Visto da Parigi: il ‘Mattarella bis’ per dare continuità al progetto europeo

C’è qualcosa di particolare dietro le congratulazioni del presidente Emmanuel Macron a Sergio Mattarella per la sua rielezione al Quirinale. C’è l’eccellente relazione con la persona che, con riservatezza ed efficacia, ha contribuito a risolvere la crisi diplomatica del febbraio 2019, quando Eliseo e Quai d’Orsay disposero il richiamo “per consultazioni” dell’ambasciatore francese a Roma, al culmine di quella che fu allora definita da Parigi “une situation grave, qui n’a pas de précédent depuis la fin de la guerre”.

Era l’epoca del viaggio degli esponenti di un partito di governo, il M5S, in Francia per incontrare i gilets jaunes, in piena rivolta, e la tensione bilaterale avrebbe potuto tradursi in una spirale di ripicche. Macron non ha dimenticato che, grazie a Mattarella, l’incidente si è risolto senza danni.

Dialogo aperto con Chigi

Ma c’è anche molto più di questo dietro l’attuale, certamente sincera, soddisfazione dell’Eliseo. C’è il sollievo di sapere che – salvo sorprese – non ci sarà alcuna crisi politica a Roma nel semestre della Pfue (Présidence française de l’Union européenne), in corso fino al prossimo 30 giugno. Macron fa grande affidamento sul suo dialogo con Mario Draghi, la cui permanenza a Palazzo Chigi conta per l’Eliseo e per il governo di Parigi almeno quanto quella di Mattarella al Quirinale. In realtà, dal punto di vista francese, Mattarella e Draghi sono un binomio compatto, solido, rassicurante per l’Europa intera. Proprio rispetto all’Europa, Francia e Italia hanno una chiara convergenza d’interessi su alcuni dossiers altamente sensibili, a cominciare da quello delle future intese in materia finanziaria.

L’indebitamento in comune

I membri dell’Unione, e in primo luogo quelli dell’Eurozona, devono mettere a punto i piani dell’ ‘atterraggio morbido’ sul pianeta della normalità: voltata (prima o poi) la pagina dell’emergenza, si tornerà o no alle logiche e ai dettami del vecchio Patto di stabilità? Francia e Italia sono tra i Paesi che più si sono indebitati nei due anni del Covid e solo l’armonia comunitaria può evitare che da lì emerga una spirale di problemi potenzialmente destabilizzanti. Queste discussioni coincidono col semestre della presidenza francese, che fa dunque affidamento sulla collaborazione con l’Italia e sul contributo personale di chi – come Mario Draghi – conosce alla perfezione i meccanismi (e anche le astuzie) dell’impalcatura finanziaria europea.

È chiaro che tutti i progetti comunitari per il dopo emergenza passano per il dialogo con Berlino. Si avvicinano giorni cruciali, in cui l’alba del governo tedesco coincide col crepuscolo di quello francese: in aprile Macron mette in gioco il proprio mandato e in giugno la Francia rinnoverà l’Assemblea nazionale. In questo contesto, la stabilità italiana, scaturita dal voto del 29 gennaio a Montecitorio, fa tirare a tanti un bel sospiro di sollievo.

Il ‘nocciolo duro’ dell’Unione

Una delle scadenze immediate, volute e annunciate da Macron, è il vertice straordinario dell’Unione europea che si terrà a Bruxelles dal 10 all’11 marzo. Una riunione (in presenza) destinata, secondo le parole di Macron, a “définir le nouveau modèle de croissance européen”. Sarebbe ben difficile definire un modello di crescita comune senza accordarsi sui problemi connessi al debito e al deficit della finanza pubblica. A maggior ragione se si considerano le promesse di Macron, secondo cui “il nous faut définir ensemble ce que sera l’Europe de 2030”. Se queste sono le ambizioni, è meglio cercare la coesione di un “nocciolo duro” dell’Unione, composto in particolare da Germania, Francia, Italia e Spagna.

Il Quirinale visto dai media francesi

Detto tutto ciò, è infine opportuno fare qualche considerazione sul modo in cui i media francesi hanno seguito le elezioni presidenziali italiane. Non si tratta di considerazioni esaltanti, visto che – se osserviamo le radio, le tv e i giornali in edicola – lo spazio dato a questa vicenda è piuttosto ridotto, così come lo era stato alla fine dello scorso anno in occasione della firma del Trattato del Quirinale.

Domenica 30 gennaio, giorno in cui i grandi quotidiani nazionali non escono, la notizia dell’elezione di Mattarella (avvenuta il giorno precedente) è stata pressoché trascurata dai media. Lunedì 31 un solo grande giornale francese ha espresso una chiara soddisfazione al riguardo: il quotidiano economico Les Echos, che ne ha parlato negli “Esteri” con due articoli intitolati “La reconduction du duo Mattarella-Draghi soulage le monde économique” e “Les partis incapables de trouver une alternative à Mario Draghi”. Le Figaro ha riferito l’informazione in quarta pagina. Le Monde, nel numero datato 1 febbraio, ha dato la notizia in terza pagina col titolo “En Italie, Mattarella reconduit à la présidence faute de successeur”.

Nella settimana precedente, durante le votazioni a Montecitorio, i media francesi (scritti e radiotelevisivi) avevano sollecitato l’attenzione del pubblico su elementi considerati come curiosi: visto, ad esempio, che su una delle schede di Montecitorio è comparso il nome ‘Siffredi’ un giornale ha parlato di una “candidatura di Rocco Siffredi alla presidenza della Repubblica”. Queste irritanti notizie di cronaca, che ci tocca comunque rilevare, dimostrano quali e quante sarebbero state le conseguenze negative per l’Italia se si fosse creato a Montecitorio un clima di ulteriore e imprevedibile confusione. La credibilità internazionale dell’Italia esce invece rafforzata dal voto del 29 gennaio.

EPA/PAOLO GIANDOTTI / QUIRINALE PALACE

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