L’India nucleare

L’11 marzo scorso, l’Organizzazione per la ricerca e lo sviluppo per la difesa dell’India ha condotto con successo un test del missile Agni-V. Sebbene questo missile non rappresenti una novità per gli esperti che seguono lo sviluppo degli armamenti in India – essendo stato integrato nel Comando delle Forze Strategiche dell’India dal luglio 2018 – il recente test è stato rilevante per l’introduzione della tecnologia dei veicoli di rientro con obiettivi multipli e indipendenti (conosciuta come Mirv, acronimo in inglese). Questo posiziona l’India in un club relativamente esclusivo di paesi, tra cui Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Regno Unito, che dispongono di missili equipaggiati con tale tecnologia.

La tecnologia Mirv

Mirv è un sistema di armi nucleari installate su un singolo missile balistico intercontinentale, come i russi Topol-M e Bulava o quello statunitense per i sottomarini. Al contrario di una testata convenzionale, Mirv consente a un solo missile di colpire obiettivi multipli o di concentrare la potenza su un numero inferiore di bersagli. Questa caratteristica è importante perché un missile balistico equipaggiato con Mirv viene lanciato da un punto specifico – solitamente un silo terrestre, un sottomarino o un aereo – e, quando lascia l’atmosfera terrestre e raggiunge l’altitudine designata, rilascia il carico utile Mirv. Ogni testata si separa dal corpo del missile, generalmente tramite piccoli razzi o un meccanismo di rilascio, e possiede il proprio sistema di propulsione e guida, consentendole di manovrare autonomamente verso l’obiettivo designato. In questo modo, un solo missile può attaccare più bersagli contemporaneamente o in breve tempo.

L’India ha cercato di sviluppare questa tecnologia fin dai primi anni Ottanta.

Le considerazioni politico-elettorali dietro al test del governo Modi

Tuttavia, vi è disaccordo all’interno della comunità degli esperti riguardo l’utilità del Mirv, specialmente nel caso dell’India, data la sua politica di non-primo uso. La dottrina nucleare indiana si basa, infatti, su una dissuasione minima che evidenzia come il Paese possieda solo capacità di secondo attacco, per rispondere alle esigenze fondamentali di difesa e sicurezza.

Il test è stato annunciato pochi giorni prima che la commissione elettorale dell’India dichiarasse l’inizio della campagna elettorale per le elezioni generali del paese, in cui il Partito Bharatiya Janata (BJP) di Narendra Modi aspira a un terzo mandato consecutivo. In questo contesto, il test del missile sembra rispondere più a una retorica o discorso interno del governo di Modi – per mostrare all’opinione pubblica indiana i grandi progressi tecnologici compiuti durante i suoi mandati – piuttosto che a ragioni puramente strategiche. Non esiste, infatti, una ragione oggettiva per cui l’India dovrebbe investire in questa tecnologia.

Se guardiamo al panorama internazionale, la Cina continua a sviluppare il suo programma nucleare e attualmente si trova nelle prime fasi di attuazione di una difesa missilistica balistica; la Russia è un alleato dell’India, mentre New Delhi gode già di un vantaggio convenzionale sul Pakistan. Emerge, dunque, una questione di prestigio: l’India vuole far parte del club nucleare, non solo in termini di possesso di armi nucleari, ma anche di accesso alle tecnologie associate ad esse. Inoltre, ovviamente, il BJP cerca di accumulare ulteriori consensi in vista delle prossime elezioni.

Le implicazioni regionali del test: il campo di gioco con la Cina

La portata del missile, di oltre 5.000 km, e la sua potenziale utilità come arma di “primo uso”per provocare un conflitto sollevano preoccupazioni riguardo alla possibilità che il test dell’11 marzo possa scatenare una nuova corsa agli armamenti nel sud-est asiatico e causare, a medio termine, una maggiore instabilità tra India, Pakistan e Cina, poiché il missile può coprire, in termini di portata, tutti i loro territori.

Per quanto riguarda la Cina, il test dell’Agni-V mira a riequilibrare il campo di gioco nell’ambito dei missili nucleari. La Cina, infatti, dispone già di missili come il Dong Feng-41, con una portata di 12.000-15.000 km, in grado di colpire qualsiasi città indiana. Inoltre, ha incrementato notevolmente il suo budget militare, aumentandolo del 7,2% quest’anno, il maggior aumento in cinque anni. Entro il 2024, crescerà anche la spesa militare fino a 1,67 trilioni di yuan. Tuttavia, l’Agni-V non offre, in realtà, un vero e proprio vantaggio all’India. Al massimo, invia il messaggio a Pechino che New Delhi padroneggia questo tipo di tecnologia. È molto probabile che la Cina sviluppi in breve tempo un maggior numero di missili con una tecnologia più avanzata rispetto all’India, comportando così uno squilibrio e un aumento delle tensioni nel sud-est asiatico.

Tuttavia, è probabile che i cinesi siano preoccupati dal fatto che le loro principali città, compresa Pechino, siano ora entro la gittata di una bomba nucleare indiana. Ad esempio, Pechino si trova a circa 2.400 km dallo stato indiano più orientale di Arunachal Pradesh e a 4.000 km da Bangalore. Fino ad ora, l’India ha avuto relativamente pochi missili con la gittata necessaria per minacciare le città cinesi sulla costa orientale.

Allo stesso modo, un missile in grado di lanciare più testate può garantire la capacità di attacco a lungo raggio a un costo inferiore rispetto alla costruzione di diversi missili, ognuno con una sola testata. Tuttavia, passerà del tempo prima che l’India possa incorporare questa nuova tecnologia missilistica nelle sue forze nucleari strategiche e, nel frattempo, il programma missilistico cinese potrebbe divenire molto più avanzato.

Le tensioni tra India e Cina non sono nuove: i due paesi hanno combattuto una guerra nel 1962 per antiche dispute territoriali, che si sono acuite con molteplici schermaglie al confine negli ultimi cinque anni. Attualmente, il confine himalayano tra i due paesi è pieno di soldati e artiglieria da entrambe le parti in attesa che possa scoppiare un nuovo conflitto su vasta scala.

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