I 100 anni di Henry Kissinger: qual è la sua eredità?

Il 27 maggio Henry Kissinger, nato Heinz Alfred Kissinger a Fürth in Germania, raggiunge il traguardo dei 100 anni, magari un po’ acciaccato fisicamente ma dalla mente sempre vigile e di straordinaria capacità di visione. 

Nessuno ancora in vita può vantare maggiore esperienza di lui negli affari internazionali, prima come accademico e poi da “practitioner” in diplomazia e in politica. È stato infatti consigliere e segretario di stato di due presidenti americani, Richard Nixon e Gerald Ford, plasmandone in modo decisivo e sorprendente la politica estera in un periodo, quello della guerra in Vietnam, turbolento e tragico per l’America.

Il confronto con Monnet

Kissinger sia da politologo che da politico ha sempre sostenuto con convinzione (ma anche con intelligenza) la teoria metternichiana della realpolitik nelle relazioni internazionali, che si sostanzia nel “concerto delle potenze” o nell’equilibrio fra gli stati. Quindi non è mai stato un convinto sostenitore dell’Ue e della sua natura di entità “sovranazionale”, anzi ne ha sempre sottolineato i limiti. Non ha quindi creduto nel processo funzionalista, un mix di politiche comuni ed istituzione, ispirato da un altro celebre personaggio, Jean Monnet, che è all’origine dell’attuale Unione europea.

In questo nostro periodo storico contraddistinto da una guerra nel cuore dell’Europa è di grande interesse comparare queste due filosofie contrapposte. Lo ha tentato in un recentissimo e brillante saggio Cesare Merlini (Geopolitica e Interdipendenza, Le scuole di Henry Kissinger e Jean Monnet, Luca Sossella Editore, 2023). Sia Kissinger che Monnet condividevano lo stesso obiettivo: come assicurare stabilità e gestione ordinata nelle relazioni internazionali. Ma poi essi hanno preso due strade diverse per quanto riguarda strumenti e metodi per assicurare la pace. Va subito detto che entrambi hanno avuto successo nei loro disegni di stabilizzazione dei rapporti fra stati. Kissinger è riuscito a tirare fuori gli Stati Uniti dal pantano vietnamita e nel capolavoro di stabilire relazioni pacifiche con l’Urss e addirittura con la Cina. Monnet ha indicato agli stati europei la via per diventare partner in una Unione di “eguali”, dove le regole e le politiche comuni assicuravano il vantaggio dell’intera Unione. 

I nuovi equilibri globali secondo Henry Kissinger

Con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin l’equilibrio mondiale appare profondamente modificato rispetto a quello ancora in essere una decina d’anni fa. Una delle ragioni dell’aggressione dello zar moscovita è stata proprio il rifiuto alla gestione unilaterale degli affari internazionali da parte degli Usa. Per Vladimir Putin essere considerato una potenza di secondo piano era diventato insopportabile. Merlini nel suo saggio ricorda come Putin avesse dichiarato “solo gli stati sovrani e potenti possono avere voce in capitolo nell’ordine mondiali che sta emergendo”. Di qui la missione militare speciale nei confronti di Kyiv che a causa della resistenza ucraina e del massiccio aiuto in armi della Nato ha preso ben presto le fattezze di una vera guerra non ancora mondiale in termini militari, ma certamente negli effetti geopolitici

All’inizio del conflitto la posizione espressa da Henry Kissinger è stata, a dir poco, molto prudente. La sua preoccupazione era che il confronto duro con Mosca avrebbe finito per spingerla nelle mani della Cina creando all’occidente due nemici. In fondo, come ricordavamo, il capolavoro di Kissinger era stato quello di avere costruito rapporti separati ma complessivamente positivi con entrambi. Va tuttavia aggiunto che la guerra d’Ucraina, se da una parte ha creato un sommovimento nelle relazioni internazionali, dall’altra ha rafforzato l’Unione europea e la sua capacità di agire in comune, perfino attraverso la concessione di fondi a Zelensky per l’acquisto di armi, cosa impensabile nel passato.

Ma se da un lato fino ad oggi l’Ue è uscita abbastanza unita da questa crisi, facendo ancora credere che l’intuizione di Monnet di passare gradualmente da entità economica ad organizzazione politica fosse davvero possibile, dall’altro lato la geopolitica nel resto del mondo ha ripreso vigore. Oggi ci troviamo infatti in un ordine internazionale sempre di più basato sul ruolo delle nazioni e contemporaneamente in una nuova polarizzazione fra Usa e Cina che tende a riproporre la competizione ai tempi dell’Urss. Al contempo il multipolarismo si riproduce a livello regionale, come accade nel Medio Oriente dove l’Arabia Saudita sta rimescolando i giochi con amici e nemici, fra cui l’Iran e la Siria, con la regia cino-russa che ha preso il posto di quella americana. Ciò spiega in parte la recente visita di Zelensky ai lavori della Lega Araba e, in margine al G7 di Hiroshima, anche il suo incontro con il premier indiano Modì, cioè con i rappresentanti di quel “Global South” che tanto assomiglia al gruppo dei paesi non allineati ai tempi dell’Urss. Nel pensiero del presidente ucraino è chiarissimo come il sostegno di Usa e Ue sia più che mai necessario, ma non sufficiente ad isolare Mosca e a portarla al tavolo del negoziato.

Non vi è dubbio che in questo nuovo scenario geopolitico la scuola realista di Kissinger abbia avuto conferma, ma con le fragilità e con i rischi che gli equilibri si rompano e si trasformino in guerra. E quali effetti avrà la guerra sull’Ue, che sembra muoversi ancora su modelli multilaterali e integrativi? Merlini al proposito riporta un passaggio dei ragionamenti di Kissinger: “l’Europa ha deciso di scostarsi dal sistema di stati da lei stessa progettato (pace di Vestfalia) e di trascenderlo tramite un’idea di sovranità condivisa, ma non avendo capacità militari ha scarsa possibilità di reagire quando le norme internazionali vengono trasgredite”. Insomma quello europeo rimane un modello valido, ma deve ancora compiere il passo decisivo per divenire un vero e riconosciuto attore internazionale capace di confrontarsi con il nuovo ordine geopolitico multipolare.

Foto di copertina ARCHIVIO ANSA R 18428

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