Come la guerra ha cambiato le relazioni tra Ue, India e paesi Asean

Dal 24 febbraio le ricadute economiche della guerra all’Ucraina nel mondo, sono state tendenzialmente maggiori per le economie più in sofferenza a prescindere dalla regione geografica. Certo è che nell’Asia meridionale le contingenze economiche hanno portato a contraccolpi più evidenti e macroscopici. Questa situazione potrebbe portare ad uno stravolgimento dell’equilibrio geopolitico con nuove prospettive per l’Unione Europea.

Le ripercussioni della guerra in India e nel sud-est asiatico

L’India ha subito ripercussioni notevoli della guerra in Ucraina. A marzo, ha vissuto una crisi energetica dovuta anche ai costi di produzione (che ha originato vari e importanti blackouts), una carenza nelle forniture di materiali per la produzione agricola (come fertilizzanti e oli lubrificanti per le macchine agricole) e, conseguentemente, la caduta della produzione di alcuni prodotti del settore primario, come grano e olio. Certo, l’allarme dato in marzo, che pareva presagire un’immediata crisi alimentare, con prospettive di razionamento delle scorte, anche dovute a condizioni climatiche negative per i raccolti, era frutto di eccessive preoccupazioni (e probabili speculazioni), anche se la situazione non appariva delle più rosee.

Per quanto concerne gli Stati dell’Asean le più colpite sembravano a marzo la già sofferente Myanmar, il Laos e il Vietnam. Già nel mese di marzo il Laos ha sofferto sia una bolla inflattiva, esacerbata dalla guerra, sia una difficoltà di approvvigionamento di carburanti e materie prime legate al mercato petrolifero o derivante da questo. Il Myanmar ha assommato le difficoltà economiche accumulate in oltre un anno di dittatura alle difficoltà di approvvigionamento dei beni provenienti dalla regione in guerra per giungere ad un quadro economicamente molto critico

La stabilità economica del Vietnam è anch’essa stata minata nel settore manifatturiero e settore primario, nei quali Hanoi totalizza importanti percentuali di esportazioni verso Mosca. La principale problematica alla quale in marzo hanno dovuto far fronte le imprese vietnamite con fette di mercato in Russia è stato il blocco del circuito di pagamenti Swift per determinate banche russe. Con l’impossibilità di ricevere pagamenti delle loro merci, se non in maniera laboriosa e poco ortodossa, molte imprese vietnamite hanno avuto grosse perdite.

Infine, si deve accennare allo Sri Lanka. Quanto accaduto a Colombo è forse stato il più chiaro segnale del peso economico della guerra. A causa della crescita straordinaria dell’inflazione (legata anche a difficoltà di importare dalla Russia) il paese, già in condizione di fragilità economica, è precipitato in una crisi molto grave. In marzo sono iniziate serie rivolte contro la situazione e la tenuta sociale ha iniziato a vacillare, da un punto di vista economico, con l’aumento dell’inflazione e la caduta del potere sulla propria moneta, la politica economica del paese si è ritrovata completamente azzerata nei margini di manovra.

Verso la fine dell’impasse economica?

Nuova Delhi – reduce dai contraccolpi dell’inizio del conflitto a marzo – ha subito i fattori economici di crisi tra aprile e maggio. Sembrano emergere ora prospettive di risoluzione dell’impasse economica, se non addirittura strategie per trarre vantaggio dalla persistente situazione. Un esempio dell’adattamento indiano alla contingenza è certamente l’importazione massiccia del petrolio russo che viene ceduto all’India a prezzi molto vantaggiosi pur di recuperare le quote di mercato bruciate dalle sanzioni occidentali.

L’atteggiamento dell’India, al netto del regime sanzionatorio nei confronti della Russia, appare a commentatori come Reymond e Rimbert, di “Le Monde diplomatique” nel loro articolo “Qui gagne la guerre de l’énergie?”, come una pronta strategia economica in grado di mettere in difficoltà le istanze occidentali e sostenere una guerra destinata a cronicizzarsi e a stravolgere gli equilibri geopolitici nonostante le frettolose posizioni di tanti analisti.

Le realtà più deboli come i citati paesi dell’Asean e lo Sri Lanka non sono riuscite, dal canto loro, a sviluppare una vera e propria resilienza ai contraccolpi economici della guerra e permangono in una grave situazione di instabilità economica. Quanto avviene in Sri Lanka, ad esempio, è significativo. Dopo le dimissioni del capo dell’esecutivo e la nomina di un nuovo premier in condizioni di emergenza, il paese ha dichiarato l’incapacità di rimettere il debito accumulato e resta in balìa da un lato della situazione di rivolta e dall’altro, in politica internazionale, di investimenti diretti quanto mai interessati a guadagnare una posizione di egemonia sul paese anche scalzando quella cinese.

Asean – Ue: prove di intesa

L’Unione europea ha svolto un’importante attività diplomatica con il gruppo Asean sin dall’inizio della guerra. I principali progetti in corso sono riportati sul Blue book Eu-Asean strategic partnership pubblicato da Bruxelles a fine maggio.

I pilastri della cooperazione vengono definiti principalmente come: politica e sicurezza, economia e cultura. Oltre a questi l’Ue sostiene progetti legati alla sostenibilità (Green growth), come l’iniziativa Asean catalytic green finance facility, per il finanziamento di infrastrutture sostenibili e la Biodiversity conservation & management of protected areas in Asean, per la protezione dei parchi naturali. Le iniziative, dispendiose da un punto di vista anche economico per l’Ue, hanno le chances per portare il soft-power e l’appetibilità della cultura europea in un’area sempre più vicina negli ultimi anni all’influenza cinese e il recupero delle crisi economiche dovute alla guerra in Ucraina potrebbe essere una finestra di opportunità per veicolarsi al meglio nell’area.

Un discorso molto differente deve essere fatto per il rapporto dell’Ue con l’India: innanzitutto Nuova Delhi deve essere trattata da potenza regionale per le sue potenzialità. La Presidente della Commissione ha visitato Narendra Modi il 24 e 25 aprile e ha rilanciato la cooperazione, specialmente sulla sostenibilità, dimostrando l’orientamento dell’Ue verso l’India. Un altro punto importante discusso in maniera costruttiva è la possibilità di intraprendere nuovamente dei negoziati per un Free Trade Agreement (procedure diplomatiche che si erano interrotte nel 2013). L’accordo sarebbe fruttuoso per Bruxelles da un punto di vista diplomatico ed economico.

In conclusione l’Unione europea in una contingenza decisamente difficile, in special modo per le economie dell’area già in difficoltà, ha forse l’occasione per spostare in proprio favore l’ago della bilancia della diplomazia in un’area tanto importante facendo perno sul rapporto con l’India e sulla cooperazione con l’Asean. I risultati potranno essere di beneficio all’area non solo economicamente ma anche politicamente, attirando consenso verso il modello europeo.

Foto di copertina EPA/INDIAN PRESS INFORMATION BUREAU

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