Il 21 ottobre 2024, il Ministro degli Affari Esteri Indiano, S. Jaishankar, ha annunciato che, dopo quattro anni di negoziati, India e Cina avevano raggiunto un accordo per ripristinare i rispettivi diritti di pattugliamento nella piana di Depsang e a Demchok, nell’Himalaya occidentale, al confine conteso tra i due paesi. Il giorno seguente, anche Pechino ha confermato che era stata “trovata una soluzione” su “rilevanti problemi” che avevano portato a uno stallo militare che andava avanti dal maggio 2020, quando truppe dei due paesi si erano scontrate provocando la morte di alcuni soldati da ambo i lati. L’accordo ha aperto le porte per un bilaterale tra Xi Jinping e Modi ai margini del vertice BRICS+ a Kazan, il primo incontro tra i due leader da cinque anni.
L’accordo è stato quasi unanimemente visto come un grosso passo avanti nelle relazioni tra i due paesi e per le prospettive di normalizzazione dei rapporti, segnati da numerosi episodi di violenza al confine a partire dal 2013 e culminati con gli scontri della primavera del 2020, che hanno portato a una crescente militarizzazione dell’area a un deterioramento generale delle relazioni tra i due giganti asiatici. In effetti, l’accordo è importante per almeno due motivi, anche se rimangono una serie di punti interrogativi su quanto significativo sarà per la normalizzazione dei rapporti.
In primo luogo, l’accordo è significativo per il momento in cui è stato annunciato, e cioè a ridosso della partenza di Modi e Xi per Kazan. L’India ha voluto inviare un doppio messaggio ai partner occidentali (in particolare gli Stati Uniti). Da un lato, l’India continua a mantenere a investire nel suo rapporto con la Russia e a vanificare i tentativi dell’occidente di isolarla. Dall’altro, l’accordo con la Cina ha mostrato agli Stati Uniti che l’India è disponibile a giocare un ruolo di contenimento della Cina solo fino a un certo punto e che è aperta a una collaborazione più profonda con il suo vicino, anche e soprattutto nell’ambito di vertici che stanno assumendo un sempre più marcato indirizzo “anti-occidentale” (come, appunto, i BRICS). Inoltre, l’accordo con la Cina è avvenuto mentre gli Stati Uniti stanno portando avanti – cautamente – una difficile operazione diplomatica dopo le supposte esecuzioni o tentate esecuzioni extra-giudiziali da parte di operativi indiani in territorio canadese e statunitense. Insomma, l’India ha altri partner, è il messaggio di New Delhi a Washington.
In secondo luogo, l’accordo tra India e Cina rappresenta un compromesso tra le posizioni dei due paesi su come gestire i reciproci rapporti. La posizione cinese è quella di investire nei rapporti bilaterali in altre aree, sperando che la cooperazione in campo commerciale, politico e tecnologico porti a una normalizzazione dei rapporti e, col tempo, a una soluzione del problema dei confini. New Delhi, che ha sposato la medesima posizione in passato, è invece attualmente dell’idea che il problema dei confini vada risolto prima di una più profonda collaborazione in altri ambiti. L’accordo dà, in questo senso, un colpo al cerchio e uno alla botte: da un lato pone le basi per almeno riprendere il negoziato sui confini e dall’altro rende più digeribile all’opinione pubblica indiana eventuali accordi di cooperazione in altri ambiti, come chiesto da numerosi esponenti del mondo industriale indiano. Dal 2020 infatti, l’India ha limitato investimenti e visti per tecnici cinesi, il che ha penalizzato alcuni settori dell’economia indiana.
Tuttavia, è molto prematuro pensare che India e Cina abbiano intrapreso una strada che porta a una partnership solida. Primo, l’accordo sui pattugliamenti non riguarda altri due punti di frizione (a Galwan e PangongTso). Secondo, l’accordo va implementato e la storia recente dimostra come anche semplici fraintendimenti portino a un immediato salire della tensione. Terzo, lo sbilanciamento di forze tra Pechino e New Delhi rimane e rimarrà un elemento caratterizzante dei rapporti tra i due paesi, in particolare la bilancia commerciale (le esportazioni cinesi in India sono di otto volte superiori a quelle indiane in Cina). Infine, l’accordo, mentre sicuramente instaura un meccanismo di trust-building tra i due paesi, è intrinsecamente legato all’evolversi della situazione politica internazionale. In questo senso, l’accordo va probabilmente visto come un cambiamento tattico piuttosto che strutturale, nei rapporti tra i due paesi.