Identitkit di Ron DeSantis

L’annuncio è arrivato durante un confronto su Twitter Spaces con il padrone di Twitter, Elon Musk, ed era stato preceduto nei giorni scorsi dalla pubblicazione di alcune immagini ritraenti un alligatore, simbolo del suo Stato, la Florida, sui suoi profili social. Ora è ufficiale: Ron DeSantis si è candidato alla presidenza degli Stati Uniti.

Con la riconferma a Governatore della Florida del novembre scorso ha catalizzato su di sé l’attenzione dei conservatori, tanto da diventare l’unico in grado di contendere la vittoria alle primarie repubblicane a Donald Trump. È bene quindi avere un’idea chiara di chi è Ron DeSantis, da dove viene, quali sono i suoi valori e i suoi obiettivi.

Ron DeSantis, un trumpiano lucido

Nato a Jacksonville, Florida, Ron DeSantis è un italoamericano puro. Cattolico, tutti i bisnonni sono italiani, partiti dal centro e dal sud Italia durante la diaspora italiana.  Cresciuto a Dunedin, dimostra talento per lo studio: dopo la laurea con lode in Storia a Yale ottiene il dottorato ad Harvard, questa volta in Legge, sempre con lode. Durante gli studi, nel 2004, si arruola in marina ed entra nei JAG, la magistratura militare. Si congeda nel 2010 e dopo due anni da professore universitario viene eletto al Congresso. Rimarrà un congressman fino al 2018, quando fa il salto a Governatore della Florida, riconfermato poi nel novembre 2022 con un ampio vantaggio.

Risultato che lo lancia verso la Casa Bianca, in competizione interna con Donald Trump. Di cui in passato fu un convinto sostenitore, tanto da criticare con forza le indagini sulle ingerenze russe durante le elezioni del 2016 che videro proprio la vittoria di Trump.

Durante la sua carriera politica si è contraddistinto per la vicinanza ai valori dei Tea Party, e quindi all’estrema destra del partito. Contrario a qualsiasi restrizione in merito alle armi da fuoco e sostenitore della pena di morte, si è reso celebre per le sue crociate contro i diritti civili: da quelli delle donne a quelli delle persone non eterosessuali, passando per la politicizzazione dell’istruzione, DeSantis produce leggi a raffica per portare avanti la sua agenda.

La sua battaglia contro la comunità LGBTQ+ è quella che più l’ha reso celebre. DeSantis è il volto più noto dell’offensiva legislativa che il GOP ha scatenato contro le persone trans, andando a regolare cosa può essere detto e insegnato nelle scuole e università pubbliche. Le ultime leggi, partendo dalla famigerata Don’t Say Gay che ha cancellato qualsiasi menzione all’orientamento sessuale e all’identità di genere dai programmi di tutte le scuole dello stato, vieta i percorsi di affermazione di genere dei minori equiparandoli ad abusi parentali, consentendo allo stato di togliere i figli trans ai loro genitori. A scuola non si potranno più usare pronomi diversi da quelli associati al sesso determinato alla nascita, né si potrà consentire ai minori di assistere a spettacoli o eventi con drag queen, il che ha portato all’annullamento di diverse Pride Parade nello stato.

Il tentativo è quello di superare a destra Donald Trump, più caotico e volubile di DeSantis, che in più occasioni ha dimostrato non solo di portare avanti posizioni più estreme dell’ex Presidente, ma anche di essere molto più lucido e metodico nel farlo.

Le lotte anti-progressiste

In campo economico è un sostenitore della deregulation e di un forte alleggerimento della politica fiscale, prendendo spunto dalla guerra culturale lanciata dal partito. La sua posizione critica sul cambiamento climatico si è tradotta in una lotta senza quartiere alla finanza sostenibile, definita «woke capitalism». Accusata di imporre ai risparmiatori americani determinati tipi di investimenti, la finanza ESG (acronimo che identifica le tematiche ambientali, sociali e di buona governance) in realtà si limita a dare maggiori informazioni agli investitori affinché operino in maniera più consapevole, senza alcuna imposizione.

Imposizione che, invece, si concretizza in una delle ultime misure introdotte da DeSantis: il divieto per le istituzioni statali della Florida di investire nelle tematiche ESG. La cosa assume ulteriori sfumature considerando che, secondo un’indagine della testata di giornalismo investigativo The Lever, quei capitali e in particolare i fondi pensione dei dipendenti pubblici, sarebbero stati girati verso costosi fondi ad alto rischio controllati da finanziatori della sua campagna elettorale. DeSantis è consapevole che l’immagine del vecchio Repubblicano moderato e pro-business, come Mitt Romney o John Kasich, non funziona più. La battaglia per il cuore della base, infatti, si gioca tra estremi e lo sa.

Allora torna utile la crociata lanciata in Florida contro le cosiddette elite culturali, le università, i curriculum scolastici, le minoranze sessuali. La speranza è che questo basti alla base del partito per accettare un candidato pronto a proteggere in congresso gli interessi dei suoi finanziatori, e al contempo capace di dare sfogo alla rabbia del suo elettorato senza cadere nel caos rappresentato da Donald Trump.

La strategia per la nomination

L’ambiguità di Trump sui temi cari a DeSantis è la chiave per erodere il consenso dell’ex presidente. Non è infatti un buon segno che i leader dei movimenti evangelici per ora rifiutino di appoggiarlo alle primarie. La scelta di incolpare le posizioni del partito sull’aborto quale causa delle sconfitte alle scorse midterm – oltre al non saper rispondere se firmerà mai una legge che vieta l’aborto dopo sei settimane come quella in vigore in Florida – ha incrinato i rapporti di Trump con la destra religiosa, sebbene non li abbia interrotti in via definitiva.

Tutto si gioca sulla capacità dei candidati di portare alle urne la base del partito. Trump nel 2016 aveva nella classe media, bianca, rurale e senza laurea il suo elettorato principale, al quale presentarsi quale vendicatore contro le elite, incluse quelle del GOP, contro le quali alimentare un risentimento razziale e di classe.

DeSantis ha un approccio diverso. Il suo è sempre un conservatorismo della rabbia, ma il suo pubblico non è lo stesso. Parla a un elettorato Repubblicano suburbano e benestante, che vede il nemico più nei drag show che nella swamp di Washington. L’alleanza tra questo elettorato e la destra religiosa ha portato DeSantis a stravincere le elezioni in Florida.

La scommessa è che la prossima fermata sia la Casa Bianca.

Foto di copertina EPA/CRISTOBAL HERRERA-ULASHKEVICH

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