di Miriam Viscusi
Il 13 aprile, i 13 milioni di cittadini ecuadoriani torneranno alle urne per eleggere il nuovo presidente della Repubblica. Nel primo turno del 9 febbraio infatti nessun candidato ha ottenuto la quantità di voti necessaria (il 50% più uno oppure il 40% con una differenza col secondo candidato di almeno il 10% dei voti).
A sfidarsi al ballottaggio saranno il presidente in carica, l’imprenditore 36enne Daniel Noboa – che a febbraio ha ottenuto il 44,17% dei voti – e Luisa Gonzalez, 47 anni, rappresentante di Revolución Ciudadana, partito di sinistra “neosocialista” fondato dall’ex presidente Rafael Correa. Gonzalez, al primo turno, ha ottenuto il 44% dei voti, a soli 16.000 voti di distanza da Noboa.
La situazione a pochi giorni dal voto
L’esito del voto sarà condizionato da una terza forza politica, quella delle popolazioni e confederazioni indigene, il cui candidato Leonidas Iza (del partito Pachakutik) ha ottenuto oltre il 5% dei voti a febbraio (più di 530.000 consensi). Molte posizioni del suo programma (come quelle relative alla giustizia sociale e alla questione ambientale) sono più vicine a Gonzalez che a Noboa.
Il che ha portato la Confederazione delle nazionalità indigene dell’Ecuador (Conaie), di cui Pachakutik è il braccio politico, ad annunciare la firma di un accordo programmatico con Revolución Ciudadana. Il patto mira a essere un accordo su singoli temi – in nome dell’“unità contro le destre antidemocratiche” – piuttosto che un vero e proprio endorsement alla figura di Gonzalez.
A pochi giorni dal voto, i sondaggi non offrono risposte chiare. Secondo Telcodata, in testa ci sarebbe Gonzalez con il 50,2% dei voti. A Noboa andrebbe il 49,8%. Secondo l’istituto Comunicaliza, invece, Noboa sarebbe in vantaggio con il 50,3%, mentre Gonzalez si fermerebbe al 49,7%.
L’importanza dell’elezione
Il risultato della sfida determinerà i prossimi quattro anni del Paese. Fino a pochi anni fa, l’Ecuador era escluso dalle dinamiche del narcotraffico. Ora invece si trova al centro delle rotte internazionali del traffico di cocaina, a causa della sua posizione geografica e dell’uso del dollaro come moneta ufficiale.
Tale nuova centralità dell’Ecuador è legata alla fine della collaborazione tra il governo e l’Agenzia statunitense antinarcotici (Dea), oltre che alla diminuzione degli investimenti nelle attività di contrasto al traffico di droga. Ciò ha favorito l’infiltrazione dei cartelli messicani e il coinvolgimento di bande criminali ecuadoriane nella distribuzione di droghe.
L’aumento del narcotraffico ha portato a un incremento degli episodi di violenza armata e dei reati. Nel 2023, ad esempio, durante la campagna elettorale per le elezioni anticipate (indette dall’allora presidente Guillermo Lasso per evitare l’impeachment), un candidato, Fernando Villavicencio, è stato ucciso. In risposta, il presidente Noboa ha implementato a inizio 2024 lo stato d’eccezione e diverse leggi speciali per neutralizzare i “terroristi” delle bande armate.
La politica estera dell’Ecuador: Noboa con gli Usa, Gonzalez con Caracas
Dal punto di vista della politica estera, queste elezioni avranno un impatto su alcuni equilibri regionali.
Noboa, con i suoi forti legami personali e politici con gli Stati Uniti, ha confermato di voler collaborare con Washington. Di cui si è già assicurato il sostegno militare, politico e finanziario, compreso un accordo da 4 miliardi di dollari per 48 mesi con il Fondo monetario internazionale, siglato a maggio 2024. In cambio, Noboa ha offerto agli Stati Uniti la possibilità di stabilire basi militari straniere in Ecuador, una mossa che l’attuale presidente ritiene essenziale nella strategia di contrasto alle organizzazioni criminali.
Gonzalez, da parte sua, vuole distanziarsi dagli Stati Uniti e ha dichiarato che, in caso di vittoria, riconoscerà Nicolas Maduro come legittimo presidente del Venezuela. Si tratterebbe di un’inversione di rotta importante visto che, tra i governi dell’America latina, l’Ecuador è stato uno dei più fermi nel definire illegittima la rielezione di Maduro nel luglio 2024, definendo il suo governo “dittatoriale” e garantendo ampio appoggio all’opposizione. Un governo Gonzalez potrebbe poi riprendere e riaffermare i rapporti con la Cina, grande investitore nel Paese, soprattutto nel settore delle infrastrutture energetiche.
Le sfide attuali e future: narcotraffico e crisi energetica
A chiunque vincerà le elezioni, spetteranno diversi dossier urgenti e importanti. Il primo, ormai da diversi mesi sul tavolo, è quello sulla sicurezza interna e sul contrasto al narcotraffico.
Noboa ha insistito con una politica di fermezza e repressione. Ha promesso in più occasioni che proseguirà la sua politica del “Nuovo Ecuador” e insisterà con la militarizzazione finché le bande criminali non saranno smantellate. A Gonzalez invece è imputata una presunta collusione con le organizzazioni criminali e una sua vittoria potrebbe rappresentare un cambio di passo sul tema.
A ciò si aggiunge una recessione economica e una dura crisi energetica, in corso da mesi, che ha causato razionamenti delle forniture energetiche su scala nazionale. In parte a causa della poca manutenzione degli impianti, in parte a causa del cambiamento climatico, il Paese si trova da mesi a corto di carburante.
Il governo ha tentato – finora con poco successo – di risolvere la questione, noleggiando e acquistando navi cisterna e portando avanti un negoziato con la Colombia per assicurarsi l’acquisto di energia elettrica. Ma è evidente che il nuovo esecutivo dovrà agire per sanare le radici strutturali del problema.
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