Per il Sudafrica, Israele ha violato la Convenzione sul genocidio: la parola alla Corte internazionale di giustizia

Il Sudafrica ricorre alla Corte internazionale di giustizia per le violazioni da parte di Israele, nella Striscia di Gaza, della Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio del 1948 (application). Per Pretoria, Israele, nella risposta agli attacchi del gruppo terroristico Hamas del 7 ottobre 2023, avrebbe commesso diversi crimini, inclusi atti configurabili come genocidio (anche sotto il profilo della prevenzione e della punizione) e così ha chiesto alla Corte internazionale di giustizia di intervenire e, in primo luogo, di disporre misure provvisorie nei confronti di Israele proprio al fine di proteggere la popolazione palestinese e di garantire il rispetto degli obblighi convenzionali da parte di Tel Aviv. Per il Sudafrica sono stati compiuti atti, nonché omissioni, con l’intento specifico di distruggere un gruppo di palestinesi, residenti a Gaza, con un rischio di danni irreparabili per il gruppo e di impunità per gli autori di crimini.

Per il Sudafrica, che ha richiamato diverse dichiarazioni rese dalle autorità israeliane dalle quali è emersa una retorica genocidiaria, la competenza della Corte internazionale di giustizia è da rinvenire nell’articolo 36, paragrafo 1 dello Statuto della Corte e nell’articolo IX della Convenzione sul genocidio, ratificata sia da Israele sia dal Sudafrica che, proprio in ragione del fatto di essere vincolato alla Convenzione, ha deciso di rivolgersi alla Corte internazionale di giustizia. Inoltre, il Governo sudafricano ha ricordato che il divieto di genocidio è contenuto in una norma di ius cogens e sussiste un obbligo erga omnes per impedire la realizzazione di atti di genocidio. Questo quadro normativo, per il Sudafrica, giustifica il ricorso alla Corte. Israele, dal canto suo, ha respinto (MFA response to South African appeal to the CIJ) come oltraggiose le accuse di violazione della Convenzione e della commissione di atti di genocidio, sostenendo di aver adottato diverse misure per ridurre il numero di vittime tra i civili (misure, evidentemente, fallimentari, considerando l’alto numero di vittime anche tra bambini).

Le prime udienze si terranno all’Aja l’11 e il 12 gennaio 2024. Resta da vedere se la strategia giudiziaria del Sudafrica potrà avere risultati anche concreti: certo, la richiesta delle misure provvisorie permetterà al Sudafrica di ottenere una pronuncia in tempi rapidi, seppure non di merito, perché la Corte deve unicamente verificare se, prima facie, sussista la propria competenza al fine dell’adozione di queste misure, senza che l’ordinanza su tale richiesta possa pregiudicare la questione della giurisdizione sul merito. Resta poi da vedere se, qualora la Corte dovesse adottare le misure provvisorie, Tel Aviv darà seguito all’ordinanza della Corte. Non si può dire che, in casi analoghi, vi siano stati risultati favorevoli: la Corte internazionale di giustizia ha già adottato misure provvisorie nel caso Ucraina contro Russia, con l’immediata richiesta di cessazione delle operazioni militari rivolta a Mosca (ordinanza del 16 marzo 2023, Ucraina c. Russia), nel caso Gambia contro Myanmar (ordinanza del 23 gennaio 2020, Gambia c. Myanmar), nel caso Armenia c. Azerbaijan (ordinanza del 22 febbraio 2023Armenia c. Azerbaijan): in nessuna di queste vicende gli Stati “sconfitti” hanno eseguito le misure imposte dalla Corte. L’eventuale ordinanza della Corte rischia così di avere un valore puramente simbolico e politico, seppure molto rilevante anche per il posizionamento dell’opinione pubblica e degli Stati che oggi supportano con armi Israele.

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