La nuova strategia industriale Ue per la difesa

La European Defence Industrial Strategy pubblicata il 5 marzo rappresenta una novità rilevante nel panorama dell’Europa della difesa, per almeno quattro motivi.

Prontezza industriale per sostenere le forze armate europee

In primo luogo,  alla luce della guerra russa in Ucraina, ci si concentra sulla prontezza (readiness) militare e industriale dell’UE nel proteggere i propri cittadini e territori, sancendo che la capacità di produrre in Europa gli equipaggiamenti per le forze armate europee è una precondizione per la sicurezza e pace dell’Unione. Parlare di prontezza e non di autonomia strategica (termine che non compare mai nel lungo documento) serve anche a superare le divisioni politiche, più o meno ideologiche, su quest’ultimo obiettivo preservandone la sostanza: ovvero la capacità europea di agire militarmente con adeguato supporto industriale per proteggere la propria sicurezza ed i propri interessi.

Tale impostazione dovrebbe anche aiutare a connotare positivamente l’industria dell’aerospazio e difesa rispetto ad altre politiche Ue su temi quali l’ambiente, l’energia, la sostenibilità, la finanza etica, in modo sinergico e realistico rispetto al complesso dell’economia europea e alla sicurezza che ne è precondizione essenziale. Ad esempio, la Strategia invita la Banca Europea per gli Investimenti a cambiare entro il 2024 la propria politica sui prestiti per concederli anche all’industria della difesa.

1,5 miliardi di euro per le acquisizioni congiunte

In secondo luogo, la Strategia è rilevante perché mette sul piatto ulteriori 1,5 miliardi di euro entro il 2027, gia’ stanziati nella revisione di medio termine dell’attuale bilancio settennale UE, nel quadro del nuovo European Defence Industry Programme (EDIP), volto a finanziare acquisizioni congiunte da parte degli stati membri. Lo stanziamento è molto modesto rispetto alle ipotesi a doppia cifra ventilate nei mesi scorsi dai vertici dell’Unione. Tuttavia, come in altri casi nella storia recente delle politiche Ue in questo campo, la Commissione procede gradualmente per definire le normative, testare i meccanismi e preparare il terreno a strumenti più ambiziosi, e la Strategia pone esplicitamente l’obiettivo di un finanziamento EDIP molto più corposo nel prossimo quadro finanziario 2028-2035.

Il bilancio EDIP servirà a finanziare procurement cooperativo tra gli stati membri, che rimarranno gli unici proprietari dei mezzi prodotti: si rispetta così la sovranità  nazionale nel campo della difesa (nessun esercito europeo in vista nei prossimi decenni), ma si istituzionalizza e allarga il superamento del tabù sull’acquisto congiunto con bilancio comunitario di sistemi d’arma, iniziato nel 2023 con le misure emergenziali per comprare proiettili di artiglieria per l’Ucraina.  Dopo i vaccini, il gas naturale e le munizioni, la logica di acquisto congiunto UE viene applicata da questa Strategia al complesso del mercato della difesa.

Strumenti concreti ma non semplici

Il cambio di paradigma avviene tramite una serie di strumenti, non semplici, che nel complesso rappresentano una terza novità concreta per la cooperazione tra gli stati membri: finanziamento ad hoc per costituire extra scorte di prodotti da tenere pronte in caso di crisi, ampliando così la capacità produttiva e le economie di scala; esenzione IVA per prodotti acquistati congiuntamente; rimborso dei costi amministrativi per gli stati membri nel partecipare a programmi cooperativi, a volte un onere burocratico che ostacola la volontà politica di cooperare.

Vi è inoltre una spinta verso il mutuo riconoscimento delle certificazioni nazionali e la standardizzazione dei requisiti, in modo da ridurre la frammentazione dei mercati nazionali sul lato della domanda, e verso un regime europeo per la sicurezza degli approvvigionamenti con una serie di garanzie per gli stati membri se acquistano da fornitori UE.

Infine, la Strategia cerca di porsi in modo sinergico con le varie iniziative europee già lanciate dal 2017 in poi, dalla Permanent Structured Cooperation (PESCO) allo European Defence Fund (EDF), fino alle ultime misure quanto a rimborso di donazioni militari europee all’Ucraina e co-finanziamento di acquisto congiunto di munizioni. Proprio rispetto a Kiev, il documento punta ad una cooperazione tecnologica e industriale nella difesa, in primis sui droni, prevedendo un forum annuale UE-Ucraina a partire dal 2024.

Verso un Commissario europeo alla difesa?

Ultimo ma per importanza, la Strategia segna uno spostamento nell’equilibrio tra stati membri e Commissione, e tra quest’ultima e l’Alto Rappresentante, ovvero tra i livelli intergovernativo e comunitario in questo campo. Il documento è l’ultimo passo nella costruzione di un ruolo autonomo della Commissione nel campo della difesa, rispetto sia all’Alto Rappresentante che alla European Defence Agency (EDA). Non a caso prevede l’istituzione di un “Board” consultivo tra stati membri, Alto Rappresentante e Commissione, che però sarà presieduto solo da quest’ultima quando si tratta di gestire l’EDIP e i suoi finanziamenti. Tra l’altro, la gestione di EDIP da parte del Board comprende anche una nuova funzione di programmazione del procurement, incluse le priorità per i finanziamenti UE, che finora è stata fatta dagli stati membri e condivisa solo limitatamente in ambito EDA.

In altre parole, nella pratica si supera definitivamente la logica del Trattato di Lisbona che, dando alla stessa persona il triplo cappello di Vice Presidente della Commissione Europea, Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza UE e vertice dell’EDA, puntava a far “parlare con una sola voce” l’Unione nel campo della difesa. Questa logica ha retto fino al mandato dell’Alto Rappresentante Federica Mogherini (2014-2019), ma di fatto negli scorsi 5 anni il Commissario Thierry Breton, responsabile per la Direzione Generale Defence Industry and Space, è stata una voce autonoma, forte e di pari importanza (se non maggiore, visto che gestisce un budget complessivo di decine di miliardi di euro) rispetto a quella dell’attuale Alto Rappresentante Joseph Borrell.

Si tratta di un cambio graduale ma strutturale di equilibri e poteri e favore della Commissione, e di determinati Commissari e/o Direzioni Generali, rispetto al quale si inserisce anche il dibattito su un eventuale Commissario europeo alla difesa nella prossima legislatura, che porti avanti come minimo tutto il portafoglio di politiche industriali UE in questo settore. Una dinamica che l’Italia dovrà tenere ben presente nel formulare e attuare la propria strategia per ottenere delle posizioni apicali UE rilevanti per gli interessi nazionali, in seguito all’elezione del nuovo Parlamento Europeo il prossimo giugno.

Un bicchiere pieno a metà

Se il bicchiere della Strategia UE è mezzo pieno, è anche mezzo vuoto. Da un lato, il ruolo assegnato alle forze armate europee nel definire la domanda del mercato della difesa, in primis tramite l’EDA, è troppo limitato rispetto alla preponderanza del rapporto tra  Commissione e industria, e questo squilibrio rischia di portare conseguenze negative.

Dall’altro lato, l’Alleanza atlantica è appena accennata nella strategia, en passant e in un paragrafetto in penultima pagina, riflettendo uno stato dei rapporti NATO-UE non adeguato rispetto alla minaccia russa e alle ambizioni della dichiarazione congiunta 2023 sulla “partnership strategica” tra i due attori.

In ogni caso, il bicchiere c’è ed è mezzo pieno, cosa non scontata due anni fa, e ora sta agli stati membri e alle istituzioni UE continuare a riempirlo di scelte, azioni e investimenti reali.

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