Next Generation EU: uno strumento unico e irripetibile?

Gli atti costitutivi del NextGenerationEU (NGEU) ne sottolineano la natura eccezionale e temporanea; ma, oltre che eccezionale e temporaneo, il NGEU è anche uno strumento unico e irripetibile?

NGEU: difficile riproporlo ma non impossibile

Si tende a ritenerlo tale per ragioni di carattere politico: mancherebbe, allo stato attuale dell’Unione, il consenso necessario per replicarlo e renderlo permanente. Spesso, alla ragione politica se ne aggiunge anche una giuridica: il consolidamento in futuro di qualche cosa di simile al NGEU non sarebbe giuridicamente fattibile senza una previa modifica (sempre molto problematica) degli attuali Trattati.

Questa tesi appare senz’altro condivisibile se si ipotizza la creazione di una capacità fiscale stabilmente accentrata a livello europeo e caratterizzata dall’attribuzione all’Unione di un suo autonomo potere impositivo, di indebitamento e di spesa. Non c’è dubbio che a questo fine si renderebbe necessaria una robusta revisione dei Trattati. Si tratterebbe infatti di far compiere un salto costituzionale all’integrazione europea, alla stregua di una costruzione propriamente federale. Tuttavia, è poco realistico supporre la fattibilità di un’operazione del genere, almeno in tempi ravvicinati.

Qui però interessa un’ipotesi diversa, sperabilmente più realistica: non la trasformazione del NGEU in uno strumento permanente di tipo federale, quanto piuttosto una sua riproposizione con caratteristiche analoghe; vale a dire, la creazione di una capacità fiscale dell’Unione giustificata, di volta in volta, da circostanze eccezionali e con un’efficacia limitata nel tempo. Di qui l’interrogativo se il NGEU costituisca una vicenda unica e irripetibile o possa trovare successive ripetizioni; e se, in tal caso, sia richiesta o meno una revisione dei Trattati.

Esistono dei precedenti

Osserviamo subito che il NGEU è stato varato senza modificare i Trattati, con atti di legislazione secondaria fondati su poteri normativi attribuiti all’Unione. È bensì vero che questi atti ribadiscono essere l’attuale pandemia la circostanza giustificativa del NGEU, e non c’è dubbio il carattere eccezionale della medesima. Ma è lecito dubitare della sua unicità. Il Covid-19 potrebbe essere seguito da altre pandemie, o protrarsi al di là dei limiti temporanei del NGEU. In tal caso, non si vede perché non si possa riproporre uno strumento simile al NGEU, senza passare attraverso una revisione dei Trattati.

Il discorso che così si apre trova una solida base normativa nell’art. 122 TFUE. Questa norma abilita l’Unione a intervenire al verificarsi di eventi eccezionali, adottando le misure adeguate alla situazione economica, compresa un’assistenza finanziaria agli Stati membri. Il Covid-19 rientra certo fra le circostanze previste dall’art. 122, e difatti a questa norma si riferisce uno degli atti costitutivi del NGEU. Ma l’art. 122 ha una portata palesemente più ampia. La menzione ivi di calamità naturali, crisi energetiche e difficoltà finanziarie, che sfuggono al controllo degli Stati, appare esemplificativa di altri eventi suscettibili di giustificare un intervento a livello europeo.

Questa lettura dell’art. 122 trova conferma in due casi, precedenti il NGEU, in cui si è fatto ricorso a questa norma. Una prima volta è avvenuto nel 2010 con l’istituzione del MESF (Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria), al tempo della grave crisi economica e finanziaria degli anni 2008-2013 (regolamento 407/2010 dell’11 maggio 2010). Un secondo caso è costituito dal SURE (Sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione nello stato di emergenza), una recente misura del pacchetto anti Covid (regolamento 2020/672 del 19 maggio 2020). In entrambi i casi l’Unione è stata autorizzata a indebitarsi sul mercato per sopperire, con i fondi così raccolti, a problemi vuoi finanziari vuoi occupazionali degli Stati membri.

Come si vede, di fatto il NGEU non può considerarsi come qualche cosa di unico. È stato preceduto e, allo stesso modo, potrà essere seguito da strumenti analoghi. La gamma di circostanze eccezionali che ne legittimano il ricorso è decisamente ampia, come risulta già dall’art. 122. Ma può andare anche al di là delle calamità naturali, crisi energetiche e finanziarie ivi previste, estendendosi a settori quali ambiente, tecnologie avanzate, formazione, come pure alla sfera dei beni pubblici europei.  Deve trattarsi comunque di circostanze alle quali gli Stati non sono in grado di far fronte a livello nazionale; l’intervento dell’Unione ha carattere suppletivo, nel rispetto del principio di sussidiarietà.

Per nuove iniziative: guardare ai trattati

Non va tuttavia trascurato che, al pari del NGEU, future iniziative autorizzate dall’art. 122 dovranno conformarsi anche ad altre norme dei Trattati. Questo vale, in particolare, per gli articoli 310, par. 1 e 4 TFUE e 311, par. 2 e 3 TFUE. Il par. 1 dell’art. 310 stabilisce che nel bilancio dell’Unione entrate e uscite devono essere in pareggio; il successivo par. 4 richiede che l’Unione sia sempre dotata dei mezzi necessari per far fronte alle sue obbligazioni. Questi due requisiti dell’art. 310 sono riaffermati, il primo, nell’art. 17 par. 2 del Regolamento Finanziario UE e il secondo nell’art. 323 TFUE. Venendo all’art. 311 TFUE, il suo par. 2 precisa che, fatte salve altre entrate, il bilancio dell’Unione è finanziato integralmente con risorse proprie; il par. 3 fissa poi una procedura aggravata per l’introduzione di nuove risorse.

Le norme ora ricordate assumono speciale rilievo se, come avvenuto con il NGEU, anche simili futuri strumenti fossero finanziati con l’emissione sul mercato di titoli di debito dell’Unione. Il che è abbastanza prevedibile visto l’apporto ancora limitato di autonome entrate di carattere fiscale. Nel caso, dunque, di indebitamento sul mercato, occorre distinguere a seconda di come le risorse così raccolte vengono poi erogate. Se questo avviene con la concessione di prestiti, l’operazione può essere interamente basata sull’art. 122. Non si pongono infatti problemi con riguardo ai requisiti dell’art. 310 par. 1 e 4, dato che i debiti dell’Unione sul mercato trovano immediata contropartita nei crediti verso gli Stati beneficiari (oltre che nel patrimonio UE nel caso di insolvenze statali). Per contro, se si tratta non di prestiti ma di erogazioni gratuite (doni), allora non basta più l’art. 122. Si crea infatti una scopertura di bilancio, che deve essere sanata con il ricorso anche alla procedura dell’art. 311 par. 3.

Non a caso, solo sull’art. 122 si basa il SURE, che prevede unicamente la concessione di prestiti. Per il NGEU si è dovuto invece ricorrere anche all’art. 311, oltre all’art. 122, proprio perché il NGEU prevede l’erogazione di doni e non solo di prestiti. La diversità delle basi normative non è di poco conto, dal momento che il Consiglio delibera a maggioranza qualificata ai sensi dell’art. 122, mentre l’art. 311 richiede una procedura aggravata: decisione unanime del Consiglio e successiva ratifica dei parlamenti nazionali di tutti gli Stati membri.

Bisogna aspettare i risultati del NGEU

Torniamo al quesito iniziale. Il NGEU non è destinato necessariamente a rimanere un’esperienza unica e irripetibile. Altre circostanze eccezionali, al pari del Covid, possono giustificare il ricorso al medesimo modello, senza necessità di modificare i Trattati. Lo permette la base normativa fornita dall’art. 122 TFEU, che ha legittimato l’adozione del SURE, ancor prima del NGEU.

È ben chiaro che si tratta di operazioni realizzate di volta in volta per far fronte a specifiche necessità e con una efficacia vincolata nel tempo. Nondimeno, pur con questi limiti, esse consentono di creare una capacità fiscale in capo all’Unione, finanziabile con debito comune, suscettibile di ripetizioni nel tempo e compatibile con gli attuali Trattati: in piena coerenza con il principio di sussidiarietà, che abilita l’Unione a intervenire quando gli Stati membri non sono in grado di farlo.

Non sfugge tuttavia che una cosa è la fattibilità giuridica di successive ripetizioni del NGEU, altra è la loro concreata realizzabilità sul piano politico. Una qualsiasi capacità fiscale centralizzata genera sospetti di trasferimento a debito comune di oneri di cui si dovrebbero far carico i singoli Stati. Di qui il rischio di comportamenti opportunistici da parte di Stati meno sensibili ai vincoli di bilancio in danno di quelli che lo sono di più.

Molto dipenderà, a superare i sospetti e rischi ora evocati, dai risultati del NGEU. Se funzioneranno i rigorosi controlli sui fondi erogati agli Stati beneficiari, se si avrà un trend di crescita del reddito complessivo dell’Unione e nel contempo di sostenibilità dei debiti nazionali, allora non dovrebbero frapporsi ostacoli insuperabili alla riproposizione del NGEU. È una prospettiva realistica? Tocca in special modo agli Stati maggiormente beneficiari del NGEU (il nostro fra tutti) a renderla tale.

Foto di copertina EPA/Robert Ghement

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