Materiali critici in Africa: nuovi elementi, vecchi terreni di scontro

L’importanza del settore minerario nella transizione energetica è incalcolabile. I materiali critici, tra i quali litio, rame, cobalto, alluminio, nickel e manganese, e le terre rare, un gruppo di 17 metalli (lantanio, cerio, praseodimio, neodimio, promezio, samario, europio, gadolinio, terbio, disprosio, olmio, erbio, tulio, itterbio e lutezio) verranno sempre più impiegati nella produzione di strumenti ed infrastrutture per sostenere la transizione.

Per mettere in prospettiva i futuri bisogni di materiali critici, una macchina con motore a scoppio utilizza 11,2 kg di Manganese e 22,3 kg di Rame. Una macchina elettrica ha bisogno di 53,2 kg di Rame, 8,9 kg di Litio, 39,9 kg di Nickel, 24,5 kg di Manganese 13,3 kg di Cobalto e 66,3 kg di Grafite. Questi numeri aumentano esponenzialmente se si analizzano le infrastrutture: secondo la International Energy Agency (IEA), per costruire un impianto eolico off-shore sono necessari fino a 13 volte i materiali critici che verrebbero impiegati per costruire un impianto a gas della stessa grandezza.

Secondo Marsh McLellan, una ditta di servizi per le aziende, la Repubblica Popolare Cinese (RPC) gestisce il 60% dell’estrazione di terre rare, l’85% del loro raffinamento e più del 90% della manifattura di magneti permanenti, esercendo di fatto un monopolio nel settore. L’Europa infatti dipende dalle terre rare cinesi per il 56% e gli Stati Uniti per il 78%, motivo per cui entrambi stanno guardando a nuove fonti come il Sud America e il continente africano, dove secondo le Nazioni Unite si troverebbe il 30% dei depositi mondiali di terre rare.

Dunque, l’attenzione delle grandi potenze, in primis Cina e Stati Uniti, si sta spostando verso l’Africa con l’obiettivo di assicurarsi l’accesso a quanti più materiali critici possibili. Questa tendenza è stata evidenziata anche al Mining Indaba, uno degli eventi più attesi nel settore minerario, svoltosi a febbraio 2023 a Città del Capo, Sudafrica. A questa edizione ha partecipato anche José Fernández, sottosegretario per la crescita economica, energia e ambiente del governo degli USA, nonché primo funzionario statunitense di alto rango a partecipare al Forum in 28 anni.

La reazione degli Stati Uniti

Alla conferenza Fernández ha annunciato l’entrata dell’Italia nella Minerals Security Partnership (MSP), lanciata a giugno 2022, un’iniziativa che ha lo scopo di aiutare i suoi membri (Australia, Canada, Corea del Sud, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia, Svezia, e la Commissione Europea) a ricercare, estrarre e processare materiali critici.

Con l’intensificarsi della sfida con la Cina e la necessità di alimentare la propria industria, gli Stati Uniti stanno cercando di diversificare le proprie fonti di approvvigionamento. La partecipazione di Fernández sottolinea come gli Stati Uniti mirino ad allargare la partnership già esistente a Paesi africani produttori di materiali critici. Lo scopo dichiarato dal Segretario di Stato Antony Blinken e quello di rimodellare i vecchi rapporti tra Paesi fornitori e Paesi consumatori. Blinken ha espresso la volontà di far beneficiare le nazioni produttrici da tutta la catena del valore, dall’estrazione al raffinamento al riciclo e non relegarli solo al ruolo di estrattori di materie prime, mantenendo alti standard di rispetto dell’ambiente e di impatto sulle comunità locali, permettendo di ridurre l’impatto ambientale delle estrazioni ed assicurando migliori guadagni ai partner.

I benefici che ne trarrebbero i paesi africani come Know how ed imponenti investimenti sarebbero utili per superare i problemi che frenano la loro crescita economica: la costruzione di infrastrutture, lo sviluppo delle reti elettriche nazionali e un’opportunità per sostituire i combustibili fossili come fonte energetica primaria ed approdare alle rinnovabili.

I risultati sono incoraggianti sia nel settore pubblico che privato, ne è prova  l’accordo con Zambia e Repubblica Democratica del Congo (RDC) annunciato dal Dipartimento di Stato americano sullo sviluppo delle strutture necessarie per la costruzione di batterie elettriche.

Tuttavia gli USA si trovano ad operare in una zona del mondo in cui la Cina ha aumentato la sua presenza economica dagli anni ’90. La RPC è il primo paese creditore nel continente, motivo per cui sarà difficile ridimensionarne l’influenza. Inoltre gli stessi paesi africani potrebbero non volerlo. Infatti, per i paesi produttori diversificare gli accordi tra attori concorrenti è un modo di garantire la propria sicurezza scoraggiando coercizioni ed azioni di forza per estorcere accordi più convenienti.

Il piano europeo

Dal canto suo, il 16 marzo 2023 la Commissione Europea ha presentato il Critical Raw Materials Act (CRMA), un piano per la costruzione di linee di rifornimento affidabili per l’approvvigionamento di materiali critici con l’obbiettivo di estrarre il 10%, processare il 40% e riciclare il 15% del fabbisogno annuale di questi materiali, riducendo la dipendenza da parti terze. Mentre la produzione interna dovrebbe aumentare, grazie anche alla scoperta del giacimento di terre rare più grande d’Europa in Svezia, la maggior parte del fabbisogno europeo dovrà essere importato. Per questo, l’Unione sta sviluppando una strategia per diversificare tali rifornimenti, progetto in cui l’Africa gioca un ruolo fondamentale. L’Unione propone di lavorare all’interno della Global Gateway Strategy integrando i suoi partner nella catena del valore. Lo scopo è di fornire una concreta possibilità di industrializzazione e sviluppo infrastrutturale ai paesi partner, creando posti di lavoro e linee di rifornimento affidabili.

All’interno di Global Gateway in Africa la Commissione ha individuato 11 corridoi strategici, tradizionali opere infrastrutturali che comprendono anche l’area interessata dal loro sviluppo, lo scopo è creare catene del valore e connessione tra i paesi africani e l’Europa. Per questo progetto sono stati stanziati 150 miliardi di euro in un pacchetto di investimenti in cinque aree di riferimento: accelerare la transizione energetica e digitale, crescita sostenibile e occupazione, migliorare i sistemi sanitari ed educativi.

Secondo Elisabetta Sartorel, funzionario della politica per i materiali critici dell’Unione, sarebbero in corso trattative per stabilire un partenariato con Rwanda, Uganda, Zambia e Tanzania, temi discussi dalla stessa Sartorel al Mining Indaba. Inoltre, a marzo di quest’anno l’UE ha annunciato un piano di investimenti per 50 milioni di euro nella Repubblica Democratica del Congo al Kinshasa Economic Forum.

Chi vincerà la partita sui minerali critici

In questo contesto la sfida principale si gioca tra Cina, Stati Uniti ed Unione Europea. La Cina ha il vantaggio di aver costruito buoni rapporti con il continente grazie a un’enorme iniezione di risorse, anche se ultimamente la sua corsa è rallentata: nel 2022 infatti gli investimenti globali per l’iniziativa della Nuova Via della Seta sono crollati del 55%, con ripercussioni anche per i paesi africani che vi hanno aderito. Data la situazione, la strategia americana ed europea incentrata su qualità e vantaggi a lungo termine potrebbe portare frutti. Ciò che invece potrebbe creare frizioni è che i Paesi africani percepiscano gli accordi come un primo passo per trascinarli in un conflitto tra grandi potenze, nel quale non hanno nessun interesse ad entrare.

Foto di copertina MIKE ODONGKARA

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