Trump alla Casa Bianca: i rischi per l’Europa

A pochi giorni dall’inizio del ciclo delle primarie e a poco meno di dieci mesi dalle elezioni presidenziali negli USA sembra inevitabile la prospettiva che l’ex Presidente Trump sarà il candidato del Partito Repubblicano. Mentre sul fronte del Partito Democratico non sembrano esservi alternative alla candidatura dell’attuale Presidente in carica, malgrado il pesante handicap dell’età, qualche problema di salute, l’avvio di una procedura di “impeachment” e le peripezie giudiziarie del figlio. Siamo quindi verosimilmente in presenza di una replica della sfida fra Biden e Trump, con i sondaggi che in questi giorni danno il candidato repubblicano in testa sia pure di misura.

La prospettiva di un ritorno di Trump

Allo stato attuale è difficile fare previsioni sull’impatto che potranno avere sull’esito delle elezioni del novembre 2024 l’evoluzione della situazione della economia americana, l’andamento del mercato del lavoro negli USA, le problematiche di sicurezza interna, la gestione dei flussi migratori, le prospettive della guerra in Ucraina, la ripresa del conflitto israelo-palestinese, gli sviluppi della competizione globale con la Cina oltre a numerose altre variabili. Al netto comunque di questi fattori di incertezza ci sono concrete probabilità di un ritorno di Trump alla Casa Bianca, anche perché apparentemente i processi in corso nei confronti dell’ex Presidente da parte di varie magistrature statali e federali, per reati di varia gravità, non sembrano scalfire il sostegno né della maggioranza del partito repubblicano né dello zoccolo duro dell’elettorato repubblicano.

La prospettiva di un ritorno di Trump alla Casa Bianca, possibile anche nel caso di condanna in uno dei quattro processi intentati contro l’ex Presidente, è quindi un rischio concreto e plausibile. E una prospettiva di questo tipo, che rappresenta una minaccia per la democrazia negli USA e un incubo per un importante componente dell’elettorato americano, costituirebbe una fonte di enorme preoccupazione anche per gli alleati europei degli USA. Anche perché questa volta Trump, consapevole che nel suo precedente mandato alla Casa Bianca non era riuscito a realizzare il suo preoccupante programma elettorale per le resistenze del cosiddetto “deep state”, ha già minacciato di attuare un drastico ricambio di personale nella Amministrazione a tutti i livelli con l’obiettivo di potersi circondare esclusivamente di collaboratori leali e fedeli.

Pur scontando la notoria imprevedibilità dell’ex Presidente, e le scarse indicazioni finora fornite su un suo ipotetico programma di presidenza per la politica estera (al di là di alcune note formule che fecero la sua fortuna nel 2016 e di un prevedibile ritorno al mantra dell’isolazionismo americano in nome dell’America First), ma proprio alla luce della traumatica esperienza dei quattro anni dal 2016 al 2020 è facile prevedere che per gli europei un ritorno di Trump alla Casa Bianca comporterebbe enormi problemi di gestione del rapporto con il maggiore alleato.

Se si devono prendere per buone alcune dichiarazioni di Trump sulla guerra in Ucraina, e soprattutto le resistenze manifestate anche di recente da esponenti repubblicani in Congresso sulle forniture di armi a Kyiv, ma anche i pregressi rapporti di Trump con Putin, la linea di una prossima amministrazione repubblicana sul conflitto potrebbe subire un cambio radicale di rotta, magari con una iniziativa mirata a far cessare il conflitto imponendo agli ucraini cessioni territoriali. Non a caso la strategia di Putin sul terreno in Ucraina punta chiaramente a guadagnare tempo in attesa che, con Trump alla Casa Bianca, sia possibile definire rapidamente un’intesa con gli USA, magari forzando la mano al presidente ucraino.

Gli alleati europei e la NATO

Gli alleati europei degli USA che avevano condiviso la strategia americana di reazione all’aggressione russa dell’Ucraina (condanna e isolamento della Russia, sostegno con tutti i mezzi al Paese aggredito senza un diretto coinvolgimento nel conflitto) si troverebbero nella difficile posizione di dover decidere se continuare a sostenere l’Ucraina (opzione peraltro improbabile) o allinearsi alla nuova politica di Washington. Con il rischio di vedersi marginalizzati nel caso che Trump opti per la soluzione di un dialogo diretto con Putin sulla testa dell’Ucraina e degli alleati europei.

Altra vittima di un ritorno di Trump al potere negli USA potrebbe essere la NATO. L’Alleanza Atlantica, in crisi di credibilità dopo l’affrettato e tragico ritiro dall’Afghanistan deciso da Washington senza una seria previa consultazione con gli alleati, aveva ritrovato una sua ragion d’essere e una sua credibilità proprio grazie alla reazione alla guerra in Ucraina. E alla decisione della Amministrazione Biden di coinvolgere gli alleati europei in questa reazione. Non è un mistero che Trump non crede nella NATO e ancor meno nella valenza strategica del partenariato transatlantico (al massimo può fidarsi solo di alcuni europei attentamente selezionati).

Anche senza pensare all’ipotesi estrema di un ritiro degli USA dalla NATO (che magari potrebbe piacere a Trump ma che incontrerebbe resistenze nel Congresso) appare verosimile quindi che la solidità e la credibilità della NATO possano subire un serio ridimensionamento nel caso di una vittoria di Trump. O che comunque Trump chieda agli alleati europei un ben più consistente impegno per la loro sicurezza.

Verosimile anche attendersi che in nome dell’ ”America First”, una Amministrazione americana a guida Trump riprenda la pratica di misure protezionistiche, a tutela di produzioni locali e posti di lavoro negli USA, minacciati dalla concorrenza dall’estero. Con la conseguenza che, nel contesto di un minore interesse per le sorti del partenariato transatlantico, l’Europa ne sarebbe la prima vittima. Con il venire meno dell’interesse degli USA per l’Europa come partener strategico, e con una probabile maggiore concentrazione di interesse per l’indo-pacifico, potrebbero poi anche entrare in crisi anche quelle forme di cooperazione, come ad esempio il “Trade e Technology Council” su cui europei e americani fanno attualmente affidamento per regolare in maniera cooperativa temi di interesse comune ma potenzialmente divisivi.

I rapporti con la Cina

Sui rapporti con la Cina un ritorno di Trump alla Casa Bianca avrebbe invece un impatto limitato. In fondo su questo tema era prevalsa una sintomatica continuità nelle politiche degli USA fra l’Amministrazione repubblicana e quella democratica, entrambe potendo contare su un sostegno bipartisan anche in Congresso su una linea che tende a considerare la Cina la principale minaccia geo-politica per gli USA da contrastare con una robusta politica di contenimento. Sotto questo profilo poco cambierebbe per gli europei, che continuerebbero a dover definire una linea (possibilmente comune) nei confronti di Pechino che non scontenti Washington, ma che consenta di non rompere irreversibilmente con Pechino. Il de-risking nei confronti della Cina continuerebbe ad ispirare la linea europea, in un contesto in cui però concertazione e consultazione con gli USA potrebbero diventare più problematiche.

Infine una vittoria di Trump contribuirebbe verosimilmente a rafforzare anche in Europa pulsioni nazionaliste, populiste. Darebbe argomenti (soprattutto in alcuni Paesi europei) a formazioni politiche dichiaratamente sovraniste ed euro-scettiche. Potrebbe consolidare antiche diffidenze e incomprensioni fra Paesi membri della UE radicate in culture politiche diverse e contrapposte. Ed accentuare le distanze fra alleati europei più o meno vicini alla linea del nuovo/vecchio presidente americano.

In una parola l’Europa rivivrebbe tutti i problemi e le criticità sperimentate nel corso del primo mandato di Trump. Probabilmente in quadro di maggiore criticità date le circostanze di un ritorno di Trump alla Casa Bianca. A meno che il ritorno di un Presidente americano così poco sensibile alle preoccupazioni e agli interessi degli europei non possa stimolare gli europei a tradurre in realtà il sogno di una autonomia strategica dell’Europa.

foto di copertina EPA/AMANDA SABGA

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