Rassegna stampa africana: le divisioni nel continente sulla guerra in Ucraina

Pubblichiamo dei passaggi della rassegna stampa settimanale sull’Africa, curata da Jean-Léonard Touadi per RadioRadicale. È possibile ascoltare il podcast dal sito dell’emittente. Clicca qui per ascoltare

La notizia della prima settimana di marzo è il voto dell’Assemblea generale ONU, risoluzione contro la guerra in Ucraina, dove il continente africano si è dimostrato molto diviso.

Il voto: l’Africa in ranghi dispersi

Attraverso il voto all’Assemblea generale del 2 marzo le scelte africane si sono particolarmente differenziate e un lungo articolo di Le Point Afrique ne offre un’analisi. “È importante ricordare che le risoluzioni dell’Assemblea generale, contrariamente a quelle del Consiglio di sicurezza, non hanno carattere vincolante, ma un importante valore simbolico sul piano della politica internazionale. Se fino ad adesso sembrava difficile sondare gli umori dell’Africa, dopo il voto in sede ONU le divisioni sono evidenti per quanto concerne le strategie dei paesi africani nei confronti di Mosca”.

Soltanto 28 paesi africani hanno votato a favore della risoluzione e tra i 35 astenuti figurano Sudafrica, Mali, Mozambico, Repubblica Centrafricana, Angola, Algeria, Burundi, Madagascar, Namibia, Senegal, Sudan del Sud, Sudan, Uganda, Tanzania e Zimbabwe. Si sono astenuti paesi con importanti rapporti politici ed economici con Mosca e che, come il Mali e la Repubblica Centrafricana, sono interessati dalla presenza della compagnia russa di mercenari Wagner, a seguito del ritiro delle forze francesi. L’Angola, come il Mozambico, si è astenuta per lo storico supporto ottenuto durante le lotte contro la colonizzazione portoghese.

“In regola generale, più i legami con la Russia sono stretti sul piano economico, militare e politico e più le risposte africane sono suscettibili di essere moderate spiegano gli esperti”, riporta Le Point Afrique. “In altri casi l’attualità bruciante della guerra in Ucraina e soprattutto il ruolo della Nato ricorda ad alcuni le divisioni che hanno attraversato l’Unione africana per quanto riguarda la risoluzione del Consiglio di sicurezza del 2011 contro il regime di Gheddafi. Per molti Stati africani quella risoluzione del Consiglio di sicurezza aveva come scopo la protezione dei civili e invece è giunta al rovesciamento di Gheddafi, per cui il dibattito è ancora di attualità”. Per un’altra categoria di paesi africani ancora, “l’avvicinamento alla Russia è recente. Questi hanno quindi interesse a non rovinare i rapporti appena creati con la Russia e conseguentemente hanno optato per l’astensione dal voto”.

Per alcuni paesi, come il Senegal, la scelta di astenersi è giustificata dalla vecchia tradizione del non-allineamento. “Il Presidente della Repubblica del Senegal, esprimendo la sua grave preoccupazione di fronte alla situazione in Ucraina, ha anche riaffermato l’adesione del Paese al principio di non-allineamento e di regolamento pacifico dei conflitti”.

Una nota dell’articolo di Le Point viene dedicata all’assenza del Marocco dal voto, “che in un comunicato chiarisce di aver preso una decisione sovrana che non deve fare oggetto di alcuna interpretazione rispetto alla posizione del Regno sulla guerra tra Russia e Ucraina. Esprimendo la sua inquietudine e preoccupazione sull’evoluzione della situazione il Regno del Marocco fa uso del termine ‘escalation militare’ anziché ‘invasione’”. Inoltre, continua Le Point “il Regno del Marocco ricorda che nonostante la sua assenza, è forte il suo attaccamento al rispetto dell’integrità territoriale, della sovranità e dell’immunità nazionale di tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite, e al regolamento dei conflitti attraverso mezzi pacifici, secondo i principi del diritto internazionale”.

Sempre attinente alle dinamiche che ruotano attorno alla guerra e invasione russa in Ucraina, un reportage di The Guardian firmato da Lorenzo Tondo, riporta e racconta le discriminazioni di quanto sono stati oggetto i rifugiati non ucraini, con origini africane o mediorientali, che fuggivano dall’Ucraina e che cercavano di superare il confine con la Polonia. “Oltre a subire respingimenti al confine per le loro origini non ucraine, una volta entrati in Polonia alcuni rifugiati sono stati aggrediti da gruppi polacchi di estrema destra che hanno giustificato gli atti con notizie false che riferivano che questi rifugiati avrebbero aggredito delle donne, e derubato case”.

Gibuti: nido di spie e microcosmo del nuovo ordine mondiale

Affrontando sempre il tema delle presenze militari straniere in Africa, ci spostiamo in Gibuti, su cui il Daily Telegraph ha dedicato un articolo che racconta l’importanza strategica del piccolo stato del Corno d’Africa e di come questo sia luogo privilegiato dello spionaggio mondiale. “Questo paese di meno di un milione di abitanti e con la più alta densità di basi militari straniere al mondo, si è trasformato in un vero e proprio microcosmo del nuovo ordine mondiale.

Le spie pullulano e le vecchie potenze occidentali si stanno disputando le sfere di influenza di fronte a una crescente influenza della Cina, che ne ha fatto una delle porte della sua strategia della Belt and Road Initiative. Questo piccolo paese deve la sua importanza strategica alla sua posizione sullo Stretto di Bab El Mandeb – un braccio di mare di 25 km di largo che separa la penisola arabica dal Corno d’Africa e che porta al Canale di Suez – attraverso cui transita un terzo del traffico marittimo mondiale.

Il salto nel voto dell’Angola

Lasciamo le analisi dei rapporti tra Russia e Africa per andare in Angola, grazie al dossier della rivista Nigrizia curato da Luca Bussotti, e in cui si affronta il “salto nel voto” del paese, che si recherà alle urne in agosto. “Il paese della maledizione delle risorse vive un anno strategico. Un passaggio importante per capire se l’appena accennata transizione economica, che viaggia tuttavia ancora a ritmi troppo lenti, coincide anche con un passaggio delle leve del potere. Serve una scossa nell’acqua stagnante di un paese dalle forti disuguaglianze e dalla povertà che rimane endemica.

Segnali giungono dai giovani. Sono stati soprattutto loro ad organizzare le numerose manifestazioni di piazza che il paese ha registrato nel 2021 contro il malgoverno e la disoccupazione. Nel contesto africano l’Angola, un paese di 33 milioni di abitanti, affacciato sull’Atlantico ha sempre rappresentato al contempo un miraggio e una contraddizione. Il miraggio di una ricchezza traboccante di petrolio e diamanti, ma anche una contraddizione per via della diffusa povertà delle sue popolazioni”.

Jean-Léonard Touadi è funzionario FAO, docente di geografia dello sviluppo in Africa, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”

Foto di copertina EPA/JUSTIN LANE

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