Legislative: una soddisfazione, un dubbio e molti problemi per Macron

Emmanuel Macron esce con una soddisfazione, un dubbio e tanti problemi dal primo turno elettorale delle législatives, che hanno visto questa domenica 12 giugno 48 milioni di francesi alle urne per scegliere i 577 membri della futura Assemblea nazionale.

La soddisfazione è la sostanziale certezza che i suoi seguaci (riuniti nella coalizione Ensemble) saranno, a meno di cataclismi, in maggioranza nella prossima legislatura in questo fondamentale ramo del Parlamento. Il dubbio sta nel fatto che c’è una bella differenza tra maggioranza assoluta o relativa: su questo i giochi sono apertissimi. I problemi sono evidenziati e riassunti dall’elevatissima astensione: 52,49% contro il già impressionante 51,3% del 2017.

Proprio a causa dell’astensione, neppure i candidati che hanno avuto oltre il 50% nella loro circoscrizione (come Marine Le Pen, che ha avuto il 54%) sono stati dichiarati eletti perché, in base alla legge, i requisiti per “passare” fin dal primo turno sono due: la metà dei voti e la partecipazione di almeno un quarto degli elettori; il che in quelle circoscrizioni non è accaduto. Le vittorie più schiaccianti sono generalmente venute nelle circoscrizioni in cui si è votato meno. I verdetti finali verranno dunque il 19 giugno col secondo turno.

Un governo di Ensemble: possibile, ma con un supporto dall’esterno

In un’elezione come questa (spezzettata in 577 sfide locali) il calcolo nazionale delle percentuali conta fino a un certo punto. Vale comunque la pena di osservarlo. L’alleanza macronista Ensemble è arrivata in testa col 25,75% dei voti, precedendo di un soffio (contro i sondaggi della vigilia e quelli della stessa serata elettorale) la coalizione di sinistra Nupes (guidata da Jean-Luc Mélenchon, e comprendente, oltre ai suoi seguaci della «France insoumise», socialisti, ecologisti e comunisti). La Nupes ha avuto il 25,66%, il «Rassemblement national» (RN) di Marine Le Pen il 18,68% e la destra storica dei «Républicains» il 13,62%.

Si stima che Ensemble avrà nella prossima Assemblea, a seguito del secondo turno, tra i 255 e i 295 seggi (il livello della maggioranza assoluta è di 289). Questo significa che la coalizione macronista dovrà probabilmente cercare aiuti all’esterno. Potrà farlo in modo aperto, ad esempio tessendo un’improbabile alleanza con i «Républicains», o trovando di volta in volta sostegni esterni. Nel 1988, all’indomani della rielezione all’Eliseo di François Mitterrand, i socialisti si fermarono a 275 seggi e riuscirono comunque a formare il governo col primo ministro Michel Rocard (che restò al potere tre anni lavorando tanto e bene). In ogni caso, anche se avessero la maggioranza assoluta, i macronisti cercheranno qualche sponda all’esterno.

In un modo o nell’altro ce la faranno, ma il loro risultato di queste elezioni è decisamente peggiore di quello di cinque anni fa, quando al primo turno ebbero il 32,32 per cento dei voti e al secondo turno portarono a casa una schiacciante maggioranza assoluta dei seggi.

Le altre forze in campo

La sinistra della Nupes (Nouvelle Union populaire écologique et sociale) ha comunque vinto la sua prima sfida. Certo non può avere la maggioranza (neanche chi, tra loro, parla di questo obiettivo ci crede veramente) ma è riuscita a far rinascere la «gauche» dopo la sconfitta alle presidenziali dello scorso aprile. Si avvicinerà ai 200 deputati e forse toccherà quel livello. Ma sarà dominata dalla sua ala più dura, visto che oltre la metà dei suoi deputati saranno membri della France insoumise. Macron deve prepararsi a una guerriglia parlamentare, viso che le opposizioni sono scivolate verso le posizioni più estreme e sono inviperite nei suoi confronti.

Il Rassemblement national, che alla scorsa legislatura non aveva neanche abbastanza deputati per fare un gruppo parlamentare, potrebbe avvicinarsi ai 30 seggi e sarà senza dubbio in prima linea nella battaglia contro il governo. Molto, per i futuri equilibri politici e per il futuro andamento dei lavori parlamentari, dipenderà dai Républicains, che ebbero 100 seggi cinque anni fa e che – contro certe, per loro funeste, previsioni della vigilia –  potrebbero portarne a casa ancora una settantina, trovandosi così a beneficiare di una rendita di posizione a Palais Bourbon.

Un quinquennio difficile

È l’inizio di un quinquennio davvero difficile per Macron e per la Francia. Le cifre sono impietose. Il 25% dei voti ottenuto il 12 giugno dalla sua coalizione, in presenza di un’astensione di oltre il 50%, significa che neanche un francese su quattro ha fiducia nel presidente eletto due mesi fa. Alla fine, le alchimie politiche gli permetteranno di avere un governo amico, ma sono i francesi (quegli stessi francesi che il 24 aprile lo hanno rieletto presidente, dovendo scegliere tra lui e Marine Le Pen) a non fidarsi più.

Macron ha appena promesso che farà approvare la riforma delle pensioni, destinata, secondo lui, a entrare in vigore nell’estate 2023. Se vuol tener fede a questa promessa, dovrà prepararsi a una battaglia durissima, in Parlamento e nelle piazze. Macron continua, malgrado tutto e con diverso grado di soddisfazione, a vincere. Ma per lui la situazione sembra destinata a complicarsi.

Foto di copertina  EPA/LUDOVIC MARIN / POOL MAXPPP OUT

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