Con una procedura insolita, l’agenzia Tass ha anticipato quelli che dovrebbero essere gli aspetti più salienti di una modifica della dottrina del Cremlino sull’impiego dell’arma nucleare. Nel giugno scorso, Vladimir Putin aveva già evocato l’ipotesi di un cambiamento, escludendo tuttavia che ciò fosse necessario in quel momento. Il motivo di tale ripensamento viene collegato dalla Tassa a ”recenti sviluppi geopolitici e l’emergenza di nuove minacce e rischi militari”, probabilmente un riferimento obliquo allo schiaffo della sorprendente e inattesa incursione ucraina nell’area di Kursk.
Da una lettura dell’annuncio russo si può dedurre che scopo primario di questa iniziativa è quello di aggiustare l’esistente dottrina contenuta nei “Principi basilari della politica dello Stato sulla deterrenza nucleare” per permettere a Mosca il ricorso alla dissuasione nucleare anche nel contesto della guerra contro l’Ucraina, cosa che l’attuale normativa non consentirebbe. La presente dottrina nazionale russa prevede l’impiego dell’arma nucleare qualora il paese venisse attaccato con armi nucleari o con altre armi di distruzione di massa (chimiche e biologiche). Mosca si riserva inoltre il ”diritto” di rispondere con il nucleare anche ad un attacco con le sole armi convenzionali “quando l’esistenza stessa dello stato è in pericolo”.
A livello multilarale, Mosca è anche vincolata dall’impegno del 1995 delle cinque potenze nucleari (tra cui la Russia) a non impiegare l’arma nucleare contro i paesi non alleati ad una potenza nucleare che abbiano aderito, come paesi non nucleari, al Trattato di non proliferazione nucleare (TNP). L’Ucraina ha tutte le carte in regola per appartenere a questo gruppo di paesi da non attaccare nuclearmente poiché non solo ha aderito al TNP e ha quindi rinunciato all’arma atomica ma ha addirittura consegnato proprio alla Russia le armi nucleari sovietiche che si trovavano sul suo territorio. È ben noto, inoltre, che l’Ucraina non appartiene a nessuna alleanza nucleare.
Con gli aggiustamenti preannunciati, la situazione cambia significativamente poiché il nuovo linguaggio consente il ricorso all’arma nucleare per rispondere a qualsiasi tipo di aggressione contro la Russia, sia essa nucleare o convenzionale, anche da parte di uno stato che, come Kyiv, abbia rinunciato al nucleare qualora fosse sostenuto (non più alleato) da uno stato nucleare. Si tratta di una disposizione che sembra fatta a immagine e somiglianza della visione che ha la Russia dell’attuale situazione dell’Ucraina. Essa è infatti sostenuta (ma non alleata) da tre potenze nucleari (Francia, Regno Unito e USA) e le sue forze sono ora penetrate in territorio russo (anche se solo per motivi tattici che non mirano ad un’annessione). Non si parla più nel nuovo testo di minacce esistenziali contro Russia, basta qualsiasi tipo di aggressione alla Russia e all’alleata Bielorussia per legittimare l’impiego dell’arma nucleare. Una minaccia “critica” (non più “esistenziale”) con armi convenzionali sarà d’ora in avanti sufficiente per una risposta nucleare. Inutile dire che sarà la Russia a decidere sulla criticità di tale minaccia.
Il fatto di rendere pubblica la propria dottrina nucleare è di per se una positiva misura di trasparenza. Viene da domandarsi però perché Mosca senta il bisogno di stabilire una forma di legittimazione a posteriori quando, con il suo intervento in Ucraina, essa ha già infranto in tutti i sensi il diritto internazionale pattizio e quello umanitario. È più probabile che, con la modifica apportata, Mosca abbia voluto cambiare le carte in tavola abbassando la soglia nucleare nell’intento di indurre gli occidentali a stare alla larga dal conflitto e per piegare l’Ucraina con un’accresciuta minaccia. Il modus operandi russo non deve preoccupare solo l’Europa e gli Stati Uniti: il fatto che Mosca annunci che una minaccia con armi convenzionali sarà sufficiente per una risposta nucleare riguarda i 183 stati che hanno rinunciato all’arma nucleare. Si tratta della negazione di uno dei principi generali su cui poggia l’attuale fragile struttura del controllo degli armamenti, secondo cui gli stati nucleari non devono impiegare o minacciare l’arma nucleare contro quelli che a tale arma hanno rinunciato.