Nel giugno 2023 il Consiglio Artico ha ripreso i lavori dopo un anno di sospensione in risposta all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Il Consiglio è un pilastro dell’architettura istituzionale della regione; il principale quadro di cooperazione tra gli Stati artici e le popolazioni indigene per tutela ambientale e sviluppo sostenibile.
La sovrapposizione tra crisi climatiche e di sicurezza ha trasformato la regione, generando opportunità economiche ma anche pericoli per le popolazioni locali, amplificando la competizione internazionale. L’Unione europea (Ue), sempre più interessata al tema della climate security (l’effetto moltiplicatore dei cambiamenti climatici e il loro impatto, anche indiretto, sulle diverse dimensioni di sicurezza – economica, umana e politica), da tempo cerca di elaborare una politica artica che tenga conto di questi cambiamenti.
Anche per questo, dal 2013 l’Ue ha presentato domanda per lo status di osservatore permanente presso il Consiglio, senza tuttavia riuscire a formalizzare il proprio ruolo. Ma l’architettura istituzionale della regione non si esaurisce con il Consiglio Artico, bensì comprende strumenti diplomatici, giuridici e istituzionali che vanno oltre il framework del Consiglio e di cui la Ue deve tenere conto.
Perché l’Artico è importante
I documenti attorno ai quali si articola la politica artica dell’Ue testimoniano un interesse di lunga data. Inizialmente inquadrata da una prospettiva climatica e scientifica, le recenti crisi hanno enfatizzato la dimensione di sicurezza della regione. La rilevanza strategica dell’Artico per la Ue è stata confermata anche dallo Strategic Compass del 2022, sulla scia dell’ultimo aggiornamento della politica artica dell’UE del 2021 che rilevava: “l’intensificarsi dell’interesse per le risorse e le rotte di trasporto dell’Artico potrebbe trasformare la regione in un’arena di competizione locale e geopolitica e di possibili tensioni, che potrebbero minacciare gli interessi dell’Ue“.
Il deterioramento delle relazioni con la Russia ha minato il quadro di cooperazione locale, aggravando i rischi legati ai cambiamenti climatici ed evidenziando la centralità della sicurezza climatica per l’UE per più ragioni. In primo luogo, gli effetti dei cambiamenti climatici impattano sulla sicurezza delle popolazioni e delle infrastrutture locali, nonché su scala globale. Lo scioglimento dei ghiacci provoca l’apertura di nuove rotte di navigazione e consente l’accesso a giacimenti di materie prime e risorse minerarie, come il 13% e il 30% del petrolio e del gas naturale non ancora estratti a livello globale.
L’Artico potrebbe rappresentare un fornitore di energia rinnovabile e di materie prime critiche fondamentali per raggiungere gli obiettivi climatici dell’Ue e l’indipendenza energetica dalla Russia. Il potenziale della regione attrae anche attori esterni, come la Repubblica Popolare Cinese (RPC), che già nel 2018 si era definita un “near Arctic country”. In secondo luogo, la rilevanza della regione per la sicurezza europea è aumentata in modo sostanziale in seguito alle crescenti tensioni con la Russia e all’allargamento della Nato a Finlandia e Svezia (quest’ultimo ancora da completare). Ciò ha rafforzato la dimensione di sicurezza europea dell’ Artico, con un ruolo crescente della Nato e l’intensificazione delle esercitazioni militari e della percezione delle minacce.
In ultimo, il rapido degrado dell’architettura di cooperazione intergovernativa che era riuscita a garantire la stabilità della regione. Essendo il Paese artico più grande per dimensioni geografiche, la Russia svolge un ruolo di primo piano nei vari quadri di cooperazione regionale, influenzando le politiche regionali.
Una complessa architettura multilaterale
Il Consiglio Artico è stato istituito nel 1996 a seguito della Dichiarazione di Ottawa per promuovere la cooperazione e il coordinamento in materia di sviluppo sostenibile e protezione ambientale, tralasciando le questioni militari. Comprende gli Stati artici (Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia, Russia e Stati Uniti) e la partecipazione permanente di associazioni di popolazioni indigene. La decisione di riprendere solo le attività che non includono la Russia, tuttavia, mette in dubbio la futura operatività dell’organismo. Per quanto centrale, il Consiglio Artico non rappresenta il solo framework di cooperazione a disposizione dell’Ue per ritagliarsi un ruolo regionale. Tra gli strumenti politici, diplomatici e legali attraverso i quali le politiche artiche vengono promosse e adottate vi sono anche il Consiglio Euro-Artico di Barents e la Northern Dimension Policy, volti a promuovere la stabilità regionale e lo sviluppo sostenibile e di cui la Ue fa già parte.
Finora la Ue ha avuto difficoltà a consolidare una comunità di sicurezza artica sostenuta da valori condivisi e in grado di integrare l’architettura istituzionale della regione, nonostante la trasformazione dello scenario di sicurezza e il superamento di un approccio basato esclusivamente sugli aspetti ambientali. Lo stesso Consiglio Artico non è sin qui riuscito a sviluppare una dimensione di sicurezza intesa in senso ampio, da quella ambientale ed economica, a quella militare, sociale e politica. In questo contesto, la Ue può sviluppare un framework di sicurezza che comprenda non solo la promozione di standard e idee, ma anche l’attuazione di accordi internazionali, utilizzando la governance regionale per promuovere i propri interessi.
Ciò passa anche attraverso l’aggiornamento della propria politica artica del 2021, integrandola con i principi delineati nell’ultimo Strategic Compass e approfondendo sia una dimensione di hard security che una di tipo diplomatico, politico ed economico. La prima comprende il rafforzamento del dialogo e della cooperazione strategica con la Nato per identificare gli strumenti più adatti e complementari a disposizione. La crescente militarizzazione, l’uso di strumenti ibridi – come il sabotaggio di infrastrutture critiche o la raccolta di informazioni attraverso spedizioni di ricerca scientifica – e la rilevanza della sfera marittima rendono l’Artico una regione strategica.
La seconda dovrebbe partire dall’inclusione dell’Artico nel dibattito comunitario sulla sicurezza climatica, bilanciando la tutela dell’ambiente con lo sfruttamento delle risorse naturali. Altro aspetto cruciale è il rafforzamento del dialogo e dei legami di interdipendenza economica con Paesi come Norvegia e Islanda, e popolazioni artiche. La piena partecipazione di queste ultime, che soffrono maggiormente le conseguenze dell’insicurezza climatica, è indispensabile per garantire la piena legittimità della UE come attore artico che promuove interessi, valori e norme. Infine, la strategia artica comunitaria può essere favorita promuovendo una concettualizzazione comune dell’Artico e del Baltico, sfruttando il radicamento di Bruxelles nell’area baltica.
Foto di copertina EPA/GUNNAR VIGFUSSON