L’Algeria aumenta le spese militari per la sua sicurezza regionale

La bozza per la legge finanziaria del 2023 che le autorità algerine presenteranno al Parlamento entro fine novembre prevede la crescita record delle spese militari, che passerebbero da 9 miliardi di dollari (circa 1300 miliardi di dinari) nel 2022 a ben 23 miliardi di dollari (3 mila miliardi di dinari). Storicamente, la spesa media annuale algerina per la difesa si attestava intorno ai 10 miliardi di dollari l’anno. Tale aumento di circa il 130% farebbe diventare l’Algeria uno dei paesi che spende di più in difesa al mondo.

La stampa marocchina, che chiaramente segue la questione con un certo interesse, ha notato che, in rapporto al Pil algerino, tale aumento porterebbe la ratio spesa per la difesa/Pil dal 5.3% al 12%, con una spesa in valore assoluto che supererebbe quella di paesi come la Spagna, la Turchia e l’Indonesia e addirittura di paesi come Taiwan e Polonia che storicamente spendono più di altri a causa delle peculiari condizioni strategiche e geopolitiche, con annesse minacce, in cui si trovano. 

Le ragioni dietro l’aumento del budget militare

Cosa spiega – e giustifica – un aumento così importante, in particolar modo considerando che l’Algeria non è un paese in guerra al momento? Certamente, l’aumento dei prezzi degli idrocarburi ha fornito tantissimo ossigeno alle casse algerine. Con la fine dell’ultimo superciclo mondiale delle commodities tra il 2014 e il 2015, l’Algeria aveva iniziato ad avere enormi problemi di gestione economica e sociale. Per molti anni, Algeri ha dovuto prendere misure volte a salvaguardare i conti pubblici. L’austerità ha così creato sia tensioni interne che hanno creato le condizioni per l’esplosione di tale tensione agli inizi del 2019, dopo l’annuncio che il vecchio presidente Abdelaziz Bouteflika, si sarebbe ricandidato per un quinto mandato, nonostante gli evidenti problemi di salute.

Questa tensione troverà sfogo nella nascita dell’Hirak, il movimento popolare di protesta che ha portato alla caduta del regime di Bouteflika, ma che poi ha conosciuto una serie di battute d’arresto tra limitazioni dovute al Covid-19, problemi e frizioni interne e il ritorno della spesa pubblica espansiva sulla scena. In quegli anni, in Algeria, c’era la percezione che l’epoca della spesa pubblica senza limita favorita dai prezzi alti per petrolio e gas era finita per sempre. Insomma, le risorse a disposizione oggi erano quasi insperate, e dopo anni di sotto investimenti o di investimenti rimandati, l’esercito algerino ha deciso di dare una svolta, per vari motivi: dedicare più risorse al personale, sia attivo sia in pensione, delle forze armate, ma anche per prepararsi meglio alle sfide offerte dai vari quadranti regionali in cui l’Algeria è coinvolta.

I destinatari dei nuovi fondi

Sebbene le questioni di bilancio militare siano solitamente coperte da segreto di stato, la bozza di legge finanziaria prevede in dettaglio la divisione in tre blocchi di tali spese. 8,8 miliardi di dollari sono destinati all’amministrazione generale, con aumenti generalizzati delle pensioni e dei sussidi per i militari feriti nel cosiddetto decennio nero – gli anni della guerra civile negli anni ’90. Tale passaggio è in linea con l’approccio più generale avuto dal Presidente Abdelmadjid Tebboune di redistribuire parti significative dei profitti degli ultimi anni a vari segmenti della società per calmierare le tensioni sociali. Chiaramente, essendo le forze armate uno dei pilastri del sistema algerino, è inevitabile che parte di queste risorse – ora che ci sono – vengano spese in questo senso. 

5,27 miliardi di dollari sono destinati al capitolo “Logistica e supporto multiforme” mentre 8,5 miliardi di dollari sono destinati propriamente alla “Difesa nazionale”, finanziando quindi o progetti destinati ad ammodernare o sostituire sistemi obsoleti, o volte a finanziare nuove acquisizioni. Molte di queste acquisizioni si erano bloccate sia per problemi finanziari sia per questioni legate al COVID e alla crisi mondiale della logistica.

Nuove armi saranno in primis acquistate da Russia e Cina, storici fornitori di armi all’Algeria, ma anche da altri paesi come la Turchia e soprattutto, novità dell’ultimo periodo, l’Iran. Con questi ultimi due paesi ci sono interlocuzioni sui droni. L’Algeria ha ritrovato un dialogo con l’Iran, dopo anni di tensioni più o meno latenti, favorito dall’avvicinamento tra Marocco e Israele, che ha chiaramente messo in atto una serie di dinamiche geopolitiche con cui l’Algeria sta cercando di controbilanciare le conseguenze dell’allineamento tra marocchini e israeliani. 

Tale aumento di spesa va visto quindi nel contesto regionale, e non è spia di una voglia “espansionista” algerina. Sebbene nella nuova Costituzione del 2020 siano stati apportati cambiamenti che prevendono la possibilità, per l’Algeria, di operare militarmente al di fuori dei propri confini, la dottrina strategica algerina resta ancorata ai principi storici di non-interferenza. Ma le nuove dinamiche diplomatiche che hanno coinvolto il Marocco in questi anni, e i problemi di sicurezza sempre più marcati che connotano il Sahel e parte del Maghreb, fanno si che l’Algeria debba rafforzare la prontezza del proprio strumento militare. 

Le sfide nel Maghreb e nel Sahel

Chiaramente, le complicate relazioni con il Marocco rappresentano un importante elemento che spiega la necessità algerina di ammodernare e rafforzare il proprio strumento militare. Il Marocco viene da anni di ingenti investimenti militari: Nel 2017, Rabat ha lanciato un ambizioso piano quinquennale (2017-2022), del valore di oltre 20 miliardi di dollari, per modernizzare le proprie truppe con l’ambizione di diventare la principale potenza militare del Maghreb, a scapito proprio dell’Algeria.

Nel 2022, il Marocco ha destinato quasi 5 miliardi di euro, circa il 4% del PIL, all’ulteriore modernizzazione e rafforzamento del suo esercito. Inoltre, il Marocco può contare su forniture di armi americane, israeliane, francesi. Questa asimmetria è fondamentale per capire le preoccupazioni algerine, paese che è costretto da un certo ostracismo dell’industria della difesa americana ed europea a doversi rivolgere altrove. Certamente, l’Algeria ha relazioni storiche di un certo peso con Russia e Cina, ma qualora trovasse meno difficoltà ad acquisire armi altrove, probabilmente tali relazioni cambierebbero. 

La situazione oramai fuori controllo nel Sahel, con Mali e Burkina Faso epicentri dello sviluppo regionale di forze jihadiste oramai sempre più potenti e strutturate, rende tale spazio una minaccia immediata per l’Algeria. Inoltre, con una Libia latentemente sull’orlo di un potenziale collasso, e la Tunisia – dove nel corso degli ultimi anni l’Algeria ha avuto un ruolo di primo piano come partner securitario – anche a rischio data la crisi politica e i problemi socioeconomici oramai fuori controllo, fanno si che la “geografia della crisi” in cui è immersa Algeri necessiti di una serie di risposte, in primis l’essere preparati.

Tale geografia della crisi, la sfida posta dal rafforzamento diplomatico e militare del vicino marocchino, e la necessità di supportare le esigenze del personale militare in servizio e in pensione, spiegano come mai la leadership algerina abbia deciso di aumentare la spesa militare in questi termini. 

Foto di copertina ANSA/ETTORE FERRARI

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