Un dubbio sui missili russi nel porto di Odessa

Venerdì 22 luglio è stato formalmente e solennemente annunciato l’accordo tra Kyiv e Mosca, mediato da Erdogan, per lo sblocco del traffico navale dei mercantili carichi di grano in partenza dall’Ucraina.

Sabato mattina due missili Kaliber, lanciati presumibilmente da sommergibili russi nel Mar Nero, hanno colpito le infrastrutture portuali di Odessa, mentre altri due, secondo il comando ucraino sono stati abbattuti dalla Difesa Aerea di Kyiv.

Immediate le reazioni che hanno denunciato il cinismo del Cremlino, che smentisce nei fatti un accordo sottoscritto solo 24 ore prima. Come si può spiegare un simile comportamento?

Qualcuno parla di un messaggio politico intimidatorio, nel senso che Mosca affermerebbe nei fatti che su qualsiasi accordo penderebbe sempre la minaccia della spada di Damocle della potenza militare russa e potrebbe in ogni momento essere vanificato, se venisse ritenuto non in linea con il proprio interesse strategico.

Francamente questa lettura appare assai fragile in quanto scoraggerebbe qualsiasi ulteriore tentativo di cercare compromessi che ponessero fine, o almeno mitigassero, il conflitto in atto.

Potrebbe esserci un’altra spiegazione che può apparire altrettanto fantasiosa e poco realistica, ma che vale la pena di essere citata. Si potrebbe infatti immaginare uno scollamento fra la direzione politica del conflitto e la gestione operativa dello stesso: in altre parole, l’accordo negoziato a livello dei ministeri degli esteri potrebbe essere stato notificato in ritardo al comando delle operazioni, che avrebbe continuato nell’esecuzioni di piani già elaborati e consolidati. Se questa fantasiosa ipotesi trovasse qualche conferma, ci si troverebbe in una situazione assai pericolosa di difetti nella capacità di controllo delle forze armate da parte del potere politico. Certamente non è così, ma il dubbio rimane, in attesa di avere altre spiegazioni più razionali.

Foto di copertina EPA/ODESA CITY HALL PRESS OFFICE

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