Le politiche migratorie europee e tunisine: una ricetta per fallimento e sofferenza

di Refugees International

Dopo mesi di aumento significativo della migrazione irregolare dalla Tunisia all’Europa, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, insieme ad altri leader dell’Ue, hanno scelto di promuovere quella che ritengono la migliore via per produrre risultati immediati: aumentare la fornitura di denaro, attrezzature e formazione alle forze di sicurezza tunisine (FST) per combattere l’industria crescente dell’immigrazione irregolare.

A fine 2023, la Commissione europea ha annunciato di voler creare accordi su “nuovi partenariati operativi anti-trafficanti” che aumenterebbero i controlli alle frontiere, la cooperazione tra le forze di polizia e il reparto giudiziario e quella con le agenzie dell’Ue (ad esempio, Frontex). Il 28 novembre è stata inoltre convocata a Bruxelles una “conferenza internazionale su un’alleanza globale per contrastare il traffico di migranti”. Come ha affermato un alto funzionario dell’Ue a Tunisi a Refugees International, “c’è un forte desiderio da parte di alcuni in Europa di fornire al governo tunisino e alle forze di sicurezza la massima quantità possibile di risorse il più presto possibile per fermare le barche, ora e in futuro”.

La strategia prevista dall’Ue, tuttavia, sembra destinata al fallimento, non raggiungendo l’obiettivo di controllare l’immigrazione irregolare e mancando i criteri più ampi di adesione agli impegni legali, ai principi dei diritti umani e a un’efficace politica migratoria complessiva. Questo approccio dimostra quattro carenze principali.

Le pratiche abusive e autoritarie del governo Saïed

Innanzitutto, a differenza della Turchia (secondo alcuni leader dell’Ue modello di successo per prevenire l’immigrazione irregolare), la Tunisia è uno Stato più debole e diviso che sta diventando ancora più fragile a causa del crescente autoritarismo del presidente Kaïs Saïed. Nonostante l’urgenza di aiuti finanziari per evitare la bancarotta, Saïed continua a minare gli sforzi per ottenere sostegno dal Fondo Monetario Internazionale.

Allo stesso tempo, Saïed ha ripetutamente minacciato stabilità e capacità dello Stato da quando ha sospeso unilateralmente il Parlamento nel luglio 2021, smantellato le istituzioni locali e utilizzato le forze di sicurezza per reprimere l’opposizione politica e imprigionare importanti dissidenti. Saïed ha sistematicamente ridotto l’indipendenza del sistema giudiziario e attaccato la libertà di associazione e quella di stampa.

Meno apprezzato – ma cruciale per gli obiettivi dell’Ue – è il simultaneo indebolimento del settore della sicurezza del paese: già gravemente diviso prima della presidenza di Saïed, appare ora lacerato da una crescente frammentazione e da conflitti interni. Un importante analista politico tunisino ha osservato a Refugees International che il ministero degli Interni, che controlla polizia, Guardia nazionale e Guardia costiera, sta attraversando un ulteriore collasso centrifugo.

Per quanto riguarda la politica migratoria, il governo di Saïed e le forze di sicurezza tunisine hanno risposto non tanto con una gestione professionale della migrazione, quanto con politiche incoerenti e pratiche abusive come le espulsioni illegali nelle aree desertiche e di confine di migliaia di persone durante l’estate 2023. Ciò ha provocato decine di morti e feriti, nonché centinaia di migranti rimasti bloccati senza aiuti. In un altro riflesso dell’approccio illegale adottato, le autorità tunisine hanno effettuato nuove espulsioni alle frontiere nel settembre 2023 trasportando migranti in autobus verso località note per il traffico di esseri umani. In tal modo, i funzionari ne hanno agevolato l’industria e hanno dimostrato pubblicamente che avrebbero periodicamente facilitato gli imbarchi se e quando lo avessero ritenuto necessario.

In questo contesto di crescente fragilità statale, malgoverno e misure illegali, è improbabile che l’attuale governo tunisino sia in grado di allocare efficacemente nuove risorse al settore della sicurezza, attuando riforme di supervisione e responsabilità necessarie per ridurre partenze e migliorare la gestione umana e ordinata della migrazione. Il risultato più probabile è il rinnovato abuso dei migranti con scarso impatto sulle partenze verso l’Europa.

I profitti legati al traffico di esseri umani

Questa realtà è ulteriormente rafforzata dalla presenza di sempre più elementi delle FST che lucrano sulle operazioni di traffico. L’indagine condotta tra agosto e ottobre 2023 da Refugees International indica che quest’ultimi sono da tempo coinvolti nell’industria del traffico di esseri umani del paese. Attraverso dozzine di interviste, tra cui una con dieci funzionari della sicurezza nel sud della Tunisia, è chiaro che i sostanziali profitti disponibili dall’industria del traffico e il debole controllo statale hanno portato a una maggiore collusione da parte delle FST poiché sempre più migranti, rifugiati e richiedenti asilo transitano per e lasciano la Tunisia – mentre l’economia nelle aree meridionali si contrae.

Sebbene i possibili collegamenti tra tale collusione e la leadership delle FST di livello superiore rimangano poco chiari, vi sono minime evidenze di condanne per tali pratiche. Negli ultimi mesi le operazioni di sicurezza contro trafficanti e migranti hanno portato all’arresto di un funzionario della sicurezza, denunciato pubblicamente. Questa assenza di indagini solleva dubbi significativi su come risorse aggiuntive e formazione per le FST possano aver un impatto sui flussi migratori, soprattutto considerando che rimarrà un forte motivo di profitto. Il maggiore sostegno dell’Ue alla repressione dell’immigrazione, unito a occasionali interventi di sicurezza da Tunisi, produrrà solo “risultati” temporanei. Tuttavia, questo potrebbe aumentare la pressione per nuove ondate di abusi, poiché il governo cerca di dimostrare di avere la situazione degli imbarchi sotto controllo.

La rotta tunisina è meno pericolosa

Il terzo fattore che mina gli sforzi dell’Europa per scoraggiare l’immigrazione irregolare attraverso la Tunisia è che, nonostante l’abusività delle FST, le condizioni rimarranno con ogni probabilità relativamente meno terribili rispetto alle vicine Libia o Algeria, dove l’impunità, le violazioni dei diritti umani e i rischi per i migranti sono assai peggiori. Come ha affermato un migrante guineano arrivato a Sfax dopo le espulsioni di inizio luglio: “Almeno in Tunisia sento ancora l’odore della libertà e dei diritti… E questo basta per andare avanti”.

Le condizioni di partenza spingono le persone a emigrare

Questo aspetto, così come la posizione geografica della Tunisia a cavallo tra diverse isole europee, è collegato a un quarto fattore che indebolisce l’attenzione primaria sulla migrazione irregolare e sul traffico di esseri umani: il numero di persone in fuga da guerre, povertà e instabilità nella regione non diminuirà dato che le condizioni che le spingono sono destinate a peggiorare. Il risultato, quindi, è che continuerà a esserci un gran numero di migranti, rifugiati e richiedenti asilo in transito proprio attraverso la Tunisia. Come in tanti altri luoghi nel mondo, la domanda costante di servizi di traffico di esseri umani per viaggi pericolosi verso le coste europee sarà molto probabilmente soddisfatta da un’industria sempre più radicata; questo accadrà tanto più che lo stato tunisino vacilla e sempre più funzionari si corrompono.

Ripensare le politiche migratorie in difesa dei diritti umani

L’approccio di breve termine nei confronti della Tunisia, avanzato dal “Team Europe”, è quindi destinato a fallire sia sul piano proprio, non riuscendo a contenere l’immigrazione irregolare, sia sul piano giuridico ed etico, vincolando il sostegno dell’Ue all’inevitabilità di gravi violazioni dei diritti umani da parte delle autorità tunisine. Come è stato ampiamente citato dai difensori di tali diritti, dal Ombudsman dell’Ue e da alcuni funzionari europei, l’incapacità dell’Ue di includere garanzie e controlli significativi per gli abusi dei diritti umani in Tunisia la espone a una condizione di complicità. Ciò è in diretta contraddizione con il diritto e i valori dell’Ue.

Se la migrazione informale verso la Tunisia non può essere controllata in modo significativo dalle politiche dell’Ue e della Tunisia, e se quella irregolare dalla Tunisia non può essere scoraggiata a causa della corruzione delle forze di sicurezza e della debolezza generale dello Stato, quali opzioni restano ai politici dell’Ue? Nell’immediato, l’Ue deve essere disposta a porre ferme condizioni su qualsiasi accordo di gestione della migrazione con Tunisi, anche a rischio di far saltare eventuali trattative. Ciò includerebbe, come minimo: cessare gli abusi sui migranti da parte delle FST, in particolare la pratica di detenzione ed espulsione sommaria dei migranti verso le aree di confine, indagare e condannare gli elementi delle FST coinvolti nel traffico di esseri umani e negli abusi sui migranti e facilitare una maggiore espansione dei servizi di aiuto d’emergenza per i migranti attraverso la Mezzaluna Rossa Tunisina e le organizzazioni umanitarie tunisine e internazionali.

L’attuale urgente necessità dell’Ue nel raggiungere un accordo finisce per concedere a Saïed un’enorme leva negoziale, a scapito di garantire un’intesa che potrebbe essere umana o efficace. Nelle consultazioni con Refugees International, alti funzionari dell’Ue a Tunisi e Bruxelles hanno espresso riluttanza nell’adottare misure significative di supervisione o responsabilità sulla cooperazione migratoria Ue-Tunisia, per paura che il governo tunisino abbandonasse il tavolo. Se così fosse, l’Ue avrebbe già perso la prospettiva di un accordo fattibile. Lo scenario predefinito basato sulle pratiche seguite finora dalla Tunisia è che un nuovo accordo farebbe ben poco per affrontare la corruzione che sta parzialmente consentendo l’impennata dell’immigrazione irregolare, ma potrebbe rafforzare il potere delle forze di sicurezza che sono state responsabili di abusi sistematici. In un simile scenario l’Ue otterrebbe scarsi progressi in materia di migrazione, ma si troverebbe a esporre gravemente la propria reputazione.

Adottare una linea più dura con la Tunisia comporterebbe dei rischi: Saïed potrebbe abbandonare un accordo che prevede una significativa responsabilità per gli abusi e misure per mitigare la collusione con i trafficanti. Ma in entrambi i casi i livelli di emigrazione potrebbero non apparire così diversi. Almeno, sollevando il dibattito sui controlli, l’Ue avrebbe la possibilità di dare potere a voci più responsabili all’interno del sistema tunisino che sono rimaste sconvolte dagli abusi, dalla corruzione e dallo smantellamento dello Stato a cui si è assistito nel 2023.

Nel lungo termine, l’Ue dovrebbe riconsiderare la fattibilità di una politica migratoria basata sulla deterrenza nel Mediterraneo. Quasi un decennio di politiche di deterrenza ed esternalizzazione ha spostato l’immigrazione irregolare verso punti diversi, alimentato la crescita di reti criminali che possono renderla più pericolosa e monetizzare la disperazione dei migranti.

È imperativo che l’Ue esplori e attui percorsi di migrazione legale espansivi e incentrati sugli aspetti umanitari. Questo cambiamento può rappresentare la soluzione più efficace per una politica sostenibile a lungo termine che affronti la migrazione irregolare.

Ultime pubblicazioni