Sistema commerciale laboratorio di crisi

Una successione di crisi di grande rilevanza ha interessato l’economia mondiale in questi anni, segnando un vero e proprio spartiacque nella sua evoluzione più recente. Le relazioni commerciali e le politiche che le governano sono state un particolare laboratorio di questi sconvolgimenti. 

Ha cominciato la Cina con le sue politiche distorsive degli scambi. Poi l’arrivo del Presidente Trump ha impresso una decisa svolta protezionistica. La pandemia Covid, prima, e l’invasione russa dell’Ucraina, poi, hanno portato a sanzioni commerciali e rafforzato l’esigenza di una nuova resilienza delle catene globali del valore. Le regole e le istituzioni della governance commerciale globale (WTO) sono state così seriamente rimesse in discussione dalle politiche interventiste dei maggiori paesi. 

Il forte incremento delle misure restrittive non ha tuttavia impedito il raggiungimento, in questi stessi anni, di un gran numero di accordi di liberalizzazione commerciale a livello regionale e di gruppi di paesi. Vanno ricordati quelli nell’Asia del Pacifico (CPTPP e RCEP), che hanno interessato oltre due miliardi di cittadini. Molto rilevante anche l’accordo siglato in Africa (AfCFTA) da oltre cinquanta paesi africani. Altro dato da mettere in evidenza: i flussi commerciali a livello globale, nonostante le attese negative, hanno continuato a mostrare una forte resilienza. È mutata invece la loro composizione a beneficio dei servizi, soprattutto di quelli digitali e a sfavore dei prodotti industriali.

La geopolitica e il sistema commerciale mondiale

Un’evoluzione articolata, segnata da luci e ombre, ha caratterizzato gli scambi mondiali. Tutto ciò non deve però indurre a sottostimare i rischi enormi che minacciano il loro futuro. Dall’inizio del decennio in corso, secondo il FMI, le barriere commerciali sono quasi triplicate ogni anno. Ad accrescere i timori vi è la crescente rivalità a tutto campo tra Cina e Stati Uniti. A causa delle tensioni geopolitiche, l’argomento della “sicurezza nazionale” è utilizzato sempre più di frequente nelle scelte di politica commerciale, sia per minacce reali attinenti alla sicurezza dei paesi sia, più rudemente, per proteggere imprese e settori a livello nazionale. La geopolitica è tornata così al centro del commercio mondiale. 

Il maggior rischio da scongiurare per i paesi del G7 è l’ulteriore proliferazione di reazioni e misure unilaterali dei singoli paesi, mirate a promuovere la competitività, la sicurezza nazionale e altri obiettivi non economici, generando distorsioni in materia di commercio e catene globali del valore. Non solo gli Stati Uniti ne hanno fatto un uso abbondante, anche l’Ue vi ha fatto ricorso.

Un approccio multilaterale finalizzato

All’unilateralismo dilagante va contrapposto un approccio per quanto possibile multilaterale, ispirato da pragmatismo e finalizzato a obiettivi specifici. In altre parole, nelle proposte da definire sui temi commerciali dal gruppo dei G7 va trovato un giusto compromesso tra le iniziative che mirano ad accordi di cooperazione multilaterale (in ambito WTO), perché necessari ad affrontare temi e problemi di azione collettiva a livello globale, e quelle rivolte a raggiungere accordi a livello regionale e/o plurilaterale (PTA), nei casi in cui gli accordi globali o non sono possibili per ragioni geoeconomiche e/o geopolitiche o non sono necessari.

Cooperazione multilaterale e accordi plurilaterali

Tra i temi dove una cooperazione a livello globale resta fondamentale va inclusa la sfida ambientale unitamente all’inquinamento: serve un sostegno reciproco tra politiche ambientali e commerciali da ricercare nell’ambito dei lavori del WTO, superando gli attuali veti di alcuni paesi. I risultati della tredicesima Conferenza ministeriale del WTO svoltasi alla fine di febbraio di quest’anno sono stati, com’è noto, assai deludenti. Ma non vanno abbandonati i temi di notevole importanza che erano sul tavolo negoziale, dall’agricoltura e la pesca, all’e-commerce e agli scambi di dati e servizi. Incluso il parziale accordo raggiunto sui sussidi alla pesca e a cui occorre guardare come prototipo per negoziati (in ambito WTO) su altri beni pubblici globali, come l’ambiente marino.

Tra le questioni commerciali da poter affrontare con accordi plurilaterali e tra gruppi ristretti di paesi, dove il G7 può svolgere un particolare ruolo propositivo, figurano aree tematiche quali i sussidi industriali pervasivi e dannosi, le pratiche distorsive del mercato da parte delle imprese statali, tutte le forme di trasferimento forzato di tecnologia e gli approvvigionamenti di materie prime strategiche alla base delle tecnologie pulite. In tutti questi casi si tratta di trovare un efficace compromesso tra il sostegno agli obiettivi a carattere domestico perseguiti dai vari paesi e il limite da porre all’adozione di misure con esternalità che finiscono per scaricare sui paesi vicini gran parte dei costi degli interventi (beggar-thy-neighbour policies).

A questo fine il G7, che ha un solido fondamento di valori comuni, può rappresentare la dimensione appropriata. Gli accordi plurilaterali devono comunque essere aperti ai Paesi che vogliano poi aderirvi. Tra questi, in prima fila, i paesi emergenti e in via di sviluppo, visto l’importante ruolo che molti di essi sono destinati ad assumere nel nuovo contesto globale.

Il ruolo essenziale del WTO

Infine, nonostante la crisi di questi anni e lo scarso interesse degli Usa, il WTO è un’Organizzazione multilaterale (164 paesi membri) che ha continuato e deve continuare a svolgere un ruolo fondamentale per il sistema del commercio globale. Ma va rivitalizzata nelle sue tre funzioni fondamentali: di sistema di regole universali, strumento di sorveglianza delle politiche commerciali, forum negoziale e di risoluzione delle controversie tra paesi, rafforzando in particolare la sua funzione deliberativa per affrontare i grandi e difficili temi commerciali che sono posti oggi dal nuovo mondo.

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