Stazione spaziale internazionale: Houston, abbiamo avuto un problema

La competizione nello spazio tra Washington e Mosca, iniziata con il lancio dello Sputnik, è stata affiancata nel tempo anche da collaborazione, culminata con la International space station (Iss) – la Stazione spaziale internazionale – in orbita intorno alla Terra.

Nonostante la guerra in Ucraina e contrariamente a ogni aspettativa, Stati Uniti e Russia continuano a percorrere insieme anche la direttrice della cooperazione nello spazio. È il caso dell’interruzione di corrente al Johnson Space Center (JSC) di Houston dello scorso 23 luglio che ha impedito le comunicazioni tra la ISS e il centro di controllo missione sul suolo americano.

L’ultima perdita dei contatti con la ISS

A causa di un aggiornamento programmato della rete elettrica della struttura, il centro operativo della NASA in Texas ha perso per circa 90 minuti le comunicazioni di comando, telemetriche e vocali con la stazione. Pur avendo interessato tutte le sale di controllo della missione, l’interruzione non ha causato danni alla ISS o all’equipaggio, che ha infatti continuato a lavorare agli esperimenti condotti giornalmente in orbita.

Nonostante le tensioni geopolitiche causate dal conflitto in Ucraina, Roscosmos, l’Agenzia spaziale russa, ha offerto rapidamente sostegno alla NASA, mettendo a disposizione dell’equipaggio i propri sistemi di comunicazione e garantendo un canale di comunicazione operativo fino alla risoluzione dell’interruzione di corrente.

Un caso non isolato di cooperazione nello spazio

Costruita grazie agli sforzi congiunti di NASA, Roscosmos, dell’European Space Agency (ESA), e delle omologhe giapponese e canadese, la ISS è l’esempio più evidente di quanto la comunità internazionale possa beneficiare dalle cooperazioni internazionali.

La Russia, che ha coperto circa un terzo dei costi totali della ISS ed è responsabile di quasi la metà della propulsione necessaria per mantenere la stazione in orbita, ha fornito alcuni dei suoi componenti chiave. Zvezda, Poisk e Rassvet sono solo alcuni dei principali moduli russi che contribuiscono rispettivamente al controllo missione, all’attracco delle sonde Soyuz, e alla fornitura di energia e comunicazioni alla ISS.

Il guasto, seppur temporaneo, ha messo in evidenza la fragilità delle infrastrutture della ISS e il ruolo chiave della collaborazione in tutte le attività spaziali. L’evento di luglio non è isolato nel suo genere, e per trovare riscontro di un secondo malfunzionamento basta andare a febbraio 2023. In quell’occasione, a causa di un guasto alle apparecchiature durante un aggiornamento di sistema, Houston ha perso i contatti con la ISS per circa tre ore, e anche allora gli ingegneri di volo sono riusciti a comunicare con l’equipaggio solo quando la ISS è passata sopra le stazioni di terra russe.

Entrambi i guasti sottolineano la vulnerabilità delle infrastrutture critiche spaziali nelle società tecnologicamente avanzate. Anche se originate da errori diversi, le interruzioni di corrente hanno messo in luce ancora una volta l’importanza della sicurezza nelle operazioni spaziali e il ruolo fondamentale ricoperto dalle comunicazioni in tutte le missioni.

Sanzioni alla Russia e implicazioni nello spazio

Il rapporto della Russia con la ISS non è sempre stato lineare e caratterizzato da una propensione alla collaborazione. Nel 2014, in risposta alle sanzioni imposte da Stati Uniti ed Europa per l’annessione della Crimea, la Russia ha minacciato di interrompere la collaborazione in orbita. La minaccia implicava lo spostamento in Crimea delle strutture di formazione degli astronauti e l’impossibilità per gli americani di servirsi di veicoli Soyuz per arrivare in orbita. Così per la prima volta dal suo lancio nel 1998, il ruolo della stazione cambiò, passando da laboratorio scientifico a pedina chiave nel contesto geopolitico. Già da allora appariva chiaro che, in assenza di un partner strategico come la Russia, gli stessi Stati Uniti si sarebbero trovati in difficoltà nel proseguire ad operare sulla ISS.

Nel febbraio 2022, a seguito delle sanzioni imposte alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina, Dmitry Rogozin, ex Direttore Generale di Roscosmos, ha dichiarato che il Paese non ha bisogno di cooperare con gli Stati Uniti nello spazio né la necessità di continuare a collaborare sulla ISS. In una serie di tweet Rogozin ha inoltre minacciato di far “cadere” la stazione facendola precipitare sugli Stati Uniti o in Europa. Pur fornendo alla ISS un componente che ne controlla e aggiusta l’orbita, la minaccia era una mossa chiaramente propagandistica. A dimostrazione del carattere strategico della stazione anche per Mosca, infatti, le operazioni congiunte sulla ISS continuano regolarmente.

La ISS, durante oltre 20 anni in orbita attorno alla terra, è stata un cruciale laboratorio scientifico e tecnologico. È importante però sottolineare che non è stata progettata per durare per sempre ed è previsto che smetta di funzionare nel 2030. Alla luce del ruolo strategico ricoperto negli anni dalla stazione, diverse potenze spaziali stanno pianificando le proprie future attività nello spazio concentrandosi sulla progettazione di stazioni simili alla ISS.

La Cina, che ha abbandonato la ISS nel 2019, ha già lanciato Tiangong, una stazione spaziale molto più piccola dell’ISS ma tecnologicamente più avanzata. La Russia non ha ancora abbandonato la ISS, ma ha dichiarato che sta progettando una propria stazione spaziale che dovrebbe essere messa in orbita prima del 2030. L’India ha invece recentemente annunciato di essere entrata nella fase di test della sua stazione spaziale, che dovrebbe essere lanciata nel 2035. L’ESA, invece, pur sostenendo strenuamente la ISS, sta facendo i conti con il fatto che a breve il suo unico canale per portare astronauti nell’orbita bassa terrestre si chiuderà. Nel tentativo di preparare il terreno per sviluppare nuove tecnologie e programmi spaziali l’agenzia ha pubblicato il report Revolution Space a marzo 2023, sottolineando l’intenzione di procedere con l’esplorazione spaziale anche dopo la dismissione della ISS.

Lo scenario post ISS sarà quindi senz’altro caratterizzato da un maggiore pluralismo di attori operanti in orbita con proprie stazioni, e probabilmente si assisterà alla ripresa della corsa allo spazio. A differenza del lancio dello Sputnik nel 1957, le potenze operanti nel panorama spaziale e le capacità tecnologiche di sviluppare componenti sono aumentate in maniera proporzionale, e la sfida per il futuro sarà bilanciare ambizioni nazionali con l’intrinseca necessità di collaborazione internazionale.

Foto di copertina NASA

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