In un continente europeo segnato da un astensionismo crescente, un’affluenza quasi all’80% in un’elezione nazionale dovrebbe meritare la prima pagina. Eppure, il voto in Austria dello scorso 29 settembre rimarrà impresso come la prima volta del Fpö in cima alle preferenze dei cittadini. Le sorprese però non finiscono qui.
Per arrivare al governo, il partito estremista di destra deve sciogliere ancora dei nodi. Da un messaggio sempre più inviso al resto dello spettro politico a una leadership a dir poco ingombrante, la strada è tutt’altro che in discesa. L’unica certezza è che a giocare il ruolo di ago della bilancia saranno non i vertici del Fpö ma dell’Övp, ovvero i popolari. Con cui, volenti o nolenti, devono tutti sedersi al tavolo quando si tratta di decidere gli equilibri a Vienna.
Il vecchio nuovo Fpö di Kickl
La vittoria del Fpö ha un protagonista indiscusso, Herbert Kickl. Nel 2021, anno in cui l’ex ministro dell’Interno ha preso le redini del partito, quest’ultimo contava sul 18% dei consensi. I sondaggi in vista delle elezioni avevano previsto il 28%. Alla fine è andato anche oltre le aspettative, toccando il 28.9%. “Abbiamo scritto insieme un pezzo di storia”, ha affermato Kickl commentando i risultati in arrivo. In effetti ha più di una ragione. Il Fpö in passato aveva raggiunto la medaglia d’argento. Ma si tratta della prima volta sul gradino più alto del podio nelle elezioni nazionali.
Ora pertanto la narrazione è destinata a cambiare. Come è cambiata almeno in parte la linea sotto Kickl, che ha spostato il partito ancora più a destra, unendo posizioni anti establishment ed estremiste con grande disinvoltura. Il partito in questi anni ha infatti rigettato totalmente la strategia della normalizzazione seguita invece da alcuni alleati europei al fine di rientrare nel perimetro della governance. Il titolo di “Volkskanzler” (letteralmente, “cancelliere del popolo”, un termine utilizzato negli anni Trenta da Hitler), è solo uno di tanti elementi del lessico nazista che tornano frequentemente nella demagogia del Fpö.
Espressione più attuale e non per questo meno inquietante è “remigrazione”, che identifica il piano di espulsione dei migranti, volto a mantenere una presunta omogeneità etnica del Paese. La costruzione di una “Fortezza Austria” è stata uno dei mantra in una campagna elettorale molto incentrata sui flussi migratori. Una scelta che in termini elettorali ha pagato. Come in altri Paesi, la miscela di teorie cospirative e messaggi razzisti si è rivelata un catalizzatore potente per le fasce più sfiduciate della popolazione. Le quali, dopo il trionfo di Kickl, hanno grandi aspettative.
Come sono andate le altre forze
L’altra faccia del trionfo estremista è il passo indietro dei popolari (Övp), al governo dal 1987, che non sono più la prima forza d’Austria. Non ha pagato lo spostamento a destra su alcune questioni sociali ed economiche, con cui la leadership aveva di fatto rincorso la scia del Fpö. Il cancelliere Karl Nehammer, dopo la conferma del secondo posto con il 26,3% dei voti, ha prontamente ammesso la sconfitta. L’Övp ha segnato un calo di più di undici punti rispetto alla tornata elettorale del 2019. Una pillola amara da mandare giù. “Il nostro dovere è capire perché i radicalizzati hanno ricevuto più voti di noi”, ha aggiunto Nehammer dopo lo spoglio.
Dietro ai popolari, si sono attestati i socialdemocratici (Spö): terzi con il 21,1%. Un risultato che pone la forza guidata da Andreas Babler in continuità con i risultati recenti, nonostante una campagna elettorale marcata da una nuova spinta a sinistra. Il velato populismo del primo cittadino di Traiskirchen non è riuscito a spostare grandi consensi, riuscendo a intercettare un certo sostegno soprattutto nei distretti urbani, dove risiedono i ceti più benestanti.
Per quanto riguarda le altre forze, Neos ha conquistato due seggi rispetto allo scorso emiciclo, grazie al 9,1% del voto popolare. La piattaforma di Beate Meinl-Reisinger, che vede al centro del programma una maggiore integrazione delle politiche europee, si giocava un testa a testa con il partito che forse esce più scontento dalla tornata, i Verdi (8,2%). Sebbene le politiche energetiche siano uno dei temi all’ordine del giorno in Austria, la loro proposta non ha convinto. In particolare, anche se negli ultimi mesi il partito aveva cercato di posizionarsi su istanze considerate vicine alla loro sensibilità, non hanno risposto all’appello le fasce più giovani dell’elettorato.
Le prospettive dopo il voto
Nonostante il successo, il Fpö di Kickl non è in grado di governare da solo, fermandosi a 57 seggi sugli 82 necessari per la maggioranza. Si aprono allora diversi scenari, che ripropongono un dilemma incalzante per le forze conservatrici europee. Scendere a compromessi con gli estremisti e cercare di smussarne gli spigoli, da una parte. Isolarli con il rischio che la retorica antisistema porti a una polarizzazione ancora più alta, dall’altra.
L’Austria vanta una certa esperienza in materia. Il Fpö infatti è già stato anche forza di governo, compreso ai vertici in più di un’occasione e già al potere in tre dei nove Stati austriaci. La radicalizzazione innescata da Kickl ha reso tuttavia l’orizzonte più fosco per il partito e il suo leader. I principali indiziati per un’eventuale alleanza, i popolari di Övp, hanno giocato su un certo margine di ambiguità. Nehammer prima della tornata aveva affermato che nel caso in cui avesse vinto il Fpö, non avrebbe formato un governo di coalizione con a capo Kickl. Tuttavia, non aveva scongiurato l’ipotesi di un accordo con il Fpö. Ponendo quindi un veto a metà.
Se è sicuro che i popolari costituiranno l’ago della bilancia, non è scontato il lato verso cui sceglieranno di voltarsi. A sinistra, la lotta alle disuguaglianze promessa da Babler non incontra il favore dei conservatori. Che vedono per esempio la patrimoniale come un attacco frontale alla proprietà privata. Oltretutto, le due forze insieme conterrebbero lo stretto indispensabile per una maggioranza, a meno di non allargare il tavolo delle trattative ad altri partner. Con queste premesse, se si volesse percorrere la strada di una coalizione anti-Kickl, il cammino potrebbe richiedere tempo. E risultare più faticoso del previsto.