Quale autonomia strategica per l’Europa?

Per Emmanuel Macron non bastavano i problemi interni sulla discussa riforma delle pensioni e sul suo stesso modello presidenziale poco attento al confronto con la società civile. Già avevano suscitato clamore le posizioni espresse nel corso della visita di tre giorni in Cina, ma un vero e proprio caso diplomatico si è scatenato dopo l’intervista rilasciata in aereo, durante il viaggio di ritorno, alle testate Les Echos,  France Inter e POLITICO.

“L’Europa deve resistere alle pressioni di diventare vassalli dell’America, dice Macron” ha titolato POLITICO. Macron ha rivolto l’invito agli europei a “non lasciarsi coinvolgere in crisi che non sono le nostre, ostacolando così la costruzione della propria autonomia strategica”. E ha aggiunto: “È nel nostro interesse far precipitare la crisi di Taiwan? No“. Da qui tutta la sequela di concetti con i quali il presidente francese ha inteso proporre (in termini diversi da quelli presentati alla Sorbona nel 2017) la sua idea di autonomia strategica: gli Stati dell’Unione europea non possono autorappresentarsi come “vassalli degli Stati Uniti”, e piuttosto l’Unione europea deve costituire un “terzo polo” di fronte alla sfida egemonica tra Cina e Stati Uniti.

Per Macron è perciò necessario “non entrare in una logica di blocco contro blocco. Al contrario, dobbiamo non dipendere dall’altro… per una sorta di riflesso di panico”. Altri passaggi hanno riguardato la necessità per l’Europa di concentrarsi sul rafforzamento del proprio settore della difesa, e il proposito per  l’Europa di ridurre la dipendenza dalla “extraterritorialità del dollaro Usa”.

Le reazioni tra Europa e Stati Uniti

Antoine Bondaz, ricercatore della Fondation pour la recherche stratégique ha scritto in un tweet: “Il timing della dichiarazione è catastrofico (…) Macron fa il gioco di Pechino (…) cosa che riduce la deterrenza taiwanese e americana e accresce il rischio di un conflitto”. Il premier polacco Mateusz Morawiecki è stato caustico: “Invece di costruire un’autonomia strategica distaccata dagli Stati Uniti, propongo un partenariato strategico con loro”. In Germania il referente per la politica estera Metin Hakverdi dell’Spd, il partito del cancelliere Scholz, ha evidenziato che sarebbe un grave errore una divisione in occidente sui rapporti con Pechino: “Questo indebolisce la nostra comunità di valori occidentale», ha detto, aggiungendo che «nei confronti della Cina, l’Occidente, l’Europa e gli Stati Uniti devono sempre cercare di agire insieme, e non essere divisi”.

Dagli Stati Uniti il repubblicano Marc Rubio è stato tra i più espliciti: «L’Europa, compresa la Francia, quanto alla propria difesa, è stata fortemente dipendente dagli Stati Uniti per 70 anni». E ha aggiunto: «Stiamo spendendo molti soldi dei nostri contribuenti per la guerra europea… se di fatto Macron parla a nome di tutta l’Europa, e la loro posizione ora è che non hanno intenzione di scegliere da che parte stare tra Stati Uniti e Cina rispetto a Taiwan, forse anche noi dovremmo scegliere da che parte stare… Forse dovremmo dire che ci concentreremo su Taiwan e sulle minacce che arrivano dalla Cina, mentre voi, signori, occupatevi dell’Ucraina e dell’Europa».

Le precisazioni dell’Eliseo

C’era già quanto bastava perché l’Eliseo intervenisse con una lunga nota ufficiale per correggere il tiro. Meritano attenzione i passaggi cruciali del comunicato:

1) Il presidente della Repubblica ha spesso affermato che la Francia non si trova in una posizione di equidistanza tra Stati Uniti e Cina. Gli Stati Uniti sono nostri alleati, condividiamo valori comuni.

2) La posizione francese su Taiwan è costante: sosteniamo lo status quo e manteniamo gli scambi e la cooperazione con Taiwan, che è un sistema democratico riconosciuto.

3) Gli europei hanno i loro interessi e devono perseguirli in modo trasparente e leale con i loro alleati e partner internazionali: un’Europa sovrana è necessaria per l’equilibrio mondiale, che si tratti di commercio, promozione dei nostri valori, rispetto della legge, sviluppo e mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Il quadro comune pertanto è “coinvolgere la Cina ed evitare la frammentazione del mondo”, nonché “mantenere un Indo-Pacifico aperto, basato sul rispetto delle regole internazionali e sulla cooperazione di fronte alle sfide globali”.

Infine emerge la visione più ponderata dell’ Eliseo: “Preservare la stabilità dell’ordine internazionale significa evitare il coinvolgimento della Cina nella guerra in Ucraina e coinvolgerla negli sforzi per negoziare una soluzione duratura. Ciò significa anche prevenire l’aumento dei rischi nello Stretto di Taiwan. Il presidente della Repubblica ne ha parlato anche con il Presidente Biden e ha detto chiaramente al presidente Xi Jinping che la questione di Taiwan va affrontata con il dialogo”.

L’Europa di fronte alle sfide egemoniche di Russia e Cina

Il tema dei rapporti con gli Usa dovrà essere di certo approfondito, specie sulla nuova linea protezionista dell’economia statunitense adottata con l’Ira, l’Inflaction Reduction Act, la legge che introduce un massiccio pacchetto di sussidi pubblici che potrebbe dirottare oltreoceano gli investimenti delle aziende in Europa, attratte da vantaggi competitivi e da costi inferiori dell’energia: è un dato su cui sarà necessario riaprire il dialogo con gli Stati Uniti.

Di contro deve rilevarsi che in questo momento storico, in cui da un lato lo stato delle relazioni tra Stati Uniti, Federazione Russa e Cina è ai minimi termini e dall’altro la guerra in Ucraina chiama l’occidente a mostrare davvero una grande coesione, il disegno dell’ “autonomia strategica” di Macron appare velleitaria e assume i tratti di una dichiarazione improvvida e al di là i da ogni ragionevole valutazione delle reali esigenze degli altri Paesi europei. Basta rifarsi all’accoglienza che il presidente Biden ha ricevuto in particolare in Polonia per rendersi conto di cosa significhi il legame che unisce l’Europa agli Stati Uniti in questa fase in cui specie le popolazioni e gli Stati dell’est europeo (a parte il caso controverso dell’Ungheria di Orbàn) sentono viva sulla pelle la minaccia incombente del disegno imperiale di Putin. Altri Paesi europei come la Finlandia e la Svezia hanno abbandonato la loro storica neutralità per aderire alla Nato, unica organizzazione di difesa in grado di esprimere concreta deterrenza di fronte alle attuali minacce all’integrità dell’Europa.

Un occidente coeso per negoziare la pace

È evidente che la volontà di un’ “autonomia strategica” propagandata da Macron per un’Europa finalmente emancipata dagli Stati Uniti doveva rassicurare la Cina di Xi Jinping, perché questo si ponesse il comune obiettivo di fare pressione su Putin per fare cessare la guerra in Ucraina. Ma a quale prezzo, e con quali risultati? Le cronache successive alla visita di Macron in Cina hanno riportato le notizie sull’ennesima dimostrazione di forza su Taiwan e sulle piccate reazioni di Xi all’endorsement in favore dell’isola espresso dalla presidente della Commissione europea von der Leyen: “Taiwan è il fulcro degli interessi fondamentali della Cina. Chiunque faccia storie su una questione cinese non sarà mai d’accordo con il governo e il popolo cinese”.

Xi non ha dato segnali di voler riparlare della questione ucraina oltre la proposta di pace basata sui controversi 12 punti, né con Putin né con Zelensky. Putin, dal canto suo, ha ribadito un niet senza appello alla mediazione di Parigi, nemmeno per ipotizzare una tregua per la pasqua ortodossa e il portavoce del Cremlino Peskov ha precisato che Parigi non può rivendicare alcun ruolo di mediazione perché “indirettamente e direttamente coinvolta nel conflitto in corso e schierata dalla parte dell’Ucraina”.

Come consigliato dai suoi stessi diplomatici dell’Eliseo, Macron dovrebbe adoperarsi per un occidente meno diviso, a meno che non voglia rinnegare quei valori universali del “cittadino” che anela la libertà tramandati nel mondo dalla Rivoluzione francese. In questo scenario, in cui l’Europa ancora non converge su alcune scelte fondamentali, all’Italia potrebbe ora spettare un ruolo di pivot per rilanciare – recuperando anche lo smarrito Macron – una nuova leadership europea, convinta dei valori dell’euro-atlantismo e per questo capace di negoziare la pace grazie alla forza di un Occidente più coeso.

Foto di copertina EPA/Ng Han Guan / POOL

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