Negli ultimi due anni, il mondo, e specialmente l’Europa, è stato travolto dalla prima crisi energetica globale. Tra i paesi europei, l’Italia si è trovata particolarmente esposta all’aumento dei prezzi dell’energia e al rischio di interruzioni a causa dell’eccessiva dipendenza dal gas (50% della generazione elettrica) e in particolare dal gas russo (40% delle importazioni nel 2021). Come conseguenza, la sicurezza energetica è tornata ad essere una priorità politica, al contrario della decarbonizzazione che sembra essere relegata come una priorità secondaria per il governo. Il nuovo contesto energetico ed internazionale richiede, tuttavia, un ripensamento della politica energetica nazionale, con l’obiettivo di trovare un nuovo approccio e nuovi modi per riconciliare sicurezza energetica ed il raggiungimento dei target climatici.
Di fronte all’aumento dei prezzi dell’energia, il governo ha allocato 92.7 miliardi di euro in misure di sostegno attraverso sussidi universali. Tale approccio non può però essere considerato una strategia perseguibile nel lungo periodo per contrastare la volatilità dei prezzi. Infatti, l’Italia deve fare i conti con le proprie debolezze e limiti fiscali. Sarebbe opportuno, invece, sviluppare una strategia per allocare fondi nel modo più efficiente possibile, proteggendo i gruppi più vulnerabili, ed investire nella transizione. Emerge, dunque, la necessità di creare una strategia relativa agli investimenti necessari per la trasformazione industriale italiana ed europea.
La sfida delle rinnovabili
Nonostante le sfide, la crisi energetica ha permesso alla decarbonizzazione di guadagnare un ruolo importate per l’aumento della sicurezza energetica, riducendo la dipendenza delle importazioni di fonti fossili. Tuttavia, la diffusione delle rinnovabili deve affrontare numerose sfide, a partire dalle procedure burocratiche, che hanno storicamente rallentato la loro diffusione. Alla luce della guerra, però, il governo ha preso alcune misure per ridurre i tempi dei permessi e sbloccare progetti, ottenendo alcuni risultati positivi (+3 GW nel 2022).
I finanziamenti e le infrastrutture rappresentano ulteriori sfide a una rapida diffusione delle rinnovabili, storicamente influenzata anche dalla presenza o meno di generosi sussidi. Le limitate capacità fiscali impongono all’Italia di investire in modo efficiente dal punto di vista dei costi, mentre è necessario garantire una governance adeguata e coordinata per una transizione rapida e giusta. Infine, l’espansione delle reti sarà essenziale: la maggior parte degli impianti rinnovabili proposti, infatti, sono situati principalmente al sud lontane dalle basi di consumo (al nord). Su questo, l’Italia deve superare storici rallentamenti e opposizioni ai diversi progetti infrastrutturali.
In aggiunta, l’Italia si deve muovere in un contesto dove la sicurezza energetica e la diversificazione sono tornate a essere un aspetto cruciale della politica energetica, mentre la riconfigurazione dei flussi energetici, a seguito della guerra, ha ridato centralità ai paesi mediterranei. Quest’ultimi presentano vantaggi comparativi, ma devono ancora affrontare diverse sfide che ostacolano il loro potenziale di esportazione verso l’Italia.
In ogni caso, il governo ha espresso chiaramente l’ambizione di rendere l’Italia un hub energetico e ponte tra l’Europa e l’Africa. Per raggiungere questo obiettivo, il nostro Paese dovrebbe espandere le proprie infrastrutture energetiche sia nazionali che internazionali, tenendo conto anche dell’evoluzione della domanda di gas nell’UE – che è prevista diminuire del 35-52% entro il 2030, a seconda dello scenario, per raggiungere gli ambiziosi impegni climatici europei. L’Italia deve considerare, infine, le preferenze degli altri Paesi europei sulle rotte di importazioni: i Paesi del Nord Europa, come la Germania, hanno costruito e ampliato la loro capacità di rigassificazione del GNL.
Sicurezza energetica e sostenibilità nel settore del gas naturale
Poiché l’Italia punta a conquistare una posizione geopolitica grazie al gas naturale – che rimane cruciale per il mix energetico italiano, come sottolineato dal nuovo Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) – è essenziale sviluppare una strategia per conciliare la sicurezza energetica e gli obiettivi climatici anche in questo campo.
In primo luogo, nella ricerca di gas non russo, si dovrebbe perseguire una flessibilità in termini di infrastrutture e contratti che evitino un’eccessiva rigidità e clausole di destinazione. Questo consentirebbe di reindirizzare i flussi di gas dove è molto più necessario nel lungo periodo per gli obiettivi climatici (ad esempio in Asia per sostituire le centrali elettriche a carbone), evitando i rischi di carbon lock-in e di stranded assets.
Un’altra strategia da perseguire è certamente promuovere la riduzione delle emissioni di metano, poiché comporta un immediato contributo alla lotta al cambiamento climatico e un aumento della liquidità del mercato. Tale strategia può anche contribuire a rendere l’Italia un ponte tra gli obiettivi climatici dell’Europa e gli interessi economici e ambientali del Nord Africa.
Il nuovo regolamento europeo sulle emissioni di metano – che prevede misure sia per il mercato interno sia per le importazioni – fornisce un’importante cornice d’azione. L’Italia potrebbe sfruttare sia le sue relazioni di lunga data sia il suo ruolo di monopsonio per il gas di Algeria e Libia per promuovere standard di metano più elevati in questi Paesi. Ciò sarebbe vantaggioso anche per quest’ultimi, che altrimenti perderebbero quote di mercato nei loro mercati principali. In tal senso, la cooperazione bilaterale e tecnica a diversi livelli è necessaria e possibile.
Promuovere lo sviluppo dell’idrogeno
Infine, l’idrogeno può contribuire alla decarbonizzazione delle molecole e di alcuni settori. L’Italia, e l’UE nel suo complesso, dovrebbero promuovere lo sviluppo dell’idrogeno in modo strategico, dando priorità ai settori in cui altre soluzioni tecnologiche non sono praticabili.
L’idrogeno fornisce anche opportunità di cooperazione nella regione Euromediterranea, che è caratterizzata da una complementarità in termini di scambi commerciali. Ciononostante, permangono alcune sfide allo sviluppo dell’idrogeno (soprattutto per i progetti orientati all’esportazione) nei Paesi del Nord Africa. Queste riguardano principalmente la modesta capacità installata di fonti rinnovabili in questi Paesi e l’assenza di standard e sistemi di certificazione reciprocamente concordati che riflettano le ultime scoperte scientifiche.
L’Italia, insieme all’UE, dovrebbe dunque promuovere un uso sostenibile dell’idrogeno, favorendo e sostenendo innanzitutto la decarbonizzazione dei sistemi energetici nazionali dei Paesi produttori, per poi creare opportunità di esportazione. In questo modo, i Paesi nordafricani potrebbero sviluppare l’idrogeno per decarbonizzare le proprie industrie ad alta intensità energetica, al fine di creare più valore aggiunto, superare le sfide del commercio internazionale, perseguire politiche industriali verdi e ridurre la loro esposizione al Meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM) istituito dall’UE.