Lee Jae-myung nuovo presidente della Corea del Sud

L’elezione presidenziale straordinaria del 3 giugno scorso nella Repubblica di Corea è stata vinta dal leader del partito democratico Lee Jae-myung. Essa si era resa necessaria dopo l’impeachment e l’arresto dell’ex presidente Yoon Suk-yeol che nel novembre scorso aveva deciso di promulgare illegalmente la legge marziale.

Le cause di tale improvvida iniziativa meritano di essere ricordate. La costituzione della Corea prevede la possibilità di invocare la legge marziale solo in caso di guerra o di incidenti ed altre emergenze nazionali mentre le ragioni addotte da Yoon si riferivano “alla politica anti-stato e pro-nordcoreana” del partito di opposizione, motivazioni ben lontane dal dettato costituzionale. Vigendo una democrazia presidenziale in cui il capo dello Stato è anche capo dell’esecutivo, l’ex presidente si era trovato inevitabilmente in grandi difficoltà dopo le elezioni parlamentari dell’aprile 2024 che lo costrinsero a governare con una maggioranza opposta a quella del suo partito. Una situazione di “coabitazione” assai simile a quella francese. Con questa nuova elezione si può ritenere conclusa la grave crisi istituzionale che aveva colpito il paese.

Sale ora alla massima carica un nuovo leader che potrà contare oltre che sul netto risultato del voto presidenziale anche su una solida preesistente maggioranza in parlamento.

Il nuovo presidente ha il merito di aver guidato, nel rispetto della costituzione, il burrascoso processo di transizione che ha condotto all’impeachment e alla cacciata e arresto del predecessore. Si tratta di titoli che gli dovrebbero consentire di prendere le redini del paese nel quadro di una maggiore coerenza tra il potere legislativo e quello esecutivo.

Ciò non vuol dire che egli avrà la vita facile. Oltre alla gestione interna di un paese che pur avendo realizzato un formidabile sviluppo economico ed industriale soffre anche dei mali delle democrazie mature tra cui la denatalità ed un’atavica ostilità tra progressisti e conservatori. Esso ha però anche dimostrato la sua vitalità democratica reagendo con determinazione a quello che si può considerare un maldestro tentativo di colpo di stato in una situazione politico-strategica molto complessa.

La minaccia rimane anzitutto quella della Corea del Nord sempre più agguerrita ed in possesso ormai non solo dell’arma atomica ma anche di vettori presuntamente capaci di colpire persino l’America. Sono ormai lontani i tempi in cui la Russia applicava rigorosamente contro la DPRK le sanzioni da essa stessa comminate nel quadro del Consiglio di Sicurezza. Oggi si può parlare di una vera e propria alleanza con Mosca come dimostrato dalla partecipazione attiva di militari nordcoreani al conflitto ucraino.

Negli ultimi decenni la politica di Seoul ha oscillato tra una linea di apertura nei confronti della Corea del Nord come promossa dai grandi presidenti progressisti quali Kim Dae-jung agli inizi del 2000 e più di recente da Moon Jae-in. A loro sono succeduti leader conservatori che hanno invece privilegiato il confronto con il Nord. Tra essi figura sicuramente il presidente recentemente silurato che non era ostile neppure all’ipotesi che Seoul si dotasse dell’arma atomica.

Rimane immutata in entrambe le forze politiche la coscienza della dipendenza dagli Stati Uniti e la ricerca di una forte alleanza con Washington senza l’appoggio della quale – la storia insegna – un riavvicinamento con la Corea del Nord non è configurabile. Sicuramente la linea del nuovo presidente Lee Jae-myung è aperturista verso il Nord ma è dubbio che tale orientamento converga con quello attuale di Donald Trump. Quest’ultimo, scottato dal vistoso “fiasco” della sua apertura verso il leader nordcoreano durante il suo primo mandato, difficilmente riprenderà in mano, di sua volontà, il dossier coreano. Il rapporto con Seoul viene oggi visto a Washington anzitutto nel quadro del confronto strategico con Pechino, potente vicino della Corea territorialmente e principale partner economico-commerciale. Il mantenimento di una rotta tra questi due fari sarà la grande sfida per la navigazione che il nuovo presidente coreano si appresta ad intraprendere.

L'Ambasciatore Trezza ha presieduto il Missile Technology Control Regime, la Conferenza sul disarmo a Ginevra e l'Advisory Board del Segretario generale delle Nazioni Unite per le questioni del disarmo a New York. È stato Ambasciatore d'Italia per il disarmo e la non proliferazione, e Ambasciatore della Repubblica di Corea. Attualmente coordina il gruppo italiano dell'European Leadership Network (ELN).

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