Prigozhin, Wagner e la possibilità di una “guerra di tutti contro tutti”

Il plot più avvincente di questi giorni, per chi segue le vicende intorno al Cremlino, è la sorte di Evgeny Prigozhin, più precisamente l’osservazione di quella spada di Damocle invisibile che sembra oscillare sopra la sua testa. Il capo del gruppo Wagner ha superato tutte le “red lines” possibili e immaginabili della politica russa: ha minacciato di abbandonare il campo di battaglia a Bakhmut, insultato il ministro della Difesa Sergey Shoigu e il capo dello Stato Maggiore Valery Gerasimov, incitato i soldati russi a ribellarsi ai loro comandanti inetti e infine ha preso in giro nel suo stile volgare e irriverente il “nonno felice” che potrebbe rivelarsi “un completo stronzo”. Di nonno, nel gergo politico informale russo, ce n’è uno solo, e da quando Prigozhin se ne è uscito con questa metafora, utilizzata finora in pubblico soltanto da Alexey Navalny e dai suoi sostenitori, molti hanno trattenuto il fiato in attesa dell’imminente fine di un uomo che dal sicario più fedele del regime putiniano sembrava essersi trasformato nel suo critico più violento.

Un triplo gioco al Cremlino?

Un ammutinamento, almeno a livello verbale, talmente inusuale nel sistema putiniano, da aver fatto nascere le ipotesi più stravaganti, incluso il “leak” pubblicato dal Washington Post, secondo il quale il capo dei Wagner avrebbe offerto all’intelligence ucraina le coordinate delle posizioni delle truppe russe. Se vero, potrebbe essere il sintomo di una disperazione estrema di un uomo che si è infilato in un gioco più grande di lui: ansioso di portare al Cremlino la vittoria a Bakhmut, si è fatto incastrare dai generali, molto più esperti di lui nei giochi di potere, perdendo sia la maggior parte del suo esercito semiprivato che il potere che ne derivava.

Se falso, spiegherebbe perché Prigozhin non è ancora stato fulminato dall’ira di Putin: in realtà, la sua “ribellione” sarebbe in questo caso un depistaggio concordato con il Cremlino, una trappola per convincere gli ucraini che la faida nei vertici moscoviti è ormai talmente profonda da permettere di attaccare le truppe russe, esauste, disorganizzate e demotivate. Senza contare la possibilità che il “leak” sull’ipotetico tradimento del capo dei Wagner fosse stato in realtà opera degli stessi generali russi per screditare l’uomo che, con il suo esercito di mercenari e galeotti, rischiava di portare a Putin la tanto agognata conquista di Bakhmut.

Le reazioni dell’opinione pubblica

Le ipotesi di un triplo gioco però non tengono conto dell’impatto devastante che le esternazioni di Prigozhin hanno avuto sull’opinione pubblica russa e internazionale. Il padre della “fabbrica dei troll” non è nuovo alle operazioni di disinformazione, e le sue rivendicazioni di conquista di Bakhmut sono state fatte ormai talmente tante volte da non risultare credibili. Ma le sue denunce di “reparti di parà in fuga” e di “ucraini che ci sgretolano ai fianchi” sembrano venire confermate anche da fonti indipendenti, e la violenza delle sue accuse ai vertici militari russi, accompagnata da montagne di cadaveri di soldati, distrugge con la sua estetica macabra il trionfalismo della propaganda ufficiale. Il vero “tradimento” di Prigozhin, al di là dei suoi giochi sempre più azzardati con Shoigu e Gerasimov, è proprio quello di aver svelato il segreto che tutti sapevano, ma nessuno aveva il coraggio di ammettere: la Russia non sta vincendo la guerra e non riesce a vincere nemmeno una battaglia.

In Russia, oggi, si viene arrestati per molto meno. Ma chi liquida Prigozhin soltanto come una marionetta che vuole spezzare i fili che la levano al Gru, lo spionaggio militare russo cui spesso viene collegata la nascita dei Wagner, si dimenticano dell’altro mestiere del “cuoco di Putin”, che da ristoratore pietroburghese con trascorsi criminali è diventato un peso massimo della politica russa grazie all’uso spregiudicato dei media e in particolare della rete. Prigozhin è il primo esponente della nomenclatura del regime a non rivolgersi soltanto a Putin, da due decenni motore, arbitro e pubblico di ogni iniziativa.

Parla all’opinione pubblica, e il proliferare di sondaggi sui social sulle sue prospettive alle presidenziali del 2024, le vendite del merchandising dei Wagner, e l’attenzione quasi spasmodica dei media internazionali per ogni sua esternazione, dimostrano che almeno l’operazione mediatica gli è riuscita benissimo: il “cuoco di Putin” ha acquisito una popolarità in proprio, conquistando quell’elettorato – valutato tra il 15 e il 25% circa – di ultranazionalisti militaristi che si sentono delusi da Putin. L’estetica pulp di Prigozhin, che si mostra tra i cadaveri al fronte mentre lancia insulti ai generali, appare a questo segmento come molto più autentica del sempre più artefatto e distante presidente. Arrestare o uccidere Prigozhin potrebbe in questo momento squilibrare la tenuta già fragile del comando russo, proprio alla vigilia della controffensiva ucraina.

Wagner e le debolezze dell’esercito regolare

Controffensiva sui cui esiti disastrosi per i russi peraltro Prigozhin dichiara di avere pochi dubbi. E questa potrebbe essere un’altra spiegazione del perché il Golem si è ribellato al suo creatore. Il modello Wagner – un esercito di fatto privato che però beneficia della protezione e delle forniture privilegiate del ministero della Difesa – viene ora copiato non solo dai pretoriani del leader ceceno Ramadan Kadyrov, ma da tanti altri. Singole regioni ed enti – tra cui Gazprom, il consorzio statale del metano – si stanno facendo i propri gruppi di contractor, e anche il ministero della Difesa sta arruolando mercenari nelle carceri russe, rubando il brevetto a Prigozhin. Difficile che questa corsa sia finalizzata a intestarsi un pezzo di vittoria in Ucraina, soprattutto alla luce delle carenze logistiche sempre più evidenti dell’ente di Shoigu.

L’esercito regolare semplicemente non possiede abbastanza risorse da distribuire tra gli eserciti privati, nessuno dei quali riuscirà a conseguire quella vittoria che perfino il più consolidato, attrezzato e numeroso di queste armate (la Wagner appunto) non è riuscito a ottenere. L’unico motivo plausibile per l’improvvisa concorrenza di strat-up di eserciti privati, degna di un failed state spartito tra clan rivali, è la consapevolezza dell’imminente crisi, sul fronte come a Mosca. Prigozhin e i suoi concorrenti non si stanno contendendo la vittoria con i favori che ne conseguono: si stanno attrezzando per la guerra di tutti contro tutti che potrebbe scaturire da una sconfitta.

Foto di copertina EPA/OLEG PETRASYUK

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