I macronisti verso la maggioranza alle elezioni legislative

Ci sono tre (almeno tre) buone ragioni per cui molti francesi non andranno domenica prossima 12 giugno a votare per eleggere il deputato della loro circoscrizione.

La prima è la stanchezza elettorale. In aprile si sono svolti i due turni delle presidenziali, che hanno visto l’afflusso, rispettivamente, del 73,69 e del 71,99 per cento degli aventi diritto : una parte di questi elettori non tornerà alle urne.

La seconda scaturisce da un ragionamento più complicato : avendo scelto un presidente, i francesi dovrebbero logicamente dargli i poteri per svolgere il proprio mandato; ma al tempo stesso molti non vogliono sostenere Emmanuel Macron in forma esplicita. L’astensione sarà per loro un modo per non ostacolarlo senza compromettersi.

La terza ragione sta in una novità di queste elezioni. A differenza del passato, le alternative a Macron sono scivolate verso le estreme (Jean-Luc Mélenchon a sinistra e Marine Le Pen a destra) per cui una parte degli elettori tradizionali del centrosinistra e del centrodestra pensano di avere una ragione supplementare per andare in campagna piuttosto che al seggio.

Il fattore locale

Quelle in programma domenica prossima sono in realtà 577 elezioni diverse tra loro. Una per ogni circoscrizione. Una parte dei deputati uscenti dispongono di un forte radicamento locale e possono dunque immaginare il proprio ritorno a Palais Bourbon indipendentemente dalle difficoltà del partito.

Questo vale in particolare per i deputati del centrodestra neogollista dei Républicains. La loro candidata Valérie Pécresse non è neppure arrivata al 5 per cento dei voti alle presidenziali di aprile, ma – grazie appunto al radicamento locale – la loro presenza nell’emiciclo dell’Assemblea nazionale potrebbe andare ben oltre il 10 per cento.

Al tempo stesso, il Rassemblement national di Marine Le Pen rischia d’essere penalizzato al primo turno da una campagna elettorale sottotono e al secondo dall’isolamento politico di questo partito. Marine Le Pen è andata bene alle presidenziali (23 per cento al primo turno e 41,5 al secondo), ma il Rassemblement national potrebbe non disporre neppure di un gruppo parlamentare durante la prossima legislatura.

Macron contro ‘Nupes’

La galassia macronista è forte e ha le carte in regola per ottenere la maggioranza assoluta dei 577 seggi. Questo obiettivo è possibile, forse anche probabile, ma comunque nient’affatto scontato. Sul fatto che i macronisti, articolati in varie formazioni politiche, saranno i più forti a Palais Bourbon esistono ben pochi dubbi. Ma un conto è la maggioranza relativa e un altro quella assoluta.

In questi ultimi giorni di campagna elettorale, il presidente si sforza di dire “cose di sinistra” perché il suo rivale più insidioso è la coalizione guidata da Jean-Luc Mélenchon e battezzata Nupes (Nuova unione popolare, ecologica e sociale). La Nupes è la risultante di intese bilaterali che Mélanchon (forte del suo 22 per cento al primo turno delle presidenziali di aprile) ha raggiunto con Verdi, socialisti e comunisti. In realtà questa coalizione è dominata dal partito degli Insoumises di Mélenchon, durissimo nei confronti di Macron e caratterizzato da venature euroscettiche.

Uno degli interrogativi più interessanti in vista del 12 giugno riguarda il voto nelle circoscrizioni in cui i candidati socialisti dissidenti si presentano in competizione con quelli della Nupes, sostenuti dal PS ufficiale. Massacrato dai risultati delle presidenziali e dalle polemiche che ne sono scaturite, il PS si è diviso tra una maggioranza favorevole all’intesa con Mélenchon e una minoranza che non vuole sacrificate alcune circoscrizioni tradizionalmente socialiste.

La fronda dei socialisti

Questa fronda merita di essere seguita con attenzione perché è sostenuta da personaggi storici del partito, a cominciare dall’ex presidente François Hollande, dall’ex primo ministro Bernard Cezeneuve e dalla presidente della regione Occitania, Carole Delga. Soprattutto Cazeneuve e Delga rappresentano oggi le possibilità di rinascita del socialismo francese come forza indipendente, dopo che una parte del vecchio PS è andata con Macron e un’altra parte si è posta a disposizione di Mélenchon.

Un discorso a parte è quello che riguarda i membri del nuovo governo, nato in maggio e guidato dalla prima ministra (macronista di origine socialista) Elisabeth Borne. Pur sapendo che in ogni caso non potranno restare sia al governo sia in Parlamento, vari ministri si sono presentati anche alle elezioni per l’Assemblea nazionale, secondo una tradizione francese che tende a dimostrare il loro impegno politico “sul campo”. Ne scaturisce dunque un punto interrogativo perché, se non si aggiudicheranno le loro circoscrizioni (dimostrando così la loro scarsa popolarità), quelle persone rischieranno di perdere anche il posto ministeriale. Le imminenti elezioni legislative vedono dunque Macron e i suoi correre qualche rischio, pur essendo in una chiara posizione di forza.

Foto di copertina EPA/JULIEN DE ROSA / POOL MAXPPP OUT

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