L’ombra dei brogli sulle elezioni in Nigeria

Con il 36% dei consensi, il primo marzo, Bola Ahmed Tinubu, leader dell’All Progressives Congress (APC), partito del capo dello Stato uscente, Muhammadu Buhari, è stato eletto quinto presidente della Nigeria. Secondo quanto annunciato dalla Commissione elettorale nazionale indipendente (INEC), in seconda posizione si è collocato Atiku Abubakar (29%), mentre Peter Obi è giunto terzo (25%).

Le denunce di brogli

Entrambi gli sconfitti, però, hanno rifiutato il risultato del voto, denunciato brogli e manifestato l’intenzione di fare ricorso in tribunale entro tre settimane, come stabilito dalla legge nigeriana, per chiedere l’annullamento dell’elezione e la sua ripetizione. Sebbene in Nigeria i ricorsi per presunte scorrettezze elettorali siano frequenti, finora le irregolarità nel conteggio dei voti non sono mai state dimostrate e quindi le istanze non sono mai state accettate.

Abubakar e Obi hanno criticato il sistema di voto elettronico, stato utilizzato per la prima volta nel Paese e che avrebbe dovuto garantire maggiore rapidità nella comunicazione dei risultati. In realtà, la promessa dell’INEC (Independent National Electoral Commission) di aggiornare in tempo reale, sul proprio sito, i dati dello spoglio è rimasta disattesa, alimentando i sospetti di brogli. Alla scarsa trasparenza della procedura di spoglio, si affiancherebbero, secondo gli sconfitti, gli inconvenienti tecnici – tali da far sì che in alcune aree del Paese i cittadini abbiano potuto votare solo martedì.

Parallelamente alle critiche degli sconfitti, quindi, è cresciuto anche il malumore dei cittadini, la cui già bassa fiducia nei confronti delle istituzioni – l’affluenza è stata del 30% circa – rischia di ridursi ancora di più.

Il contesto elettorale

Il contesto in cui la più grande economia subsahariana si è recata al voto è complesso. Innanzitutto, troviamo la giustapposizione di forze che minano la sicurezza del Paese.

I gruppi islamisti militanti continuano i loro attacchi nel nord-est, mentre banditismo e violenza sono sempre più diffusi nel nord-ovest. Se le tensioni tra contadini e pastori interessano il centro del Paese, l’agitazione separatista si fa sentire a sud. Gli attacchi e i sabotaggi delle infrastrutture petrolifere sono persistenti, l’insicurezza marittima caratterizza le acque territoriali e la violenza della polizia coinvolge l’intero Paese.

Le conseguenze dell’insicurezza e della violenza sono notevoli: le stime di Africa Center indicano che, nel 2022, 10 mila nigeriani sono morti a causa di attacchi violenti e 5 mila sono i rapimenti accertati.

La crisi securitaria è aggravata dalla corruzione e dall’abuso delle risorse pubbliche destinate alla sicurezza. I fondi pubblici vengono forniti ai funzionari del governo federale, statale e locale, i quali li erogano a loro discrezione. Transparency International stima che le “spese in contanti segrete e non contabilizzate” ammontino a oltre 670 milioni di dollari l’anno.

Oltre alla violenza, la vita dei nigeriani è complicata crescente inflazione che, a fine 2022, ha superato il 21%. Sebbene il Pil abbia visto un recupero, dopo la battuta d’arresto dovuta al Covid-19, crescendo del 3,5% nei primi tre trimestri del 2022, la ripresa non si traduce in benefici diretti per la popolazione (lo scorso anno, quasi la metà dei 200 milioni di nigeriani viveva con meno di 1,90 dollari al giorno).

Questo perché il principale motore della crescita del Paese – il settore petrolifero – di solito non avvantaggia la maggior parte dei nigeriani in termini di posti di lavoro (la disoccupazione è pari al 33%) e opportunità commerciali.

Linee di frattura etniche, geografiche e religiose

Storicamente i partiti nigeriani hanno alternato candidati del Nord e del Sud, riconoscendo la fragile composizione musulmano-cristiana e la diversità etnica e geografica del Paese. Le elezioni non si vincono tanto per le idee dei contendenti, ma piuttosto grazie alla personalità dei candidati e alle configurazioni etnico-regionali in gioco. Di solito le alternanze politiche lasciano spazio a quelle etnografiche, cercando un bilanciamento tra tutte le componenti del variegato popolo nigeriano.

A livello geografico, l’APC ha seguito questa rotta, presentando Tinubu, proveniente dal Sud, come successore di Buhari, che aveva radici settentrionali. Invece, con Abubakar originario del Nord, il PDP sta ignorando questa ‘norma’. Tutti e tre i leader sono affiancati da un candidato vicepresidente proveniente dall’area geografica opposta.

L’APC invece sta infrangendo un’altra convenzione: garantire l’equilibrio religioso sulla scheda elettorale. Infatti, Tinubu, musulmano, ha scelto come suo compagno di corsa alla vicepresidenza l’ex governatore dello Stato del Borno, Kashim Shettima, un altro musulmano. Norma rispettata invece da Abubakar che è affiancato da Ifeanyi Okowa, cristiano e attuale governatore dello Stato del Delta, e da Obi, fiancheggiato da Yusuf Datti Baba, musulmano del Nord.

Articolo a cura di Armando D’Amaro, autore della redazione ‘Africa’ de Lo Spiegone

Foto di copertina EPA/AKINTUNDE AKINLEYE

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