Esclusivo. L’ex ministro degli Esteri libanese Nassif Hitti: “Riformare il sistema politico per salvare il Libano”

In questa intervista esclusiva con AffarInternazionali, l’ex ministro degli Esteri Nassif Hitti ha fotografato la “crisi multidimensionale” del Libano. Hitti lasciò l’incarico di capo della diplomazia sotto il governo di Hassan Diab il 3 agosto 2020, poco prima dell’esplosione nel porto di Beirut. Nella sua nota di dimissioni aveva dichiarato che “il Libano si sta pericolosamente trasformando in uno Stato fallito”.

La situazione, oggi, si presenta peggiorata: secondo la Commissione economica e sociale per l’Asia occidentale (Escwa) circa il 74% dei libanesi vive in condizioni di povertà o al di sotto della soglia di povertà. Guardando all’indice multidimensionale di povertà – che comprende ulteriori parametri come i servizi sociali, sanitari, pubblici – la percentuale sale all’82%. “Questo dà l’idea di quanto sia drammatica la situazione economica. Il Libano oggi è considerato tra i primi 10 – secondo qualcuno anche tra i primi 3 – casi di gravi crolli economici nel mondo dal 1850. Un altro esempio: il PIL è sceso da 52 miliardi di dollari nel 2019 a quasi 21,8 miliardi di dollari nel 2021. Abbiamo affrontato una contrazione del PIL del 58,1%. Il debito lordo è di circa il 183% del PIL”.

EC: Cosa sta succedendo in Libano e quali sono le caratteristiche di questa crisi?

NH: È una crisi multiforme, a più dimensioni. Innanzitutto, c’è una crisi economica molto forte. Da una crisi finanziaria se ne è innescata una economica, che ha portato alla crisi politica. Vi do queste cifre per riflettere su ciò di cui avevo già parlato quasi due anni fa: il nostro Stato sta fallendo e presto potremmo fallire veramente. La classe media è danneggiata e quella povera è in una situazione di totale confusione. Questo è solo quello che avviene all’interno. Un secondo fattore è quello esterno: il Libano, per la sua sociologia, la sua storia e per la sua collocazione geopolitica e le debolezze dello Stato, è sempre stato ostaggio di guerre regionali, o scontri regionali, sempre vittima di guerre per procura. Quindi, queste variabili – da un lato essere ostaggio di questi conflitti, dall’altro, vivere in una condizione economica drammatica, con ripercussioni sociali e che potrebbe avere anche effetti sulla sicurezza interna – stanno rendendo la situazione insostenibile. Ogni fattore si interseca nell’altro.

EC: Ha parlato dell’aspetto dei conflitti e degli interventi militari. Quali potrebbero essere gli interessi degli altri paesi, da questo punto di vista?

NH: Storicamente parlando, la rivoluzione palestinese si è concentrata nel Libano meridionale, ad un certo punto il Libano è stato l’unico vero teatro di scontro nel conflitto arabo-israeliano. Ora, come attualmente considerato da molti paesi arabi, soprattutto i Paesi del Golfo – come è stato detto chiaramente dal Ministro degli Affari Esteri del Kuwait che ha visitato il Libano – si dovrebbe cercare di rinormalizzare le relazioni tra il Libano e il Golfo, per aiutare il Libano a smettere di essere territorio dove lanciare ogni tipo di attacco (attacco politico, o altre forme di attacco ai paesi del Golfo). La percezione è che il Libano sia ostaggio della politica iraniana e della sua strategia nella regione. Per questo molti hanno suggerito, come ho fatto anche io poi, di stabilire quella che io chiamo una politica di neutralità positiva, neutralità politica, posizionandoci nel mezzo. Non possiamo permetterci di essere considerati come una pedina nel confronto regionale.

EC: Quindi crede sia possibile che lo scenario da lei menzionato possa essere realizzato nonostante la presenza in crescita di Hezbollah nella società?

NH: Hezbollah è un partito, anche se molti non sono d’accordo. Con il problema di Hezbollah il punto è come trovare un modus operandi per costruire un consenso all’interno del Paese.  Come abbiamo sempre visto, per affrontare i problemi chiave e le crisi in Libano bisogna capire chi sono i principali attori esterni, che poi sono i veri detentori del potere. Ognuno con le sue relazioni con fazioni o gruppi di paesi. Lo abbiamo visto in passato.

EC: E come sono ora i rapporti con la Siria?

NF: Con la Siria abbiamo mantenuto normali relazioni diplomatiche e normali scambi. La questione siriana è sempre stata considerata una questione interna del Libano, piuttosto che una questione di politica estera. Ora la Siria sta gradualmente normalizzando le sue relazioni con la maggior parte dei paesi arabi, anche questo ci aiuterà, perché risolverà un grave problema. Ogni volta che c’è una crisi nella regione, ha un forte impatto negativo sul Libano. E ogni volta che c’è un allentamento della tensione e un certo ritorno alla normalità, questo ci aiuta. Ma non possiamo nasconderci e stare solo a guardare, dobbiamo aiutare a ricostruire ponti tra i diversi Paesi della regione, sulla base del rispetto della sovranità di ogni singolo paese, senza interferire nelle loro questioni o parlarci addosso in nome di certe ideologie o tendenze politiche.

EC: Passiamo al sistema politico in Libano: è un esempio unico nelle democrazie, poiché riflette 18 diversi gruppi della società. L’attuale crisi è una conseguenza di questa frammentazione politica?

NH: È quello che viene definito modello consociativo, basato solitamente su una sorta di intesa tra comunità diverse – non devono essere per forza comunità religiose, potrebbero essere comunità etniche, parlo del modello in generale. Il Libano è sicuramente un sistema molto vulnerabile a causa di questa formula comunitaria che governa il Paese. E quando i leader comunitari, i leader settari, i leader di ogni comunità in generale cercano di attuare una formula settaria per mantenere anche il loro potere, per avere in mano l’intera comunità. Dobbiamo passare a quello che definiamo un sistema civile, non basato su una distribuzione settaria del potere. Perché la distribuzione settaria del potere è un sistema che porta a un gioco di veti, una politica di immobilismo e una politica di crisi.

EC: Sa’d Hariri ha detto che il partito probabilmente boicotterà le prossime elezioni generali.

NH: Sì, hanno deciso di non partecipare più. Hariri crede che per lui sia impossibile perseguire le nostre politiche nel contesto attuale, e ha ammesso che abbiamo commesso errori in passato, ma che è stato fatto per rafforzare stabilità ed evitare una crisi in Libano. Dubito fortemente che le elezioni parlamentari possano portare grandi trasformazioni tanto da portare persone che si oppongano al sistema settario. Ma il sistema è così ben consolidato e i leader così radicati che potrebbero davvero resistere a grandi cambiamenti, sarebbe indicativo della necessità di una trasformazione. È molto importante. Ma se non rivediamo più e più volte il nostro sistema e il nostro modello economico, vivremo sempre in tempi di crisi, e passeremo il tempo a gestirle invece che risolverle.

EC: Quali riforme strutturali dovrebbe attuare il governo per risolvere la crisi?

Per tornare alla normalità bisogna cambiare il nostro sistema di politica economica. Serve una riforma strutturale. Quello che il Fmi e la Banca Mondiale dicono è che ci serve tempo per ripensare il nostro sistema, che si basa completamente su una sovra-finanziarizzazione. Dobbiamo creare una situazione più equilibrata. Qual è il ruolo dello Stato per la protezione sociale? Abbiamo bisogno di investire in altri settori dell’economia, non solo nel settore bancario. Quindi, indipendentemente da fattori esterni, questo rende il Libano un ostaggio della polarizzazione in patria..

EC: Una domanda sull’Italia. Cosa può fare il governo per il Libano?

NH: L’Italia è stata molto attiva, direttamente ma anche all’interno dell’Unione Europea, nel fornire ogni tipo di aiuto. Quindi credo che l’Italia potrebbe davvero rimanere in questo importante ruolo, prendendo anche l’iniziativa, per quanto possa farlo, all’interno dell’Unione Europea al fine di spingere per le riforme in Libano e anche per fornire in questa fase tutte gli aiuti per la popolazione, per aiutare il Libano a rialzarsi economicamente e politicamente.

EPA/MUHAMMAD HAMED / POOL

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