I costi della non Europa: il Parlamento Ue traccia il percorso per rafforzare alcuni settori

Sfide globali come cambiamenti climatici, conflitti geopolitici, erosione dei principi democratici e diseguaglianze sociali richiedono una risposta collettiva e l’Unione europea può svolgere un ruolo centrale, anche perché potrebbe portare a benefici finanche in termini economici.

È quanto sostenuto dal Parlamento europeo in uno studio del servizio parlamentare per la ricerca (PE 753.184, EPRS) presentato a febbraio 2024 e intitolato “Ten ways that Europe could do more for you” nel quale è stato evidenziato che un mancato intervento Ue ha un’incidenza negativa sui singoli cittadini anche dal punto di vista economico. Il costo della non Europa, infatti, può arrivare fino a 3.000 miliardi di euro complessivi, incidendo negativamente sulla qualità della vita dei cittadini europei e dell’ambiente.

Dallo studio risulta che i benefici non riguardano unicamente gli aspetti economici, ma anche il rafforzamento dei diritti sociali e dei diritti fondamentali. Sulla base di una mappatura dei costi della non Europa, che dovrebbero essere diffusi anche per fronteggiare la disinformazione, lo studio ha individuato 10 proposte centrali per le future azioni dell’Unione europea. In pratica, partendo da risoluzioni adottate durante la legislatura 2019-2024, sono delineate le priorità per la legislatura 2024-2029. Questi i settori: mercato unico e trasporti, trasformazione verde, digitale, occupazione e coesione, unione economica e monetaria, uguaglianza di genere e diritti civili, salute, azione esterna e difesa, giustizia e rule of law, educazione e cultura, inclusi i programmi di ricerca.

Nell’ambito della giustizia, risulterà centrale un intervento nella lotta alla corruzione, affiancato da una maggiore trasparenza nelle procedure di appalto, ma anche nel rafforzamento della rule of law alla luce di quanto emerso dallo Justice Scoreboard del 2023 dal quale risultano le preoccupazioni dei cittadini per l’indipendenza della magistratura.

Un altro intervento importante è quello che mira a costruire una strategia di difesa comune nell’Ue, con misure che, però, devono tenere conto del fatto che la sicurezza e la difesa sono una prerogativa esclusiva degli Stati membri. Certo, la cooperazione in materia di difesa è aumentata, ma gli Stati membri mantengono bilanci separati. L’industria della difesa dell’Ue – si legge nello studio – mostra inefficienze che sono in parte dovute alla mancata cooperazione tra Stati nell’ambito della ricerca nel settore della difesa. Tra le proposte, anche quella di prevedere un Commissario Ue per la difesa, per supportare il coordinamento tra Stati membri.

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