Gli insegnamenti della guerra in Ucraina in campo terrestre

L’invasione russa dell’Ucraina ha riportato la guerra ad alta intensità e su vasta scala nel cuore del continente europeo. Il conflitto è stato dominato, sinora, da combattimenti prevalentemente terrestri, anche in ragione dell’incapacità dei due contendenti di conseguire una marcata superiorità aerea. Dopo quasi due anni, sono molti gli ammaestramenti emersi che –al netto dei distinguo per le particolari caratteristiche del teatro ucraino – aiutano a capire meglio il moderno ambiente operativo e i futuri trends. 

Le caratteristiche militari dei due fronti

In primo luogo, l’importanza di manovre combinate e multi-dominio. Queste sono possibili solo con la disponibilità di sistemi avanzati, ben collaudati e capaci di integrare le forze corazzate, il fuoco di artiglieria, le componenti aeree e i dispositivi logistici, facenti capo a reti di comando interforze. Nelle prime fasi della guerra, l’invasione russa – che doveva essere basata sulla sorpresa, sul fuoco e sulla manovra – ha evidenziato gravi carenze proprio nel settore C4ISR (Comando, Controllo, Comunicazioni, Computer, Intelligence, Sorveglianza e Ricognizione), non avendo nemmeno un comando e controllo unificato. L’Ucraina ha scelto invece una risposta flessibile, con un comando operativo congiunto e forze tattiche decentrate, adottando ai minori livelli forme di integrazione pluriarma innovative come “appsimil-Uber” per il fuoco di artiglieria e droni/UAV per ricognizione e attacco. Ciò ha messo in difficoltà le unità di Mosca, articolate sul modello battaglioni autonomi, non abituati a prendere l’iniziativa, né dotati di supporti organici o integrabili per fornire immediato supporto di fuoco, informativo e logistico. Tuttavia, la superiorità tattica iniziale del C4ISR ucraino non si è tradotta in un vantaggio operativo duraturo nel momento in cui è stato necessario passare alla controffensiva su larga scala e a manovre mobili e combinate.

In secondo luogo, l’ampiezza dell’attacco dell’armata russa non ha garantito la superiorità necessaria per neutralizzare le difese e i contrattacchi ucraini. Le pesanti perdite subite dai russi e le conquiste ucraine a Kharkiv e Kherson nell’autunno 2022 sono in gran misura attribuibili a questo. Mosca è stata poi in grado di correggere questo squilibrio e il fronte iniziale di quasi 3000 km è stato ridotto a circa un terzo, concentrando gli sforzi a sud-est e rinforzando i reparti con le nuove forze provenienti dalla mobilitazione parziale cui ha dovuto far ricorso Putin. I russi si sono schierati a difesa dei territori conquistati, hanno impiegato in massa le artiglierie e gli attacchi con droni e missili, imponendo un logoramento di materiali e perdite umane cospicue alle unità di Kyiv, nonché danni ingenti a infrastrutture critiche e complessi civili su tutto il territorio ucraino. Questa postura difensiva dell’armata russa, accompagnata da attacchi dal cielo, ha messo in difficoltà le forze ucraine portando al prolungamento del conflitto e di fatto a uno stallo: situazione assai logorante e densa di perdite umane e materiali per entrambi i contendenti. In sostanza, la massa ha ancora grande importanza: uno scontro peer to peer richiederà anche in futuro quantità consistenti di personale (con riserve pronte), mezzi, sistemi d’arma, munizionamento e scorte logistiche. Inoltre, la protezione delle truppe, delle città e del territorio ha messo poi in evidenza la necessità di disporre di sistemi di difesa aerea stratificati a bassissima/bassa quota e del tipo Iron Dom israeliano. Tutto ciò deve far riflettere anche i Paesi europei – Italia, Francia, Germania, Regno Unito e Spagna – che hanno sotto-finanziato negli ultimi decenni le componenti terrestri e della difesa aerea.

Il conflitto ha poi messo in luce l’efficacia del fuoco indiretto e quindi la rivalutazione delle artiglierie, a torto considerate di secondaria importanza nel periodo post Guerra Fredda. In particolare, il fuoco terrestre a grandi distanze ha consentito ai russi di neutralizzare sul nascere possibili manovre ucraine e di indebolire le difese delle forze di Kyiv. Allo stesso modo, l’introduzione dei lanciarazzi HIMARS americani ha permesso alle forze ucraine di attuare un efficace fuoco controbatteria e di colpire i centri logistici e le seconde linee avversarie. L’impiego di sensori per acquisire obiettivi, di applicazioni per rendere immediate le azioni di fuoco e il supporto di guerra elettronica a protezione dei sistemi di lancio (presenti, seppur in misura diversa, su entrambi i fronti) si sono rivelati un moltiplicatore di potenza a tutti gli effetti.

Un altro elemento di cui tener conto riguarda il vantaggio della difesa, in particolare quando ancorata a ostacoli naturali e artificiali come fiumi, trincee, zone inondate, sbarramenti e campi minati, tradottosi in tattiche utilizzate dapprima dalle forze di Kiev e poi mutuate dai russi allorché hanno assunto la postura difensiva a protezione dei territori occupati. Qui occorre sottolineare l’alta valenza operativa e soprattutto politica connessa con il possesso e il controllo del territorio, che si può conseguire solo con le forze terrestri. 

La “dronizzazione” della guerra russo-ucraina

Infine c’è un fattore assai importante e nuovo che ha inflitto gravi perdite alle truppe e alle installazioni su entrambi i versanti: il massiccio utilizzo di droni militari e di derivazione civile. Si tratta di vere e proprie flotte di ricognitori e bombardieri in miniatura. Difatti, le formazioni corazzate di Mosca hanno subito inizialmente gravi perdite non solo per lo scarso coordinamento interarma, ma soprattutto per l’efficacia dei piccoli droni da ricognizione, munizioni vaganti (i cosiddetti droni kamikaze) e altre armi anticarro ucraine in grado di colpire anche in profondità. I russi hanno appreso rapidamente questa lezione e hanno anch’essi fatto ricorso a svariate tipologie di droni, acquisiti dall’Iran e prodotti in casa propria. Pertanto, il campo di battaglia è ormai divenuto quasi del tutto trasparente, sempre più ristretto, e i rifugi sicuri sono diventati più rari. Questo paradigma è inarrestabile e connoterà tutti i conflitti del futuro. Ne scaturisce una triplice esigenza: equipaggiare gli eserciti Nato con flotte di droni (medi, mini e micro) ai vari livelli ordinativi; dotare i carri armati e le truppe di manovra di protezioni passive e attive anche anti drone; disporre, ad ampio spettro e per tutta l’area operativa, di sistemi di contrasto ai droni. In sintesi, la “dronizzazione” dei conflitti armati è già una realtà e richiede adeguamenti immediati a livello operativo e tattico.

In conclusione, la guerra in Ucraina da un lato ha confermato la validità di antichi principi della guerra: unicità di comando, concentrazione degli sforzi, massa, manovra e vantaggio per le operazioni difensive. Dall’altro, ha evidenziato quanto sia importante che le unità terrestri siano numericamente consistenti e ben equipaggiate in tutte le loro componenti (carri, reparti meccanizzati, artiglieria a medio e lungo raggio, mini e micro droni, difesa aerea ravvicinata, munizionamento), in un quadro combinato ed integrato con le altre componenti: aerea, navale, cyber e spaziale, con sistemi C4ISTAR agili e reticolari. Per gli eserciti Nato e per l’Italia non si tratta di sviluppare solo sistemi futuristici, che pur serviranno nel lungo termine. È assai più importante, invece, ricorrere nel breve e medio termine ad un approvvigionamento bilanciato di assetti già esistenti, al top della gamma e al più provvedere a specifici aggiunte con software e/o hardware mirati alla ulteriore protezione, alla scoperta e all’ingaggio.

Questo articolo anticipa un capitolo dello studio IAI che sarà presentato in una conferenza pubblica a Roma il prossimo 20 febbraio.

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