo di 1,92 miliardi, che segnano un aumento rispetto ai 1,82 del 2024 e 1,72 del 2023, confermando il trend crescente. Le missioni attualmente in corso secondo quanto riferito dal Generale Portolano sono 39. Il decreto riporta inoltre una consistenza media di 7.750 unità ed un contingente massimo autorizzato di 12.100 unità.

Le novità: forze ad alta e ad altissima prontezza operativa

Per quanto concerne le nuove schede il decreto ne presenta una sola, relativa all’istituzione di una forza ad alta e ad altissima prontezza operativa. Con una consistenza massima pari a 2.867 unità ed una composizione degli assetti che si configura in 359 mezzi terrestri, 4 mezzi navali, 15 mezzi aerei, queste forze rispondono alla necessità di maggiore flessibilità e tempestività nella proiezione internazionale dello strumento militare, per far fronte alla crescente mutevolezza ed imprevedibilità del quadro strategico. Questo pone la loro istituzione in linea con le logiche della riforma della legge 145/2006, ovvero con l’adattamento delle dinamiche di impiego dello strumento militare all’estero ad un contesto caratterizzato da sempre maggiore volatilità ed incertezza.

La costituzione di queste forze risponde alle necessità espresse in ambito NATO, ed in particolare il documento esplicita che possano alimentare il contingente nazionale nelle Allied Reaction Forces (ARF). Nonostante il documento faccia riferimento ad un’area di impiego particolarmente ampia, in quanto corrispondente con quella interessata da una presenza di personale nazionale, è evidente come una tale capacità sia concepita come elemento di rafforzamento per il fianco orientale dell’Alleanza. L’istituzione delle forze ad alta e ad altissima prontezza operativa rappresenta dunque un contributo diretto all’impegno in termini di deterrenza e difesa in seno all’Alleanza.

L’impegno (bilaterale) in Africa

L’impegno in Africa conferma la visione strategica per il continente già espressa nel Documento Programmatico Pluriennale, ed in particolare la sinergia dell’impiego dello strumento militare con il Piano Mattei. La presenza in Africa è funzionale al contrasto dei traffici illeciti, al contenimento degli effetti destabilizzanti della presenza di attori come Russia e Cina e conseguentemente alla stabilizzazione dei Paesi partner nella regione, con un ruolo chiave sia nel garantire la stabilità del fianco sud sia nell’attuazione del Piano Mattei. In Africa si riscontra un’enfasi sull’approccio bilaterale, soprattutto in aree come il Sahel, dove in Niger il contingente italiano è l’unico occidentale a permanere con la missione MISIN a seguito del colpo di stato che ha portato all’estromissione degli altri contingenti stranieri. La presenza italiana si estende anche al confinante Burkina Faso con una missione di supporto bilaterale che congiuntamente a MISIN prevede l’invio di 550 unità. Questo impegno dovrebbe rafforzare la presenza italiana nella fascia Saheliana, che allo stato attuale vede una forte influenza russa, come testimoniato dalle partnership in materia di sicurezza e difesa siglate da diverse giunte militari con Mosca.

In un’ottica di stabilizzazione della sponda sud del Mediterraneo e di contrasto alla migrazione illegale sono state prorogate le missioni bilaterali in Tunisia e in Libia, nonché la missione ONU UNSMIL in Libia e la missione Nato denominata “Implementation of Enhancement of the Framework for the South”. Per queste quattro missioni è previsto l’invio di 223 unità e 10 mezzi terrestri. L’impiego militare sia in una dimensione bilaterale che in una multilaterale conferma l’impegno dell’Italia nel mantenere le attività di stabilizzazione in questo quadrante nell’agenda delle organizzazioni internazionali, mentre lavora al rafforzamento delle relazioni su base bilaterale anche in considerazione di una progressiva entrata in crisi dell’approccio multilaterale al continente africano, che per il momento è maggiormente accentuata nella fascia sub-sahariana.

Medio Oriente e missioni navali

In Libano prosegue l’impegno su base multilaterale con la missione UNIFIL, e a livello bilaterale con la missione MIBIL. Impegno divenuto particolarmente complesso a seguito dell’avvio di operazioni militari da parte delle forze armate israeliane nel sud del Paese ad ottobre 2024, il che ha portato ad una richiesta di revisione delle regole di ingaggio da parte del Ministro Crosetto. Alla presenza in Libano si aggiunge quella dell’operazione bilaterale MIADIT in Cisgiordania, consolidando la presenza italiana in un’area che dall’ottobre 2023 è stata caratterizzata da un conflitto in espansione, da Gaza al Libano. L’Italia mira a profilarsi come attore direttamente coinvolto nelle dinamiche di interposizione e stabilizzazione e come fornitore di sicurezza, con un’ambizione di mediazione a livello politico. Per le tre missioni nell’area è previsto l’impiego di 1.650 unità, la maggior parte delle quali dedicata ad UNIFIL.

Nell’area mediterranea e mediorientale rileva poi la proroga delle missioni navali interforze ASPIDES e ATLANTA, volte a garantire la libertà dei traffici marittimi nell’arteria che conduce al Mar Mediterraneo attraverso il Mar Rosso, oltre alla missione IRINI, il cui obiettivo principale è la verifica del rispetto dell’embargo sulle armi imposto alla Libia, ma che fornisce anche un supporto significativo al contrasto alla migrazione illegale, dossier sempre più politicamente rilevante anche a livello europeo.

L’impegno sul fianco est dell’Alleanza

Il decreto prevede un consolidamento del contributo italiano al mantenimento della deterrenza sul fianco orientale della NATO. In particolare, verrà data priorità all’innalzamento a livello di brigata del Forward Land Forces Battle Group in Bulgaria di cui l’Italia è framework nation, un’operazione già avviata dalla Germania in Lituania nell’aprile 2024. E’ confermato inoltre il contingente italiano nei battle group in Lettonia e Ungheria. Il dispiegamento complessivo in ambito NATO nei tre Paesi è pari a 2.323 unità e 1.046 mezzi terrestri. Viene inoltre rafforzato il contributo all’Air Policing a all’Air Shielding della NATO, con 15 mezzi aerei e 375 unità di personale, rispetto ai 12 mezzi e alle 300 unità del 2024.

Relativamente al fianco est viene inoltre ribadito il supporto all’Ucraina, in particolare con riferimento alla missione di addestramento EUMAM-Ucraina, che si svolge sul territorio degli stati membri dell’Unione Europea, e alla missione NATO di supporto e addestramento NSATU. Per queste due missioni, rispetto al 2024 il dispiegamento di unità ha subito un incremento significativo, passando da 80 a 231, in linea con il più volte ribadito impegno a livello politico a favore dell’Ucraina.

La necessità di riconfigurare l’operazione Strade Sicure

Durante l’audizione del Generale Portolano è stata dibattuta l’effettiva opportunità del persistere dell’Operazione Strade Sicure, che secondo quanto previsto dalla Legge di Bilancio 2025 vede confermata la dotazione di 6.000 unità, e che dal 2025 al 2027 vedrà un’integrazione di 800 unità ogni anno per il controllo e la sicurezza delle principali infrastrutture ferroviarie. A fronte, dunque, di una maggiore enfasi sulla preparazione per un conflitto ad alta intensità e di un proliferare di focolai di instabilità all’estero, prosegue l’impegno dell’esercito in attività di polizia particolarmente drenanti a livello di personale e risorse, oltre che molto lontane dai pilastri che dovrebbero definire le logiche di impiego delle forze armate, prima fra tutte la difesa territoriale.

Il Generale Portolano ha riconosciuto la necessità di elaborare valutazioni sulla persistenza della minaccia che ha portato all’istituzione di questa missione, ed ha espresso l’opportunità di rivalutare le modalità di impiego per diminuire il personale ad essa dedicato ed aumentarne l’efficienza e l’efficacia. Da questo punto di vista una possibile soluzione da lui prospettata è quella del passaggio dal pattugliamento statico a quello dinamico, che permetterebbe di ridurre il numero di unità dedicate al presidio di una data area.

Uno sguardo in avanti

Anche per il 2025, si conferma un elevato grado di ambizione, rappresentato da un alto numero di missioni in molteplici quadranti, dal Maghreb al Baltico. Nonostante la conferma di un trend crescente per quanto concerne il finanziamento si riscontra ancora una discrepanza tra obiettivi e risorse, che rispecchia la necessità a livello più ampio di un effettivo incremento della spesa per la difesa.

Inoltre, relativamente alle missioni in cui è impegnato il dispositivo militare emerge un’evidente idiosincrasia nella persistenza di un’operazione come Strade Sicure mentre ci si adegua alle necessità di un conflitto ad alta intensità con l’istituzione delle forze ad alta e ad altissima prontezza operativa. E’ dunque necessario raggiungere una maggiore omogeneità e chiarezza a livello di valutazioni strategiche, adeguando di conseguenza la preparazione e l’impiego delle forze armate.

Ricercatore junior nel programma “Difesa, sicurezza e spazio” dell’Istituto Affari Internazionali.

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