Le risoluzioni delle Nazioni Unite hanno solitamente scarsa risonanza mediatica nonostante l’importante lavoro redazionale e negoziale che esse richiedono. Ciò vale in particolare per le risoluzioni dell’Assemblea Generale le quali sono spesso ripetitive e non giuridicamente vincolanti a differenza di quelle del Consiglio di Sicurezza quando adottate ai sensi del Capitolo 7 della Carta (pace e atti di aggressione).
Non bisogna sottovalutare, tuttavia, le risoluzioni assembleari approvate unanimemente le quali riflettono un consenso di tutta la comunità internazionale né sono da trascurare quelle che si riferiscono a “questioni importanti” e che richiedono la maggioranza dei due terzi degli stati votanti. Merita l’attenzione in questo contesto la recente risoluzione votata in prima istanza con 144 voti favorevoli dalla Prima Commissione dell’Assemblea, dedicata al disarmo e alla sicurezza internazionale.
Gli effetti climatici e ambientali dell’arma nucleare
Tale risoluzione contiene la proposta dell’istituzione di un gruppo di 21 esperti scientifici per “esaminare gli effetti fisici e le conseguenze sociali di una guerra nucleare… inclusi, tra l’altro, gli effetti climatici, ambientali e radiologici e i loro impatti sulla salute pubblica, sui sistemi socioeconomici globali, sull’agricoltura e sugli ecosistemi…”.
Esiste già una gamma di ricerche in questo settore, tuttavia è significativo che questa volta la creazione di un panel di scienziati sia l’espressione di una risoluzione approvata da una larga maggioranza degli stati. Una precedente iniziativa paragonabile risale agli anni 80. Nel frattempo, oltre ai drammatici cambiamenti climatici, vi sono stati anche progressi rilevanti negli strumenti di modellazione climatica e scientifica che consentono una migliore comprensione degli effetti di una guerra nucleare.
Negli ultimi anni l’attenzione della comunità internazionale si era focalizzata prevalentemente sulle “catastrofiche conseguenze umanitarie ” dell’impiego dell’arma nucleare, un concetto oggi accettato – a volte a denti stretti – anche dalle principali potenze nucleari. Tale riconoscimento divenne il punto di partenza di un processo che condusse all’adozione nel 2017 del Trattato TPNW che prevede la proibizione totale delle armi nucleari. Quest’ultimo costituirebbe una tappa fondamentale del disarmo nucleare se non fosse che sinora il trattato non è stato firmato da nessuno degli otto stati che posseggono l’arma nucleare: Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia, Cina, India, Pakistan e Corea del Nord.
Il voto disomogeneo di Ue e Nato e l’astensionismo degli Usa
Sinora le potenze nucleari avevano espresso la loro contrarietà verso un approfondimento della questione degli effetti climatici e ambientali dell’uso dell’arma nucleare anche se tali effetti non sono meno catastrofici di quelli umanitari. Nel caso del voto sulla risoluzione ONU in esame si sono registrate alcune evoluzioni significative: la Cina e Corea del Nord hanno sorprendentemente votato a favore di questa iniziativa. India, Pakistan, Israele e USA si sono astenuti, Francia e Regno Unito si sono trovate in una imbarazzante sintonia con la Russia come unici tre stati a votare contro la nuova risoluzione.
Non ci si poteva aspettare che i paesi dell’Unione Europea votassero unanimemente. Come spesso accade, i membri dell’Ue hanno votato in maniera disomogenea. Sulle questioni nucleari essi mantengono da sempre posizioni divergenti. È invece rilevante che non vi sia stata convergenza neppure in seno alla Nato: a parte il voto negativo di Londra e Parigi, la maggioranza ha seguito gli USA nell’astenersi. Altri come Germania, Olanda, Grecia e Slovenia hanno votato a favore. A questi ultimi si è unita anche l’Italia, che di norma segue nella Nato la corrente maggioritaria indicata dagli USA.
L’astensionismo dell’amministrazione Biden su questo spinoso argomento non sarà probabilmente condiviso dall’amministrazione entrante, tradizionalmente meno propensa a porre in evidenza i rischi nucleari. Tuttavia il recente cambio di amministrazione a Washington non dovrebbe influire sulla posizione americana poiché le prossime tappe per l’approvazione finale della risoluzione (il voto della commissione bilancio e quello definitivo dell’ Assemblea plenaria) si dovrebbero concludere prima del ritorno di Trump alla Casa Bianca nel gennaio prossimo.
Salvo sorprese, l’iniziativa di creare un panel di scienziati super partes per approfondire ed aggiornare lo studio delle conseguenze ambientali e climatica di una guerra nucleare – su cui non si possono chiudere gli occhi – dovrebbe permettere agli stati e alle opinioni pubbliche di orientarsi su questo complesso argomento. Il testo della risoluzione prevede che i 21 scienziati partecipino a titolo personale e che vengano designati non già dagli stati membri ma dal Segretario Generale dell’ONU. Un rapporto finale è previsto per il 2027.