La logica della conferenza italiana sulla ricostruzione dell’Ucraina

Il 26 aprile 2023, l’Italia ha ospitato una conferenza bilaterale sulla ricostruzione dell’Ucraina presso il Palazzo dei Congressi di Roma. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni si era impegnata ad ospitare questa conferenza quando ha incontrato il Presidente Volodymyr Zelenskyy a Kyiv alla fine di febbraio. Prima di pronunciare il suo discorso dinanzi a più di mille rappresentanti di imprese ucraine e italiane, Meloni ha incontrato il primo Ministro ucraino Denys Shmyhal.

La presidente Meloni ha ribadito nel suo intervento che “l’Italia continuerà a fare la sua parte a 360 gradi a sostegno dell’Ucraina sul piano politico, sul piano militare, sul piano umanitario, sul piano anche della ricostruzione”. Nei vari incontri tenutisi a Roma, i funzionari italiani hanno ribadito al primo Ministro Shmyhal di ritenere che, sebbene la ricerca della pace sia necessaria, non può essere raggiunta sacrificando il territorio ucraino. Meloni ha aggiunto che l’Italia crede “…nella possibilità di una soluzione diplomatica di questo conflitto a patto che, come ho detto tante volte e ribadisco, non si pensi che la soluzione del conflitto possa essere una resa dell’Ucraina”. Il presidente Sergio Mattarella ha fatto eco al suo commento, chiedendo “una pace giusta che rispetti la sovranità ucraina”.

La guerra è tutt’altro che finita, ha avvertito Meloni, e sebbene la conferenza fosse incentrata sui modi per aiutare l’Ucraina a ricostruire parte delle sue infrastrutture strategiche, “tema di oggi… soprattutto in alcune aree liberate”, in realtà guarda “anche e soprattutto per domani”. Ma anche così, iniziare ora le discussioni sulla ricostruzione può essere utile per una serie di motivi.

Le ambizioni europee di Kyiv

La pianificazione della ricostruzione può dare maggiore concretezza alle ambizioni europee dell’Ucraina rispetto al proprio ingresso nell’Unione. Il precedente governo italiano, guidato da Mario Draghi, è stato determinante nello spingere il Consiglio europeo a concedere all’Ucraina lo status di candidato all’adesione all’Ue, superando l’iniziale esitazione di alcuni pesi massimi dell’Ue.

Sebbene lo status di candidato fosse politicamente necessario per inviare il messaggio inequivocabile che il futuro dell’Ucraina è in Europa, rimangono molte sfide significative: dalla capacità di Kyiv di soddisfare prontamente i criteri di Copenaghen all’impatto che un paese con una popolazione di 41 milioni può avere sugli equilibri istituzionali e geopolitici all’interno dell’Ue. Inoltre, l’Ucraina ha legami commerciali significativi con Polonia, Germania e altri paesi dell’Europa centrale e orientale, ma meno con il resto dell’Europa. Per approfondire la sua integrazione in Europa, l’Ucraina deve rafforzare ed espandere i suoi legami economici e logistici con i paesi europei oltre il suo immediato vicinato.

Allo stesso tempo, il rafforzamento di questi legami sarà determinante per porre fine una volta e per sempre dipendenza economica e logistica dell’Ucraina dalla Russia. Questa dipendenza è certamente ora estremamente meno significativa rispetto a dieci anni fa, ma ci sono ancora alcune aree in cui la Russia può creare problemi. Dal punto di vista logistico, l’Ucraina ha fatto un ottimo lavoro nel disconnettere la rete elettrica del paese dalla più ampia rete gestita dalla Russia entro sole due settimane dall’aggressione di Mosca. Tuttavia, altri settori, ad esempio il nucleare e l’energia, dipendono ancora dalla Russia o dai suoi alleati, ad esempio la Bielorussia.

La guerra di aggressione russa iniziata il 24 febbraio 2022 ha distrutto una volta per tutte i collegamenti politici e strategici tra Kyiv e Mosca. L’Ucraina è ora pienamente orientata verso l’Ue. Tuttavia, per rendere questo cambiamento strategico sostanziale e irreversibile, anche i legami economici devono diventare ancora più profondi e forti. Kyiv aveva già compiuto progressi significativi in questo senso anche prima della guerra. I suoi fondamentali macroeconomici sono molto più sani di quanto non fossero nel 2014, e ciò di cui ha bisogno ora è un ulteriore passo per staccarsi definitivamente da ciò che rimane dell’influenza economica, finanziaria e infrastrutturale di Mosca. Inoltre, l’ulteriore integrazione dell’Ucraina in Europa può aiutare a impedire alla Cina di intervenire per sfruttare eventuali difficoltà. Negli anni, Pechino è diventato uno dei principali partner economici di Kyiv. Un’integrazione economica più rapida e decisa con l’Ue può evitare che alla dipendenza economica e logistica russa si sostituisca, eventualmente, quella cinese.

L’impegno italiano 

Da parte sua, l’Italia ha un forte interesse a perseguire legami economici più stretti con Kyiv. La guerra di aggressione russa contro l’Ucraina ha probabilmente cambiato per sempre le relazioni di Roma con Mosca. Anche se alla fine sarà necessario trovare, non solo per l’Italia ma per tutta l’Europa, un modus vivendi con la Russia, è improbabile che l’Italia torni al “business as usual” nelle sue relazioni con Mosca. In Ucraina, l’Italia può diventare un importante motore della ricostruzione, soprattutto attraverso le sue piccole e medie imprese (PMI), che hanno esperienza, conoscenze e la flessibilità per operare nel contesto ucraino.

Alla conferenza bilaterale, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha citato le Pmi italiane tra gli attori che possono aiutare l’Ucraina in futuro, inviando un messaggio a diversi settori e circoscrizioni italiane che hanno un ruolo da svolgere nell’Ucraina di domani. In questo contesto, il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti ha annunciato che l’Italia impegnerà 100 milioni di euro per il Fondo Ue per l’Ucraina della Banca europea per gli investimenti.

Questo attivismo da parte del governo ha anche ulteriore obiettivo, più politico. Mentre l’attuale governo è stato solido e coerente nel suo sostegno all’Ucraina e nei suoi impegni transatlantici, una parte significativa dell’opinione pubblica italiana continua a volere che la guerra finisca, anche se ciò dovesse significare la perdita di territori per l’Ucraina. Inoltre, una parte considerevole dell’opinione pubblica italiana è ancora contraria, o per lo meno diffidente, al sostegno militare italiano all’Ucraina.

Tuttavia, la “stanchezza da guerra” sta emergendo nell’opinione pubblica anche in altri paesi occidentali. Anche negli Stati Uniti, gli esperti stanno ora discutendo opzioni per porre fine alla guerra impensabili meno di un anno fa. In questo contesto, per rendere sostenibile l’impegno italiano e ridurre la pressione dell’opinione pubblica, il governo italiano deve dimostrare di fornire attivamente non solo assistenza militare, ma anche altre forme di aiuto economiche, in particolare che guardino al “domani”, cioè di quando la guerra sarà finita.

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