Il potenziale e i limiti dell’Europa ‘geopolitica’

Vladimir Putin, ha detto Joe Biden durante il discorso al Congresso sullo stato dell’Unione, ha clamorosamente sbagliato i calcoli quando ha ordinato l’invasione dell’Ucraina.

Il presidente russo sembra aver sottovalutato non solo la capacità di resistenza degli ucraini, ma anche la determinazione degli Stati Uniti e dei loro alleati a opporsi ai suoi piani d’invasione di Kiev. Se è così, la sorpresa maggiore dev’essere arrivata dall’Unione Europea.

L’unità ritrovata

L’idea che l’Ue si potesse dividere non era campata per aria. Negli anni scorsi l’Unione ha sì sostenuto le aspirazioni europee dell’Ucraina e punito con sanzioni l’invasione russa del 2014, ma si trattava di un sostegno tiepido e di sanzioni limitate.

In realtà, diversi membri dell’Ue, soprattutto quelli occidentali, speravano di congelare la situazione in Ucraina per mantenere una un minimo di stabilità in Europa e cooperare con la Russia su altri fronti. Putin può aver contato sul fatto che questi paesi non avrebbero modificato questa preferenza di fondo.

Il presidente russo e il suo entourage devono senz’altro aver messo in conto che in caso di escalation l’Ue avrebbe adottato sanzioni più pesanti di quelle che seguirono l’annessione della Crimea e la destabilizzazione del Donbas nella guerra del 2014. Ma Putin deve aver pensato che, messa di fronte al fatto compiuto, la coesione europea si sarebbe allentata.

Il calcolo di Putin era che le sanzioni hanno un costo significativo anche per i paesi europei, che avrebbero quindi avuto un interesse a stabilizzare i prezzi di energia e commodities. La marea di rifugiati ucraini riversatasi nell’Ue avrebbe inoltre messo ulteriore pressione sugli europei, che sull’immigrazione si sono divisi in passato come su nessun’altra questione. E se tutto questo non fosse bastato, c’è sempre l’arma dell’intimidazione e della minaccia di escalation nucleare.

La (tragica) ironia per Putin è che se si fosse limitato al riconoscimento delle sedicenti repubbliche di Donetsk e Lugansk nel Donbas, l’Ue avrebbe faticato a trovare un’intesa su una risposta molto severa. Ma una guerra su larga scala che punta alla distruzione dell’Ucraina come nazione indipendente ha spazzato ogni dubbio a Bruxelles e nelle capitali europee. E l’Ue si è scoperta attore geopolitico.

L’esclusione della Russia

L’Unione non ha solo condannato l’aggressione della Russia all’Ucraina come una mastodontica violazione del diritto internazionale. Ha anche costruito lo scontro con la Russia in termini normativi, la collisione di due mondi valoriali – uno che privilegia il diritto e le libertà, l’altro la forza e l’autoritarismo – in contrasto irrimediabile. E’ pertanto nel senso di assicurare un futuro democratico all’Ucraina che molti si sono espressi a favore di una sua adesione all’Ue.

L’obiettivo di costruire una sicurezza condivisa in Europa, peraltro già compromesso da anni, è definitivamente archiviato. L’apertura a Putin, fosse nei termini di affinità ideologica come per l’illiberale Ungheria di Viktor Orban o di calcolo strategico come nel caso della Ostpolitik tedesca (ma favorita da francesi e soprattutto italiani), non è più sostenibile. Nell’Ue la Russia non ha più partner.

L’Ue si è dimostrata pronta infliggere un alto costo alla Russia. Ha congelato beni immobili e titoli di quasi ogni oligarca vicino a Putin, dei membri principali del suo gabinetto, nonché dello stesso presidente. Ha disconnesso buona parte delle banche russe dal sistema di messaggistica interbancaria Swift, pur salvaguardando i pagamenti delle importazioni di idrocarburi. Ha chiuso l’accesso ai mercati finanziari europei a banche e aziende russe, e posto un limite di centomila euro ai depositi nell’Ue di cittadini russi. Soprattutto, l’Ue ha bloccato l’accesso della Banca centrale russa alle riserve estere detenute in euro (circa il 32% del totale, oltre 200 miliardi), riducendo la capacità del governo russo di ammortizzare l’effetto delle sanzioni.

E non si è fermata qui. L’Ue ha drasticamente ridotto, con bandi più o meni integrali, gli scambi commerciali con aziende russe attive nei settori della difesa, estrazione e trasporto di idrocarburi, aerospazio, cantieristica, trasporti terrestri e marittimi, servizi di assicurazione e riassicurazione. Ha anche imposto limiti al commercio in beni a uso duale e semiconduttori, i materiali necessari al funzionamento di apparecchi digitali come smartphone e computer (tra gli altri). L’Ue ha anche chiuso lo spazio aereo ai voli della Russia e vietato il sorvolo della Russia alle compagnie europee.

L’onda delle sanzioni – a quelle Ue vanno aggiunte quelle di Usa, Regno Unito, Giappone, Australia e altri ancora – è montata ulteriormente con la decisione di diverse organizzazioni sportive e culturali di escludere la Russia. Soprattutto però è in corso un colossale disimpegno spontaneo di decine e decine di aziende europee ed extra-europee dalla Russia. Di fatto l’Ue ha contribuito a escludere la Russia dai benefici della globalizzazione: mercati finanziari aperti, investimenti diretti, commercio, circolazione delle persone, intrattenimento, uso della tecnologia per pagamenti, informazioni e altro ancora.

L’Ue ha anche aperto le porte a centinaia di migliaia di profughi ucraini, dando loro la possibilità di circolare, risiedere e lavorare nell’Ue, nonché di accedere ai benefit sociali. La Commissione europea ha promesso uno stanziamento di 1,2 miliardi di euro in sostegno macroeconomico all’Ucraina. A questi andranno ad aggiungersi i contributi nazionali.

Infine, ma certo non ultimo per importanza, l’Unione ha promesso di facilitare l’assistenza militare all’Ucraina, in linea con l’orientamento di quasi tutti gli stati membri, compresi quelli tradizionalmente reticenti come Svezia e Germania.

La decisione di Berlino di aumentare le spese militari in quello che è a tutti gli effetti un riarmo spingerà altri paesi Ue a spendere di più in difesa. Questo pone le basi per un rafforzamento della politica estera e di difesa comune dell’Ue, non nel senso di una federalizzazione quanto di una maggiore integrazione delle capacità e degli investimenti, e pertanto in prospettiva di potenziale di proiezione e operativo. La visione di una maggiore autonomia o sovranità strategica coltivata in particolare da Emmanuel Macron prende una forma un po’ più definita.

I limiti dell’Europa geopolitica

La risposta dell’Ue all’invasione russa dell’Ucraina è stata rapida ed estremamente dura. L’economia russa in questo momento è tossica. Chi si avvicina lo fa a suo rischio e pericolo. Bisogna dedurne che la risposta europea è stata efficace? La risposta preliminare è: senz’altro sì. Ma esistono dei limiti precisi, e rischi conseguenti, alla supposta trasformazione in attore ‘geopolitico’ dell’Ue.

Il primo limite è legato all’andamento della guerra. Tra gli esperti militari serpeggia l’idea che l’esercito di occupazione possa essere vicino al collasso, ma non è detto che nemmeno l’arresto della campagna porti alla fine delle violenze. Per il momento Putin non ha fatto arretramenti sull’obiettivo di spezzare l’Ucraina. Se la guerra diventerà più brutale, l’Ue (così come gli Usa) si troverà stretta tra la logica di aumentare la pressione – e gli aiuti militari all’Ucraina – e quella di evitare un’escalation, ovvero uno scontro militare tra la Nato e la Russia.

L’Ue, come nessun altro, non ha una vera strategia al di là della pressione su Mosca e gli aiuti a Kiev. Definire i prossimi passi diventerà molto più rischioso e pertanto più difficile, tanto più che Mosca si è avvitata in una spirale iper-autoritaria e mantenere i canali di comunicazione aperti – un passo necessario per contenere l’escalation – potrebbe diventare oggetto di crescenti controversie

Il secondo limite è la sostenibilità del regime di sanzioni, soprattutto se l’Ue dovesse passare alla riduzione delle importazioni di idrocarburi dalla Russia. Se la guerra si trascina fino al prossimo autunno, l’Ue si troverà costretta a ragionare su come salvaguardare i suoi approvvigionamenti energetici. Quanto sia possibile farlo senza la Russia è incerto.

Il terzo limite è che la coesione europea, per quanto dotata di vita propria, ha la sua origine prima nel continuo coordinamento con un’amministrazione Usa a forte vocazione atlantista. Biden tuttavia è in grande difficoltà in patria. Se a novembre i Repubblicani – molti dei quali ‘trumpiani’ – dovessero prendere il controllo del Congresso, il pilastro transatlantico che contribuisce a sorreggere l’unità europea si indebolirebbe. Se Donald Trump, che due giorni prima dell’invasione ancora definiva Putin un “genio” e che non ha mai nascosto la sua ostilità nei confronti dell’Europa, o un altro candidato come lui dovesse vincere le presidenziali del 2024, questo pilastro potrebbe venir meno del tutto.

In conclusione, l’Ue ha dimostrato un potenziale di influenza geopolitica considerevole. Il rischio che l’unità europea non regga un’intensificazione delle violenze in Ucraina o l’allentamento del fronte transatlantico è però reale. Per l’Unione la prova del fuoco è ancora di là da venire. Ma il precedente di quest’ultima settimana non si potrà più ignorare.

Foto di copertina EPA/STEPHANIE LECOCQ

 

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