Vi è da domandarsi se i leader dei paesi NATO riuniti al vertice di Vilnius della sorsa settimana, fossero stati messi al corrente del fatto che nel comunicato finale dell’incontro si sia ribadito, senza alcun cambiamento, il duro linguaggio nei confronti del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari TPNW (Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons) già adottato dall’Alleanza nel 2021 al vertice di Bruxelles.
È noto che il TPNW, entrato in vigore nel 2021, proibisce il possesso, uso, stazionamento all’estero delle armi nucleari. Firmato da 92 e ratificato da 68 paesi, esso è osteggiato da tutti gli Stati che posseggono l’arma nucleare o si trovano sotto “l’ombrello” di una potenza nucleare. Tra essi i membri della Nato si sono trovati sinora in prima linea nell’osteggiare il Trattato anche se esso, pur essendo in vigore, non potrà essere applicato effettivamente senza l’ adesione degli Stati che posseggono l’arma nucleare.
Il controllo degli armamenti e la Nato
Occorre premettere anzitutto che, pur essendo un’alleanza militare, la Nato ha mantenuto sin dal 1967 (Rapporto Harmel) un occhio di particolare riguardo per le questioni della non proliferazione e del controllo degli armamenti. Il risultato più egregio fu il Trattato INF (Intermediate Nuclear Forces) in virtù del quale Russi e Americani ritirarono e distrussero centinaia di missili a raggio intermedio in loro possesso. Il processo fu avviato in ottemperanza ad una “doppia decisione” adottata dalla Nato nel 1979: lo spiegamento di nuove armi nucleari in Europa proponendo in parallelo un negoziato con i russi per la loro eliminazione.
L’atteggiamento atlantico contrario al nuovo Trattato si manifestò sin dall’inizio del suo negoziato nel 2017: tutti i Paesi Nato si sottrassero all’obbligo di partecipare a tale trattativa. Fecero eccezione soltanto i Paesi Bassi che vi presero parte pur sapendo di essere isolati e di non potere da soli far valere gli argomenti dei paesi atlantici. Un’altra occasione perduta fu il rifiuto di paesi Nato di partecipare come osservatori alla prima Conferenza degli stati parte al TPNW tenutasi a Vienna nel gennaio di quest’anno. In questo caso le voci dissenzienti furono più numerose.Oltre all’Olanda anche Norvegia ed paesi candidati Svezia e Finlandia vi parteciparono come osservatori. A loro si unì, significativamente, anche la Germania.
Nonostante i cambiamenti epocali avvenuti dal 2021 ad oggi, la Nato non ha ritenuto di aggiornare il suo linguaggio anche se le obiezioni che essa formulò due anni orsono sono in gran parte superate. Non è stato il TPNW ad aver posto a rischio la pace e la sicurezza internazionale, né esso ha acquisito, come paventato allora, lo status di norma consuetudinaria. Il fallimento della Conferenza di riesame del Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP) di quest’anno non è imputabile al TPNW, ed i Paesi che hanno aderito a quest’ultimo si sono astenuti dal porre in rilievo le discrepanze, che pure esistono,tra il TPNW ed il TNP. Tutti riconoscono oggi che la priorità numero uno è quella di ridurre il rischio dell’uso dell’arma nucleare e di condannare la minaccia del suo uso.
Scenari futuri sulla proibizione
Il mantenimento di un’ostilità dogmatica contro un accordo che trova un ragguardevole sostegno tra membri della comunità internazionale mal si concilia con la ricerca di appoggi nei confronti delle sanzioni promosse dai paesi atlantici nei confronti della Federazione russa a seguito dell’aggressione dell’Ucraina. A Vilnius si sarebbe potuto aggiustare il tiro sul TPNW: ci si è limitati a sfondare una porta aperta. Un risultato analogo è emerso dal recente vertice G7 che per essersi tenuto simbolicamente nella città martire di Hiroshima ha condotto a risultati in campo nucleare decisamente deludenti.
In vista delle prossime scadenze internazionali, quali l’imminente avvio del processo di riesame del Trattato di Non Proliferazione, il vertice G20, la Prima Commissione dell’Assemblea dell’ ONU dedicata al Disarmo e successivamente la seconda riunione degli stati parte del TPNW (in cui si riproporrà la questione degli osservatori), è necessario che gli Stati occidentali rivedano e aggiornino la loro politica declaratoria nei confronti dei principali temi del controllo degli armamenti ed in particolare verso il TPNW.