I recenti scontri a Tripoli a seguito dell’uccisione, il 12 maggio scorso, di Abdul Ghani al-Kikli (detto “Ghaniwa”) capo della milizia Stability Support Apparatus (SSA), hanno riaperto scontri tra fazioni rivali nella capitale libica. Accusato di vari crimini, tra cui assassinii, torture e altre violazioni di diritti umani, al-Kikli controllava l’importante quartiere tripolino di Abu Selim, e la sua uccisione è scaturita dalle rivalità interne tra milizie affiliate al primo ministro del Governo di Unità Nazionale (GNU), Abdul Hamid Dbeibah. Al momento, la situazione pare di nuovo sotto (precario) controllo del governo di Tripoli. Ma notizie di spostamenti di altri gruppi armati all’esterno della capitale, da Zawiya e dall’Est controllato dal generale Khalifa Haftar, hanno fatto temere un conflitto più ampio.
È chiaro, dunque, che la situazione in Libia richiede una rinnovata attenzione da parte della comunità internazionale. Non solo per stabilizzare, ma per sostenere strategicamente il processo guidato dalle Nazioni Unite in un Paese a rischio di collasso. Come ha recentemente sottolineato presso il Consiglio di sicurezza la Rappresentante Speciale del’ONU in Libia, Hanna Tetteh, il sostegno internazionale è essenziale per una svolta politica. Con le istituzioni libiche frammentate, i gruppi armati radicati nell’economia e la Russia che sta rafforzando la sua posizione, un’azione unitaria dell’Europa è vitale, non solo per il futuro della Libia, ma per quello dell’intera regione.
Pur nel linguaggio diplomatico dell’ONU, il recente rapporto del Segretario generale critica fortemente le autorità libiche—sia il GNU riconosciuto dall’ONU che il suo rivale a Est—per il perpetuarsi delle divisioni istituzionali e politiche, che ostacolano la governance e favoriscono l’instabilità. La situazione economica è tra le preoccupazioni principali, a seguito dell’acquisizione forzata della Banca centrale libica (CBL) nel 2024. Nonostante l’aumento della produzione di petrolio, l’economia libica sta ancora risentendo della crisi irrisolta della CBL e dell’ondata di sanzioni internazionali che ne è seguita.
Esiste ovviamente un legame diretto tra il quasi collasso economico e il ruolo dei gruppi armati, radicati nell’economia energetica libica. Questi gruppi dominano zone economiche chiave, incluse strutture petrolifere e valichi di frontiera, traendo profitto dal contrabbando di carburante e dal racket di protezione, e assorbendo risorse statali. L’ONU documenta come le fazioni armate operino nell’economia informale, in particolare a Tripoli, Misurata e nelle città occidentali, sfruttando sussidi energetici e ricavi doganali. Allo stesso modo, le Forze Armate Arabe Libiche (LAAF) e altri gruppi fedeli a Haftar traggono vantaggi da attività illecite e traffici attraverso il controllo dei principali terminal petroliferi, di confini e corridoi del contrabbando nell’est e nel sud del Paese.
Il rapporto ONU fornisce anche informazioni su migrazione illegale e tratta di esseri umani, perpetrata da gruppi armati libici, sia a ovest che a est, con la complicità diretta o indiretta delle autorità statali. Per quanto i leader libici implicati nel crimine guadagnino molto più dal contrabbando di carburante, droga e armi che non dal traffico di migranti, hanno un interesse politico a soddisfare le richieste di governi europei (Italia inclusa) in materia migratoria in cambio di riconoscimento: una strategia che consente loro di restare al potere.
Oltre alle sfide rappresentate da un Paese instabile e mal governato come la Libia per la sicurezza dell’Europa e del Mediterraneo, sviluppi internazionali recenti rendono ancora più urgente un impegno UE. La Russia, presente in Libia da anni sia diplomaticamente che attraverso i mercenari del Gruppo Wagner (ribattezzato Africa Corps), ha recentemente compiuto una svolta strategica, trasferendo truppe e attrezzature dalla Siria alla Libia. I mercenari russi sono coinvolti in attività illecite, come il contrabbando di droga e l’estrazione di minerali. Attraverso una presenza politica, militare ed economica sempre più radicata, allineata con Haftar, Mosca mira a perseguire obiettivi strategici più ampi in Africa: accesso militare, influenza energetica e leva geopolitica contro l’Occidente.
Pertanto, l’UE dovrebbe adottare misure più decise per sostenere la missione UNSMIL nel promuovere elezioni, stabilizzare l’economia, proteggere i diritti umani e affrontare le crisi umanitarie e migratorie. Un impegno europeo coordinato è non solo cruciale per sostenere la stabilità e porre fine all’illegalità, ma anche per contrastare la strategia russa verso il sud del continente africano. Inoltre, l’ambiguità strategica dell’attuale amministrazione statunitense nei confronti della Russia e il suo approccio incoerente in Libia confermano che, non solo sul continente europeo, l’Europa deve fare affidamento sui propri mezzi per affrontare l’aggressivo espansionismo di Mosca.
Le contromisure europee presuppongono che i singoli membri dell’UE abbandonino i loro interessi concorrenti in Libia, che hanno a lungo indebolito l’azione internazionale. Oltre a sostenere con decisione gli sforzi dell’UNSMIL, l’UE dovrebbe fornire una leadership diplomatica aggiuntiva, investimenti finanziari e supporto tecnico mirato, al fine di offrire alternative credibili e sostenibili al popolo libico. A livello economico, l’UE potrebbe ampliare l’assistenza tecnica alla CBL e ad altre istituzioni finanziarie per sostenere l’unificazione del bilancio e riforme anticorruzione.
Inoltre, l’UE dovrebbe migliorare il coordinamento tra gli attori della sicurezza libici, incoraggiando il disarmo delle milizie e promuovendo strategie di riforma per l’unificazione istituzionale. Sulla migrazione, pur tra le difficoltà del clima politico europeo attuale, soluzioni dovrebbero includere l’espansione di percorsi sicuri e legali per i richiedenti asilo, come corridoi umanitari e programmi di integrazione. Smantellare seriamente le reti di traffico di esseri umani e sviluppare meccanismi di protezione comunitaria impone di evitare accordi con politici che traggono profitto dal traffico di esseri umani, nonché garantire l’accesso illimitato dell’ONU e delle ONG a tutti i centri di detenzione.
Per indebolire il ruolo della Russia in Libia occorre, ad esempio, espandere l’Operazione IRINI, la missione navale UE che fa rispettare l’embargo ONU sulle armi in Libia. Questo aiuterebbe a contrastare i traffici illegali di armi (molti dei quali legati agli interessi russi), ma anche a rafforzare lo scambio di intelligence e la sorveglianza sulle attività dei mercenari russi. Andrebbero inoltre avviate iniziative per contrastare la disinformazione russa e sostenere la società civile e le organizzazioni mediatiche libiche nel resistere alle narrazioni promosse dai media russi. Tali azioni potrebbero ricevere supporto dalla NATO, o da singoli membri dell’Alleanza. In generale, una revisione delle strategie regionali UE, da tempo in discussione, dovrebbe puntare a ristrutturare e rafforzare i partenariati con i vicini nordafricani della Libia, come Algeria ed Egitto, ed a cooperare con altri attori coinvolti e potenti, come la Turchia e gli Emirati Arabi Uniti.
* Andrea Cellino è vicepresidente del Middle East Institute Switzerland ed Executive-in-Residence del Geneva Centre for Security Policy.
Andrea Cellino è vicepresidente del Middle East Institute Switzerland ed Executive-in-Residence del Geneva Centre for Security Policy.