Silvio Berlusconi: un protagonista controverso della politica italiana

Con la morte di Silvio Berlusconi finisce un pezzo di storia dell’Italia repubblicana. Si chiude una fase che aveva segnato la conclusione della prima Repubblica, coinciso con la fine dei partiti tradizionali, avviato la spettacolarizzazione della politica, e il successo dei partiti personali, e consolidato la pratica del rapporto diretto tra leader e cittadini.

Imprenditore di straordinario successo prima nell’immobiliare e poi con le televisioni, Berlusconi agli inizi degli anni Novanta scopre la politica e se ne innamora. In teoria per difendere l’Italia dal rischio di un successo dei comunisti. In realtà per un misto di passione e di interessi delle sue imprese da difendere.

Ed è innegabile che Berlusconi sia stato nel bene e nel male la personalità che ha lasciato l’impronta più evidente sugli ultimi venticinque/ trenta anni di storia di Italia. Fondatore di una nuova e inedita coalizione di centro-destra, interprete e ispiratore di un nuovo modo di fare politica, sempre a metà strada tra l’aspirazione a riaffermare in Italia un modello di autentico liberalismo, e la tentazione di cavalcare metodi e pratiche di un populismo “ante litteram”, Berlusconi è stato anche la personalità più divisiva e contestata di questi trenta anni di vita politica italiana.

L’eredità politica

Amato incondizionatamente dai suoi sostenitori e avversato, altrettanto incondizionatamente dai suoi oppositori, Berlusconi, in questi trenta anni di presenza e di protagonismo nella politica italiana ha sicuramente contribuito alla modernizzazione del Paese delle sue istituzioni. Ha svecchiato il sistema dei partiti, ha reinserito nella maggioranza di governo la destra post-fascista di Alleanza Nazionale, e ha “istituzionalizzato” le spinte secessioniste della Lega. Grazie anche ad una legge elettorale maggioritaria, ha di fatto introdotto la democrazia dell’alternanza in una Italia assuefatta a decenni di democrazia consociativa. E infine ha costretto le opposizioni (tranne rare eccezioni) a definire le rispettive agende sulla base di una sorta di anti-berlusconismo “a prescindere” che ha finito con il bloccarne creatività e progettualità.

Ma il Berlusconi leader politico ha avuto difficoltà a convivere con il Berlusconi imprenditore, con il risultato di un mai risolto problema di conflitto di interessi. Che a sua volta ha provocato una sfida costante ad una magistratura vissuta come ostile, condotta anche a colpi di leggi “ad personam” in nome di un presunto maggiore garantismo. Ma soprattutto Berlusconi è riuscito solo marginalmente a realizzare quelle riforme, che pure aveva promesso, e che erano necessarie per realizzare un modello di Italia con meno Stato e più mercato, in nome di una agenda politica che avrebbe dovuto liberare gli “spiriti animali” del capitalismo italiano, e ridare slancio ad un economia che da sempre soffriva di troppi “lacci e lacciuoli”. In altre parole, malgrado le promesse e malgrado la sua lunga permanenza al governo, con la possibilità di contare su ampie maggioranze in Parlamento, alla fine anche Berlusconi ha dovuto fare i conti con le capacità di resistenza di lobbies e corporazioni molto forti in un paese difficile e complesso da governare come l’Italia.

Berlusconi e la politica estera

In politica estera ha fatto molto affidamento sulla sua capacità di stabilire buoni rapporti personali, privilegiando fino alle estreme conseguenze un metodo di lavoro basato sull’importanza di questi rapporti personali. Ottimi quelli con il Putin dei primi anni al Cremlino (all’origine del successo del vertice di Pratica di Mare), ma con risvolti complicati da gestire dopo l’aggressione russa all’Ucraina. Ottimi quelli con George W. Bush, cui aveva concesso il sostegno dell’Italia all’epoca della guerra in Iraq, malgrado il suo intimo convincimento che quella guerra era un tragico errore. E ottimi anche quelli con Gheddafi con il quale aveva stabilito le basi per una collaborazione che avrebbe dovuto garantire all’Italia approvvigionamenti energetici e controllo dei flussi migratori. Molto più complicati invece quelli con alcuni leaders europei, come la Cancelliera Merkel o il Presidente francese Sarkozy, dai quali lo separavano distanze siderali per formazione e cultura politica, e con i quali in fondo non è mai riuscito ad entrare in sintonia.

Sinceramente convinto dell’importanza della collocazione dell’Italia nello scacchiere atlantico e occidentale e del rapporto con gli USA, Berlusconi ha coerentemente puntato sulla strategicità del rapporto transatlantico e sulla valorizzazione della presenza italiana nella NATO, anche contro tentazioni “terzaforziste” di altre forze politiche della maggioranza che lo sosteneva in Parlamento.

Con la Russia Berlusconi ha puntato a mantenere, nel corso degli anni, un rapporto di convinta e sincera collaborazione, nella convinzione che la Russia fosse un partner irrinunciabile per l’Italia, non solo per le forniture di energia e o per l’importanza dei rapporti economici, ma anche come interlocutore per la sicurezza in Europa e per alcune sfide globali. L’aggressione della Russia all’Ucraina lo ha messo in difficoltà, e lo ha costretto ad una ambiguità che in molti all’estero hanno considerato eccessiva.

Il suo rapporto con l’Europa e con l’Ue è stato caratterizzato nel corso degli anni da una sintomatica evoluzione. Berlusconi è così passato da un iniziale atteggiamento di diffidenza o di pregiudizio negativo nei confronti di un progetto che gli appariva come troppo complesso e distante dalle preoccupazioni reali dei cittadini elettori, ad un sincero convincimento che il destino dell’Italia era ed è strettamente legato a quello dell’Europa. Non a caso il Berlusconi dell’ultimo periodo ha tenuto a proporsi come il garante della tenuta europea dell’Italia. La sua ferma determinazione ad ancorare il partito da lui voluto e fondato, Forza Italia, alla famiglia dei popolari europei è in fondo la testimonianza della fiducia di Berlusconi nel progetto europeo.

La successione

Incapace di scegliere un “delfino” dopo averne bruciati tanti, o forse non convinto della necessità di designare un successore alla testa del partito che aveva fondato, Berlusconi lascia Forza Italia, già in calo di consensi e non più partito leader della coalizione di centro-destra, in una situazione difficile. Finora Forza Italia era stato il partito di riferimento di un elettorato moderato di centro-destra con una sua presenza un tutto il territorio nazionale. Ora si tratterà di vedere se una nuova leadership garantirà la tenuta di questa forza politica finora connotata dalla leadership del fondatore. O se al contrario, dagli altri partiti della coalizione e magari dal terzo polo, partirà la caccia ad accaparrarsi il voto degli elettori del partito creato e fondato da Silvio Berlusconi.

Foto di copertina ANSA/GIUSEPPE LAMI

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