“Non ci fermeranno”, si legge sulla petizione – 29 mila firme da 123 paesi – lanciata dal Pride di Belgrado poco dopo che il presidente serbo, Aleksandar Vučić, ne aveva annunciato la cancellazione apportando motivazioni assai pretestuose come la crisi in Kosovo e quella energetica, ma in realtà cedendo alle pressioni dell’estrema destra e della chiesa ortodossa che per giorni hanno manifestato contro l’EuroPride.
La svolta di Vučić
Una svolta radicale e opposta alla lettera di sostegno per la candidatura di Belgrado a ospitare l’EuroPride nel 2022 inviata nel 2019 dalla la premier serba Ana Brnabić, lesbica dichiarata, in cui si legge: “Con questo sostegno, voglio sottolineare la determinazione del governo a combattere le discriminazioni e a riaffermare il nostro obiettivo di costruire una società migliore e più equa per tutti. Il governo da me guidato è impegnato a garantire il pieno rispetto dei diritti umani di tutti i cittadini e con la presente promettiamo di aiutare il team organizzativo del Pride di Belgrado a garantire un’organizzazione sicura e di successo dell’EuroPride a Belgrado nel 2022”.
I Pride a Belgrado erano già stati vietati per quattro volte – nel 2009, 2010, 2011 e 2012 -, ma la Corte costituzionale aveva dichiarato quelle decisioni incostituzionali. Inoltre, il divieto di organizzare i Pride è stato giudicato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo una violazione degli articoli 11, 13 e 14 della Convenzione europea, che la Serbia è tenuta a rispettare in quanto Stato membro del Consiglio d’Europa.
Il divieto è stato comunque confermato dal ministero dell’interno, ma gli organizzatori non si sono arresi e così, venerdì 16 settembre, una delegazione di attivisti europei è volata a Belgrado per consegnare al governo serbo le firme della petizione che chiedeva di sostenere il Pride e proteggere i partecipanti.
Il bilancio dell’Europride di Belgrado
La solidarietà internazionale ha sostenuto la determinazione degli organizzatori che si sono rivelati degli abili negoziatori. Le pressioni dell’Unione Europea, del Consiglio d’Europa e di vari governi con la Germania in prima linea, hanno fatto il resto: il 17 settembre, giorno della parata, la premier serba ha annunciato che il corteo si sarebbe svolto alle 17 secondo i piani e ha dato garanzie sulla sicurezza durante lo svolgimento dell’evento.
I manifestanti nazionalisti ostili all’Europride hanno tentato di bloccare la partecipazione di alcuni dei partecipanti, hanno aggredito alcuni reporter e si sono scontrati con la polizia, che aveva dispiegato forze imponenti (5.200 agenti di polizia in assetto anti-sommossa), ma non paragonabili a quelle che avevo visto impiegare nel 2014, quando gli agenti erano armati di mitragliatrici e c’erano persino dei carri armati in strada. In tutto ci sono stati 64 arresti, 10 poliziotti sono rimasti leggermente feriti e cinque veicoli delle forze dell’ordine sono stati danneggiati. Tuttavia, la manifestazione si è comunque svolta pacificamente, salvo un piccolo gruppo di contestatori infiltratisi nel corteo, brandendo croci e icone religiose.
La parata, che ha visto la partecipazione di alcune migliaia di persone, è partita dalla Corte costituzionale e si è conclusa allo stadio del parco Tasmajdan dove si è svolto il concerto finale e da dove i manifestanti non sono usciti finché i disordini in città sono tornati sotto il controllo delle forze dell’ordine. Tuttavia, alcuni gruppi di estrema destra hanno aggredito alcune persone Lgbti+ che stavano rientrando dopo l’EuroPride.
La disinformatia
Ma perché, dopo anni di pride pacifici, si è tornati a questi livelli di tensione?Alcuni sostengono che il presidente Vučić abbia voluto distogliere l’attenzione dall’accordo con il Kosovo per stemperare le tensioni che avevano già provocato scontri alla frontiera in agosto. Ma, al di là delle possibili strategie politico-comunicative del presidente, il dato più rilevante è l’azione di disinformazione organizzata dalla Russia, soprattutto attraverso i canali della Chiesa ortodossa, molto legata al patriarca di Mosca Cirillo I e con grande capacità di mobilitazione.
La politicizzazione della chiesa ortodossa è risultata evidente anche durante il corteo: l’unica chiesa incrociata dai manifestanti ospitava infatti una contro-manifestazione e ha suonato le campane in segno di protesta contro l’EuroPride e costringendo la polizia a intervenire, realizzando un cordone intorno all’edificio.
Ma le autorità religiose sono arrivate anche al vero e proprio incitamento alla violenza, quando il vescovo ortodosso della regione del Banato, Nikanor Bogunovic, ha affermato : “Maledirò tutti coloro che organizzano e partecipano a una cosa del genere. E’ quanto posso fare. Se avessi una pistola, la userei, userei questo potere se ce l’avessi, ma non ce l’ho”.
Euroscetticismo crescente a Belgrado
Queste posizioni trovato un certo terreno fertile in alcuni ministri – come quello dell’Interno, Aleksandar Vulin, notoriamente filo-russo – e in un crescente euroscetticismo. Per la prima volta, quest’anno, la maggioranza dei serbi si è detta contraria all’ingresso del loro Paese nell’Ue, nonostante la Serbia sia economicamente molto più legata all’Europa che non alla Russia, fatta eccezione per la dipendenza dal gas russo.
Ancora una volta è evidente come oggi, in tutta Europa, si stia svolgendo uno scontro valoriale fondamentale. Da una parte i valori democratici e liberali, per una società aperta e rispettosa dei diritti umani universali e dall’altra il sovranismo reazionario e oscurantista.
*L’autore è senior campaign manager dell’associazione internazionale All Out e ha partecipato all’Europride di Belgrado del 17 settembre scorso
Foto di copertina EPA/ANDREJ CUKIC