Lo stato dell’Unione di Biden: più politica interna che Russia e Cina

Chi si aspettava un discorso sullo stato dell’Unione orientato sulla politica estera, contro la Russia (per l’invasione dell’Ucraina) e contro la Cina (per l’intrusione nello spazio aereo Usa con una sonda probabilmente spia), è rimasto deluso: il presidente Joe Biden ha essenzialmente parlato di politica interna e di economia, delineando i temi della campagna elettorale per Usa 2024.

Quanto ai toni, l’opposizione repubblicana ha risposto all’appello a moderare lo scontro con interruzioni e talora insulti: gli oltranzisti ‘trumpiani’ e i cospirazionisti di QAnon gli davano del bugiardo. Mentre, seduti dietro il presidente, la sua vice Kamala Harris e lo speaker della Camera Kevin McCarthy manifestavano reciproca freddezza, nonostante una battuta scherzosa di Biden a McCarthy: “Non voglio rovinarti la reputazione, ma non vedo l’ora di lavorare con te”.

La politica estera è tornata in primo piano solo dopo circa 60 dei 73 minuti del lungo discorso. Fronte Russia, gli Usa “staranno al fianco dell’Ucraina finché sarà necessario”: “la brutale aggressione russa” è un “test per gli anni a venire, per noi e per il Mondo”. L’America vuole “più libertà, più dignità, più pace, non solo in Europa, ma ovunque”, dice Biden, rivolgendosi all’ambasciatrice ucraina a Washington Oksana Markarova, seduta tra gli ospiti della first lady Jill.

Fronte Cina, gli Stati Uniti agiranno ogni volta che Pechino “minaccia la nostra sovranità”, come “abbiamo mostrato la scorsa settimana” – un riferimento esplicito alla vicenda del pallone cinese intercettato nei cieli americani e poi abbattuto -, ma in spirito “di competizione, non di conflitto”.

Prima gli Stati Uniti

Parole ferme, ma non aggressive. Come era stato, fino a quel momento, tutto il discorso impostato come un appello all’unità e alla collaborazione bipartisan, dopo la stagione della polarizzazione, e centrato sulle vicende interne: un manifesto elettorale, che pare preludere a una ricandidatura. “Finiamo il lavoro insieme”: è il refrain di Biden, che rivendica i suoi successi – il Covid superato, la disoccupazione ai minimi dal 1969, la democrazia consolidata dopo lo scossone dell’insurrezione del 6 gennaio 2021 – e traccia un percorso, alternando – notano i commentatori – “i toni riflessivi ed ecumenici a quelli più fieri e combattivi”.

Il presidente è consapevole che, con un Congresso diviso, deve cercare e trovare compromessi, se vuole portare avanti la sua agenda. Ma sa pure che, se l’opposizione gli farà muro contro, potrà scaricare su di essa la colpa di uno stallo. E come lui lo sanno senatori e deputati, molti dei quali erano in aula con un nastrino ucraino giallo-blu.

Biden ha presentato un piano economico “per le persone dimenticate”: nessun taglio al welfare e ‘minimun tax’ per i ricchi, con echi protezionisti (i progetti federali con materiali ‘made in Usa’) e l’accento sul contrasto al cambiamento climatico (“una minaccia esistenziale”). L’occhio è rivolto alle sue ‘constituencies’ liberal, nera e ispanica: ripristinare il diritto di aborto, vietare le armi d’assalto contro le stragi nelle scuole e sui luoghi di lavoro, riformare la polizia contro un ricorso alla forza sproporzionato, dire no alla violenza politica e all’estremismo.

Il presidente ha sollecitato i repubblicani a collaborare. Ma non si aspetta che questo accada, anche se hacondito l’appello alla collaborazione proponendo temi per definizione bipartisan: lotta al cancro e difesa della salute mentale, tutela dei veterani, contrasto all’epidemia di oppioidi e overdosi. Biden avverte: con il voto di midterm, “il popolo ci ha dato un messaggio chiaro, lo scontro per lo scontro non ci porta da nessuna parte”; e aggiunge: “La mia visione per riunire il nostro Paese è sempre stata ripristinare l’anima della Nazione e ricostruirne la spina dorsale, la classe media”. E ancora: “La storia dell’America è storia di progresso e resilienza … Siamo l’unico Paese uscito da ogni crisi più forte di quando vi è entrato … Lo stiamo facendo di nuovo…”.

La risposta repubblicana e come la pensa l’opinione pubblica

Lo scorso anno, era stata la guerra in Ucraina a costringere Biden a rivedere interamente il discorso sullo stato dell’Unione, pronunciato sei giorni dopo l’inizio dell’invasione russa. Il presidente inviò un messaggio forte agli oligarchi russi: “Troveremo e sequestreremo i vostri yacht e i vostri jet e le vostre case di lusso”, disse. Questa volta, è stato l’abbattimento, sabato scorso, della sonda cinese a suggerire alcune modifiche al testo già predisposto.

Il presidente punta a dare dell’Unione un quadro positivo rassicurante, più che a stupire il pubblico con programmi e iniziative. Per rispondergli, i repubblicani scelgono Sarah Huckabee Sanders, governatrice dell’Arkansas, figlia d’arte – pure il padre lo fu – ed ex portavoce alla Casa Bianca di Donald Trump. La governatrice più giovane dell’Unione – ha 40 anni – non raccoglie il ramoscello d’ulivo di Biden: l’America – dice – “è pronta a una nuova generazione di leader”, frase che suona, però, campana a morto pure per la ricandidatura di Donald Trump (Biden ha 80 anni, Trump 77).

Per Biden, è stato il primo discorso sullo stato dell’Unione fatto davanti a un Congresso diviso, Camera repubblicana e Senato democratico. Ricordando quanto ha finora fatto, il presidente vuole dimostrare di poter essere ancora utile al Paese. Però un sondaggio Washington Post / Abc indica che l’opinione pubblica è scettica sull’operato di Biden, la cui Amministrazione si presenta come “una delle più efficaci dei tempi moderni”.

Oltre tre americani su cinque pensano che il presidente non abbia finora combinato granché e solo poco più di un terzo gli riconosce buoni risultati. Persino una maggioranza di democratici pensano che un mandato per Biden possa essere sufficiente.

Del resto, gli americani, che nel 2020 andarono a votare con un’affluenza record, non sono per nulla eccitati da una rivincita 2024 Biden – Trump. Secondo lo stesso sondaggio, una netta maggioranza non vuole né l’uno né l’altro alla Casa Bianca dal 2025 in poi.

Impegni pubblici e guai familiari

Il discorso sullo stato dell’Unione è uno dei maggiori eventi politici statunitensi: una tradizione che risale al 1790, quando George Washington pronunciò il primo – rimasto il più breve. Il presidente parla davanti al Congresso in sessione plenaria, con i suoi ministri quasi al gran completo – uno resta a casa, in quanto ‘designated survivor’ in caso di catastrofe nucleare o terroristica o naturale -, i giudici della Corte Suprema, i vertici militari.

Secondo indiscrezioni insistenti della stampa Usa, Biden vuole recarsi in Polonia nell’anniversario dell’invasione dell’Ucraina, il 24 febbraio. Ma una decisione definitiva non è stata ancora presa. Invece, nonostante l’invito a stemperare la polarizzazione, la Camera, controllata dai repubblicani, si appresta ad avviare l’indagine sul figlio del presidente, Hunter, alla cui origine c’è una vecchia e controversa storia, il ritrovamento nel suo laptop – depositato in un negozio di informatica – di file sui suoi discussi affari. L’iniziativa è potenzialmente imbarazzante per Biden e rischia di gettare un’ombra sulla sua ricandidatura.

Ma i guai per il presidente non vengono solo dall’opposizione. Nella sua Amministrazione, è in atto un esodo – fenomeno abbastanza consueto a metà mandato -. Dopo il capo dello staff, Ron Klain, rimpiazzato da Jeff Zients, sta per andarsene il segretario del Lavoro Marty Walsh, che va a dirigere la NHL Players Association, il sindacato nazionale dei giocatori di hockey. Proprio Walsh era ieri sera il ‘designated survivor’ della squadra ministeriale.

Foto di copertina EPA/JIM LO SCALZO

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