Il 1° dicembre è la Giornata Mondiale per la lotta all’AIDS, e nell’anno in cui la pandemia di Covid-19 ha perso ufficialmente la qualifica di emergenza sanitaria globale, è bene ricordare che altre epidemie (per alcuni, vere e proprie pandemie) continuano, e che solo con uno sforzo multilaterale possono essere affrontate in maniera efficace.
Nel caso dell’HIV, nel 2022 sono stati registrati circa 39 milioni di casi nel mondo, con un tasso di incidenza geograficamente disuguale (26 milioni nel continente africano). Se negli scorsi anni sono stati fatti enormi progressi nella lotta a questa malattia, però, lo stesso non si può dire di altre. Come il rapporto 2023 sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile riporta, la comunità internazionale è ben lontana dal realizzare l’Agenda 2030 in tempo. Per l’obiettivo 3 – buona salute e benessere – il tasso di incidenza di tubercolosi e malaria è aumentato negli ultimi anni, e le vaccinazioni infantili hanno subito una grossa battuta di arresto. Una costellazione di crisi – pandemie, cambiamenti climatici, perdita di biodiversità, inquinamento – e conflitti che non hanno risparmiato nessuna regione, compresa l’Europa, sono responsabili per questa mancanza di progresso.
Il nesso salute e pace
Le crescenti disuguaglianze, l’aumento delle rivalità e il deterioramento della fiducia tra le nazioni minacciano le fondamenta stesse del quadro multilaterale istituito per salvaguardare i beni pubblici globali. In questo contesto, assicurare che tutti godano di buona salute, uno dei beni pubblici vitali, è diventato ancora più impegnativo, ma allo stesso tempo, è sempre più essenziale come perno della pace mondiale. Dopotutto, il nesso tra salute e pace è presente nella costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) dal 1946. La pandemia di Covid-19 ha dimostrato come sistemi sanitari forti possano supportare la coesione e la fiducia tra diversi gruppi sociali, e nel 2021 l’OMS ha rilanciato la sua Global Health for Peace Initiative proprio in questa prospettiva.
Oltre alle agenzie ONU, anche altre iniziative multilaterali che operano per assicurare l’accesso alla salute nei contesti più fragili sono veicoli di coesione sociale e pace. Il Fondo Globale per la Lotta all’AIDS, alla Tubercolosi e alla Malaria ne è un esempio. Avviato dall’allora G8, su ispirazione del Segretario Generale ONU Kofi Annan, il modello operativo del Fondo Globale privilegia il partenariato tra stakeholder, il coinvolgimento dei governi nei paesi in cui opera, il finanziamento orientato ai risultati e la trasparenza. In questo modo, negli ultimi venti anni sono stati mobilitati 60 miliardi di dollari che hanno salvato 59 milioni di vite, dimezzando i tassi di mortalità di HIV/AIDS, tubercolosi e malaria.
Al di là di questi numeri, la storia del Fondo dimostra come la diplomazia sanitaria e la cooperazione internazionale possano disinnescare le tensioni e costruire ponti anche nelle regioni più conflittuali. Del resto, la malattia non conosce confini: anche paesi rivali hanno trovato, attraverso la piattaforma del Fondo Globale, un terreno comune. In sintesi, il Fondo Globale fa molto più che combattere le malattie; contribuisce al rafforzamento della pace. Il sostegno al Fondo Globale e a iniziative di salute globale simili quindi è un investimento strategico nella stabilità globale.
Da rimettere al centro delle politiche multilaterali
In questo momento storico in cui crisi non-sanitarie competono per l’attenzione dei decisori politici, è importante che le lezioni della pandemia di Covid-19 non vadano dimenticate. Il rischio di nuove pandemie scatenate da virus ancora sconosciuti rimane alto, ed è quindi importante che l’attenzione verso la preparazione alle pandemie continui – specialmente adesso che il Covid-19 non è più un’emergenza.
Questa preparazione non implica solo investire in ricerca scientifica, ma anche rafforzare sistemi sanitari vulnerabili e garantire l’accesso alla salute per tutti. Nel communiqué di Hiroshima di maggio 2023, i leader G7 si sono impegnati a continuare gli sforzi per evitare una nuova pandemia, ovvero rafforzare l’architettura della governance della salute globale, sviluppare le capacità produttive mediche, continuare la ricerca su nuovi patogeni e assicurare risorse finanziarie per la salute. Anche gli sforzi delle organizzazioni internazionali come il Fondo Globale, Gavi, l’Alleanza dei vaccini e la Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (CEPI) sono stati sottolineati, assieme al rinnovato supporto per il lavoro che conducono.
Nonostante il nesso tra salute e pace sia stato riconosciuto a livello di governance globale, il comunicato di Hiroshima ha affrontato i conflitti in corso e le problematiche di salute globale separatamente. Le sfide multidimensionali della nostra era, però, richiedono che i “silos concettuali” che hanno tradizionalmente separato la salute dalla politica estera e lo sviluppo dalla diplomazia, vengano superati. Per poter quindi porre davvero fine alle epi/pandemie ancora in corso e ritornare sulla strada del raggiungimento degli SDGs entro il 2030, è necessario un approccio integrato che riconosca l’interdipendenza tra salute, sicurezza e pace globale.
Impegnarsi per la Global Health for Peace Initiative e continuare a supportare le iniziative multilaterali di salute globale sarebbero passi iniziali significativi che i paesi del G7 potrebbero fare per affrontare alcune delle crisi in corso, rivitalizzando così lo spirito del multilateralismo.
foto di copertina EPA/IDREES MOHAMMED