L’Italia dal governo Draghi al governo Meloni

Per la politica italiana, il 2022 è stato l’anno del passaggio dal governo guidato da Mario Draghi, dimessosi a luglio, a quello di Giorgia Meloni, uscita chiara vincitrice dalle elezioni di settembre. Se il primo era un esecutivo tecnico guidato da una personalità di riconosciuto prestigio, sostenuto da una maggioranza trasversale, il secondo si caratterizza come governo politico, dichiaratamente di parte ed espressione della coalizione di centrodestra. Fino a che punto questa diversità nei profili dei due governi abbia portato a una discontinuità nella politica estera dell’Italia è il filo conduttore del Rapporto sulla politica estera italiana 2022, redatto da un gruppo di ricercatori dello IAI nel quadro della partnership strategica con la Fondazione Compagnia di San Paolo.

Il governo Draghi

Nella prima metà del 2022, il governo Draghi si era concentrato sul contrasto al Covid e sull’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza – presentato come programma di modernizzazione del paese dal cui successo dipenderà anche la possibilità di riproporre iniziative simili a livello europeo – riportando risultati complessivamente positivi su entrambi i versanti.

In seguito all’invasione russa dell’Ucraina del 24 febbraio, il governo ha assunto da subito una posizione di ferma condanna dei confronti di Mosca, manifestando solidarietà a Kyiv non solo da un punto di vista politico, ma anche con assistenza economica, finanziaria e umanitaria e con forniture militari. In parallelo, l’esecutivo si è impegnato per ridurre la dipendenza italiana dal gas russo, attraverso un’ampia gamma di accordi volti a garantire forniture alternative, in primis nel Mediterraneo allargato.

Su un piano più generale, il governo Draghi ha confermato la tradizionale collocazione dell’Italia a sostegno dell’Unione europea e dell’Alleanza atlantica. In Europa, il governo si è mosso in maniera particolarmente autorevole, contribuendo a definire la strategia Ue su alcuni dei dossier più significativi, come il cambiamento climatico e la transizione energetica. Sul fronte migratorio, il governo ha partecipato allo sforzo collettivo di solidarietà nei confronti dell’Ucraina, accogliendo circa 168 mila ucraini tramite l’istituto della protezione temporanea (di fatto un riconoscimento “pro tempore” dello status di rifugiato politico). Minori risultati sono stati ottenuti nella definizione di politiche migratorie comuni in sede europea: la solidarietà nei confronti dei profughi ucraini non si è tradotta in una parallela disponibilità a una politica di apertura nei confronti di altri migranti diretti in Europa.

Il governo Meloni

Il governo Meloni si è insediato a ottobre in un contesto segnato da inflazione a due cifre, crisi energetica e rischi di recessione. Di fronte a queste sfide, il nuovo esecutivo ha dovuto fare i conti con la difficile eredità di credibilità ed autorevolezza del governo Draghi, e con le perplessità rispetto al suo futuro posizionamento internazionale manifestate da paesi partner, media internazionali e mercati finanziari.

Già in campagna elettorale, tuttavia, Giorgia Meloni si era espressa chiaramente a sostegno di una linea “atlantista” e di ferma condanna dell’aggressione russa e di solidarietà con l’Ucraina aggredita, in piena continuità con il precedente esecutivo. Questa posizione, che comprende anche un impegno a proseguire le forniture militari a Kyiv, è stata confermata in maniera netta nei giorni immediatamente precedenti e successivi l’insediamento del nuovo governo.

Più incerta appariva invece la possibile evoluzione dei rapporti con l’Unione europea e con i tradizionali alleati dell’Italia in Europa. Proprio per fugare questi dubbi, Meloni ha scelto Bruxelles come destinazione della sua prima visita all’estero e le istituzioni Ue come primi interlocutori. Nelle settimane successive, non sono mancati tuttavia segnali contrastanti nella linea dell’esecutivo. Se da un lato è parsa evidente la volontà del governo di evitare lo scontro sul fronte della finanza pubblica e del rispetto delle regole comuni in materia di disciplina di bilancio, dall’altro la presidente del Consiglio ha colto varie occasioni per ribadire una linea più assertiva, volta a far valere l’interesse nazionale dell’Italia in Europa, in sintonia con una visione da “Europa delle patrie” caratteristica anche di altri partiti di destra in Europa.

La legge di bilancio per il 2023 ha scontato un ricorso al deficit superiore (anche se limitatamente) rispetto alle previsioni del precedente governo. Ma nei suoi “fondamentali” (volume complessivo di spesa prevista e livello del deficit), in ogni caso, ha confermato la consapevolezza dell’esecutivo della necessità di evitare aumenti di deficit e debito che potrebbero mettere in allarme i mercati finanziari e creare tensioni con la Ue.

La politica estera italiana nel 2023

Uno dei temi cruciali per il 2023 sarà ancora quello del Pnrr: il Piano italiano rappresenta una sorta di banco di prova del successo di Next generation Eu nel suo complesso, ragion per cui la sua attuazione verrà monitorata con la massima attenzione a Bruxelles e nelle maggiori capitali europee. In un primo momento, il governo Meloni ha cercato di rinegoziarne i tempi di attuazione, riaprendo una fase complicata di interlocuzione con la Commissione europea, condotta in ogni caso in uno spirito di leale collaborazione.

Nell’ultimo scorcio del 2022, si è poi riproposto il tema del Meccanismo europeo di stabilità (Mes), dopo che a seguito del via libera alla ratifica da parte della Germania, l’Italia è rimasta l’ultimo paese a non aver ancora ratificato le modifiche allo statuto originario del Mes. Con l’eccezione di Forza Italia, gli altri partiti della maggioranza si erano in passato battuti contro il Mes e le sue modifiche, rendendo la questione particolarmente delicata per il governo. Sul finire dell’anno Giorgia Meloni ha implicitamente riconosciuto, con inevitabile pragmatismo, che l’Italia difficilmente potrebbe opporsi all’entrata in vigore del nuovo Mes, anticipando così una futura ratifica italiana, sia pur accompagnata dal solenne impegno a non ricorrere all’assistenza del Meccanismo. Verosimilmente, la questione tornerà al centro del dibattito in questi primi mesi del 2023.

Sul fronte della gestione dei flussi migratori, infine, alcune iniziative di carattere identitario assunte un po’ frettolosamente dal governo, unite a qualche errore di comunicazione, hanno creato tensioni e polemiche con la Francia e, in parte, con la Commissione europea. La successiva comunicazione della Commissione sulle sfide poste dai flussi migratori ha parzialmente contribuito a ricostruire un clima di maggiore collaborazione. è verosimile, tuttavia, che proprio su questo tema possano riemergere in futuro difficoltà nei rapporti fra il governo Meloni e alcuni partner europei, magari in concomitanza con un aumento degli arrivi di migranti via mare.

Foto di copertina Filippo Attili – Chigi Palace Press Office

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