Il compromesso necessario sulle migrazioni in Europa

Sin dal suo insediamento, il governo di Giorgia Meloni ha fatto dello scontro con le ong attive in operazioni di ricerca e salvataggio di migranti naufragati nel Mediterraneo Centrale un forte elemento identitario da rivendicare sia nei confronti del proprio elettorato, sia verso i partner europei. Le prime misure adottate per limitare le operazioni delle ong – e in particolare ostacolare lo sbarco dei migranti salvati in mare – sono però andate oltre le intenzioni iniziali del governo, scatenando un’inattesa crisi diplomatica con la Francia, poi faticosamente rientrata nei mesi successivi.

Il Consiglio europeo straordinario

Da quel momento, il governo ha cercato di individuare una terza via per rassicurare i partner internazionali sul rispetto da parte dell’Italia dei propri obblighi in materia di salvataggi in mare e diritto d’asilo, allo stesso tempo mantenendo una posizione di fermezza nei confronti delle ong, anche tramite l’emanazione di un decreto legge che ne regolamenta strettamente le operazioni.

Il trend crescente degli arrivi irregolari, confermato anche da numeri particolarmente alti nel mese di gennaio, spinge ora il governo a ribadire le proprie richieste di solidarietà in sede europea. L’Italia si aspetta che il Consiglio Europeo del 9-10 febbraio fornisca delle risposte concrete alle sue istanze. Tuttavia, trovare un compromesso strutturale sul tema delle migrazioni risulterà particolarmente complesso – come ormai accade da anni.

Salvataggi, ricollocamenti, movimenti secondari

Gli obiettivi strategici dell’Italia rimangono sostanzialmente inalterati: ridurre tramite azioni concordate a livello europeo il numero dei migranti irregolari che, partendo soprattutto da Libia, Tunisia e Turchia, raggiungono le coste italiane; approfondire la cooperazione con i paesi di origine e transito dei flussi migratori per rafforzarne le capacità di controllo alle frontiere e favorire i rimpatri; e chiedere un maggiore sforzo ai partner europei per quanto riguarda il ricollocamento dei richiedenti asilo. Secondo il Regolamento di Dublino, infatti, dovrebbe essere Roma a esaminare la richiesta di asilo di coloro che giungono in Italia come primo paese in Europa.

I ricollocamenti obbligatori sono uno dei punti dei punti programmatici presentati dall’Italia in vista del Consiglio Europeo, in cui si chiede anche di superare la distinzione artificiosa fra paesi di primo arrivo come l’Italia e quelli che invece ricevono i movimenti secondari, ossia gli spostamenti di richiedenti asilo fra i diversi Stati membri dell’Ue.

Questi interessi sono stati ribaditi dalla presidente del Consiglio Meloni anche durante la visita del Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel a Roma lo scorso 30 gennaio. Meloni ha richiamato la necessità di una soluzione strutturale da parte dell’Unione europea, nella convinzione che l’Italia non possa gestire da sola l’attuale situazione migratoria. Tuttavia, quello che la premier intende per ‘soluzione strutturale’ non sembra riguardare una gestione a tutto tondo del fenomeno migratorio (per quanto nel già ricordato non paper vengano anche menzionati i corridoi legali), quanto la richiesta di vedere l’Italia sgravata di una parte dei propri obblighi in materia di salvataggio e accoglienza.

La visione di Bruxelles

Come sarà accolto questo messaggio al Consiglio Europeo? Il governo ritiene già una vittoria, per quanto simbolica, il fatto che il tema migratorio sia tornato sul tavolo dei leader europei. Sarebbe questa la prova che “battere i pugni sul tavolo” attraverso misure drastiche come lo scontro con le ong stia portando i risultati sperati, rinnovando l’attenzione europea alle richieste italiane.

In effetti, negli ultimi mesi le istituzioni dell’Ue sembrano aver recepito le preoccupazioni di Roma: la pubblicazione di un nuovo Piano per la Rotta del Mediterraneo Centrale da parte della Commissione Europea e la convocazione di Consiglio Giustizia e Affari Interni straordinario a fine novembre sembrano andare in questa direzione. La stessa Presidente della Commissione Ursula Von der Leyen ha recentemente rimarcato di fronte al Parlamento europeo alcune priorità che sono perfettamente allineate alle posizioni italiane, come la necessità di affrontare con urgenza la situazione del Mediterraneo Centrale, combattendo l’operato dei trafficanti e responsabilizzando i paesi partner nell’area.

Tendenzialmente, l’approccio europeo su questo fronte rimane chiaro: a fronte dell’impossibilità di approfondire la solidarietà interna, si punta ad esternalizzare la gestione dei flussi migratori, delegandone la responsabilità ai paesi terzi. In una lettera indirizzata a Michel e Von der Leyen otto Stati membri hanno anche chiesto un’ulteriore stretta nei controlli alla frontiera esterna europea.

Una larga convergenza potrebbe emergere anche sul tema dei rimpatri. I ministri dell’Interno ne hanno già discusso in un incontro informale promosso dalla presidenza di turno svedese un paio di settimane fa. In quell’occasione è stata certificata la volontà europea di aumentare la pressione sui paesi terzi che non collaborano sufficientemente per il rimpatrio di coloro che non hanno avuto accesso alla protezione internazionale in Europa. Da un lato, si punta a rafforzare l’utilizzo delle limitazioni sui visti per ottenere maggiore collaborazione da questi paesi. Dall’altro, si intende sviluppare un approccio comprensivo di incentivi e misure punitive per facilitarne la cooperazione. Sempre di più la discussione verte anche su possibili ripercussioni sulla cooperazione allo sviluppo o il commercio.

Il compromesso necessario

Tuttavia, l’Italia si attende novità concrete anche sul tema della gestione dei confini marittimi, delle operazioni di ricerca e salvataggio e della solidarietà interna. Finora i cambiamenti concreti sono limitati. Il già ricordato Piano della Commissione identifica ad esempio la questione delle navi delle ong come un tema da affrontare, ma tramite misure ben lontane dalle soluzioni radicali rivendicate dall’Italia, proponendo ad esempio un mero scambio di informazioni e migliori pratiche con i paesi di bandiera di queste imbarcazioni.

Allo stesso modo, Von der Leyen ha sottolineato la priorità da riconoscere ai ricollocamenti di richiedenti asilo verso altri paesi europei, partendo dall’applicazione del meccanismo volontario di redistribuzione concordato lo scorso giugno, ma ha anche ricordato come il tema della solidarietà debba essere accompagnato da interventi per ridurre i movimenti secondari. Quest’ultima è anche una cronica richiesta della Francia, che chiede a paesi come l’Italia di controllare più efficacemente gli spostamenti dei richiedenti asilo fra diversi Stati membri. Una richiesta ribadita recentemente anche dai Paesi Bassi.

Quando Von der Leyen afferma che “solidarietà e responsabilità sono due facce della stessa medaglia” sta ricordando che gli interessi in Europa sono molteplici e nessuna soluzione strutturale può essere trovata senza un compromesso fra diversi Stati membri. Sorge dunque spontanea una domanda: battere i pugni sul tavolo sarà abbastanza?

Foto di copertina ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

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