La decade più pericolosa della crisi ucraina, quella tra il 10 ed il 20 febbraio non ha prodotto l’annunciata invasione russa né il temuto conflitto, anche se il numero delle violazioni registrate dall’Ocse lungo la linea del cessate il fuoco sono quintuplicate. Allo stesso tempo, però non si sono registrati neanche segnali di descalation e di normalizzazione, conferma del fatto che le intenzioni russe sono tutt’altro che transitorie e fugaci.
Le rivendicazioni di Mosca
Profonde e strutturali sono difatti le rivendicazioni che Putin ha messo in campo, attualizzandole nella guerra civile ucraina in corso ma ancorandole alle modalità di dissoluzione dell’Unione sovietica e alle garanzie che furono fatte a Mosca al momento della riunificazione della Germania. Nell’ultima settimana le diplomazie sono state coinvolte in un vortice di incontri, mediazioni, visite e telefonate, inseguendo inefficaci ed improbabili triangolazioni. Ma nel gioco diplomatico vi sono due coppie di attori che non si parlano o non negoziano in maniera adeguata: Mosca e Washington al livello globale, Kiev e le due repubbliche secessioniste a livello interno.
Vista la risolutezza fin qui mostrata da Putin nel minacciare l’uso della forza e l’ugualmente ferma strategia di Washington ad adottare una linea di non risposta militare è per il momento difficile vedere una via di uscita dalla crisi che, nell’impossibilità di un negoziato tra le due coppie di attori direttamente coinvolti, rischia di esplodere o di stabilizzarsi ma sotto forma di un gigantesco frozen conflict.
Gli Usa attendono l’invasione
Al di là della retorica e della strategia comunicativa, gli Stati Uniti credono veramente che la Russia sia sul punto di avviare un’invasione dell’Ucraina o un’occupazione di parte di essa. Lo scenario più verosimile è quello di un’intensificazione del conflitto nel Donbass a cui faccia seguito una dichiarazione di annessione alla Russia da parte delle due repubbliche secessioniste di Donetsk e Luhansk (che controllano circa due milioni di abitanti nel Donbass ma rivendicano una fascia più ampia di territorio oltre l’attuale linea del cessate il fuoco).
Da questa annessione il conflitto potrebbe poi stabilizzarsi o allargarsi ad altre parti dell’Ucraina, questo dipenderebbe in buona parte dalla reazione di Kiev. Ma Washington ha chiaramente messo in conto anche un conflitto su larga scala con l’invasione dell’intero Paese, al punto da prendere la misura estrema di ricollocare a Leopoli, a poche decine di chilometri dal confine ucraino, lo staff dell’ambasciata di Kiev.
Uno degli aspetti più peculiari della posizione dell’amministrazione americana è quella di unire la quasi certezza di un’invasione dell’Ucraina con la risolutezza di non voler contrastare l’occupazione del Paese. La sicurezza dell’Ucraina viene sostanzialmente vista come una questione degli ucraini e tutt’al più un problema di sicurezza degli europei. Gli americani non appaiono neanche disposti a trattare con i russi e a far loro concessioni per evitare l’invasione, e si riservano solo di decidere con quanta forza economica reagire ad un’eventuale invasione.
Il paradosso della situazione è che la minaccia dell’uso della forza russa è contro l’Europa, ma l’interlocutore a cui Mosca rivolge i suoi ultimatum per rinegoziare la situazione di sicurezza in Europea sono gli Usa. Una situazione strategica piuttosto paradossale che da un lato mette Mosca in difficoltà ma dall’altro aumenta le chance di un conflitto.
L’Europa attende le sanzioni
Nel frattempo l’Europa attende le sanzioni, che verosimilmente accompagneranno ogni scenario in divenire nelle prossime settimane. Resta solo da capire come esse saranno composte, se saranno strutturate in maniera massiccia, attivando subito il massimo potenziale della forza sanzionatoria (colpendo i settori energetico e finanziario già in prima battuta) o se invece esse saranno costruite con una logica incrementale, partendo da persone fisiche, oligarchi e funzionari dello Stato per poi colpire vari settori dell’economia russa.
L’Europa, che pagherà il prezzo più alto sia delle sanzioni americane che delle contro-sanzioni russe, non avrà molte possibilità di manovra che non favorire una mediazione tra Washington e Mosca. Ma in assenza della linea dura di Washington che restringerà lo spazio di manovra di Mosca e ne farà aumentare i costi, la mediazione non sarà per niente facile. È una mediazione a tre tra Washington, Mosca e Kiev in uno scenario di minaccia militare troppo avanzato per poter consentire una sufficiente apertura negoziale tra le parti.
Le sanzioni qui sono state intese prevalentemente come strumento ritorsivo / retributivo post invasione e pertanto non è facile che possano essere impiegate in abbinamento con un’azione diplomatica. Sanzioni parziali, ad esempio in caso di un’annessione delle due repubbliche secessioniste, non produrrebbero comunque effetto deterrente sullo schieramento militare russo che potrebbe anche rimanere attivo per diversi mesi o essere smobilitato e riposizionato ad intervalli anche brevi di tempo.
La Bielorussia scivola sempre più verso Mosca
Nel frattempo, uno dei primi effetti della crisi è il progressivo scivolamento di Minsk verso Mosca. Le operazioni militari russo – bielorusse congiunte sono state prolungate oltre il 20 febbraio ma vi sono anche segnali che al loro termine una quota di forze militari russe rimarranno stazionate in Bielorussia, dunque al confine con Polonia e i tre Paesi baltici. Al di là dell’aspetto militare, è tutto il progetto dell’unificazione economica ed eventualmente politica tra i due Paesi che ha ripreso quota durante questa crisi, con la sottoscrizione di nuovi accordi in numerosi settori, da quello doganale e quello economico ed industriale fino a quello energetico e militare. Complice la crisi economica del Covid-19 ma anche i 5 round di sanzioni che hanno ulteriormente rescisso i rapporti con l’Europa. Con il riconoscimento dell’annessione russa della Crimea, nel novembre 2021, Minsk ha definitivamente aperto un’altra pagina che ne vede il progressivo avvicinamento verso Mosca.
In attesa di ulteriori sviluppi, i cambiamenti che questa crisi ucraina del 2022 porterà alla sicurezza europea e agli assetti geopolitici dell’Europa orientale saranno comunque determinanti e significativi. L’Europa deve comprendere non solo gli effetti della crisi sui suoi interessi diretti ma prepararsi agli effetti trasformativi su tutto il sistema internazionale ed in particolare sui rapporti Usa – Europa. Al di là del suo ruolo importante nella mediazione in questa crisi sarà ancora più importante la revisione della postura geopolitica e di sicurezza europea e l’adeguazione degli strumenti diplomatici e militari.
Foto di copertina ANSA/PAVEL BEDNYAKOV / KREMLIN POOL / SPUTNIK