La lenta chiusura dello spazio civico tunisino

di Saïd Benarbia

Nel 1990, il presidente Zine El Abidine Ben Ali emanò la legge 88-90, che affidava al potere esecutivo ampi poteri per sciogliere le associazioni qualora le loro attività fossero ritenute di natura politica o se la loro esistenza fosse contraria all’ordine pubblico. Inoltre, le associazioni rischiavano la dissoluzione se non si impegnavano esclusivamente in un elenco limitato di “attività approvate”, come l’istruzione e lo sport.

In questo contesto, le rivolte del 2010-2011 in Tunisia hanno prodotto una delle leggi più progressiste che regolano l’esercizio del diritto alla libertà di associazione in tutto il Medio Oriente e Nord Africa. Il decreto legge 88/2011 (decreto legge 88) ha abrogato le leggi e le misure restrittive adottate sotto la presidenza di Ben Ali e ha assicurato “la libertà di costituirsi, di appartenere e di intraprendere attività all’interno di associazioni”, rafforzando “l’indipendenza” e il “ruolo delle organizzazioni della società civile”. Fondamentalmente, il decreto legge 88 ha creato un sistema di notifica per la costituzione di associazioni, ha eliminato le restrizioni sulla registrazione e sull’ambito delle attività consentite e ha autorizzato le associazioni a ricevere finanziamenti esteri senza previa autorizzazione.

Tuttavia, dal 25 luglio 2021, in Tunisia è stato istituito un nuovo regime di governo centralizzato che minaccia i progressi ottenuti dopo le proteste del 2010-2011. Nei suoi sforzi per consolidare il potere e sradicare il dissenso, il presidente tunisino Kais Saied ha cercato di minare e smantellare una delle ultime linee di difesa contro il suo governo autoritario: la società civile indipendente. In particolare, il presidente ha accusato le organizzazioni della società civile di servire gli interessi di potenze straniere, di agire come un’estensione delle agenzie di intelligence straniere e di utilizzare il sostegno finanziario straniero per minare la sovranità della Tunisia. I governi succeduti sotto la sua presidenza, così come i membri del parlamento tunisino, hanno avviato almeno tre iniziative per emendare il decreto legge 88 e, attraverso tali emendamenti, smantellare il quadro e le garanzie che consentivano alle organizzazioni di società civile di responsabilizzare il governo.

Proposte di modifica al decreto-legge 88

Le proposte di emendamento al decreto-legge 88 in Tunisia, presentate dal governo e da un gruppo di dieci parlamentari nel corso del 2022 e del 2023, hanno sollevato importanti preoccupazioni riguardo alla limitazione della libertà delle organizzazioni della società civile nel paese. I progetti di modifica includono disposizioni che permetterebbero al governo di esercitare un controllo esteso sulle attività e i finanziamenti delle associazioni, con poteri ampliati per respingere le richieste di costituzione e limitare l’accesso ai finanziamenti esteri. Queste proposte sono state giustificate dai proponenti con l’obiettivo di “contrastare il riciclaggio”, il “finanziamento del terrorismo” e altri illeciti, ma sono state criticate per il loro potenziale impatto sulla democrazia e sulla libertà di espressione nel paese. In particolare, la proposta di richiedere l’approvazione preventiva per la registrazione e i finanziamenti delle associazioni potrebbe compromettere seriamente l’indipendenza e la capacità operativa delle organizzazioni di società civile in Tunisia. Tale approccio si pone in netto contrasto con gli standard internazionali (Convenzione internazionale sui diritti civili e politici) che promuovono procedure di notifica rapide e indipendenti per la registrazione delle associazioni, oltre a garantire il libero accesso ai finanziamenti nazionali ed esteri.

Il progetto di emendamento del governo del 2023 prevede anche la creazione di una piattaforma elettronica per la presentazione delle richieste di costituzione delle associazioni, gestita dal Segretariato Generale del Governo, con poteri decisionali significativi in caso di non conformità con le disposizioni di legge. Tale proposta, insieme alla limitazione dei finanziamenti esteri non autorizzati, solleva dubbi sulla neutralità e l’indipendenza del processo decisionale, e potrebbe mettere a rischio la pluralità delle organizzazioni della società civile in Tunisia. In definitiva, l’adozione di queste modifiche potrebbe minare il ruolo fondamentale delle organizzazioni civili nel promuovere la trasparenza, la responsabilità e il progresso democratico nel paese.

Le ultime linee di difesa

Dal 25 luglio 2021, il presidente Kais Saied ha smantellato la democrazia tunisina e riportato il paese all’autocrazia. In un breve lasso di tempo, ha gravemente eroso i principi democratici e sciolto le istituzioni democratiche, tra cui il Parlamento, la Commissione anticorruzione e il Consiglio superiore della magistratura. La Costituzione del 2022 codifica un regime autocratico e stabilisce uno “stato di emergenza” permanente in base al quale il presidente ha poteri illimitati.

Libero da qualsiasi supervisione, il presidente ha mantenuto una dura repressione nei confronti dei suoi presunti oppositori: leader dell’opposizione, giudici e pubblici ministeri, giornalisti e attivisti della società civile. La promulgazione del decreto presidenziale legge 54/2022 sulla “lotta ai reati relativi ai sistemi di informazione e comunicazione” ha inoltre consentito alle autorità tunisine di imporre restrizioni arbitrarie al legittimo esercizio del diritto alla libertà di espressione.

Anche se non tutte le organizzazioni della società civile tunisina hanno contestato la presa del potere da parte del presidente, molte di loro hanno criticato l’arretramento democratico della Tunisia, la detenzione arbitraria e il perseguimento giudiziario di coloro sospettati di opporsi al presidente, lo smantellamento del pluralismo dei media e gli attacchi contro i migranti e altre persone protette dal diritto internazionale. I progetti di emendamento al decreto legge 88 e i molteplici tentativi del presidente di delegittimare le organizzazioni della società civile hanno lo scopo di mettere a tacere queste voci critiche e rimuovere una delle ultime linee di difesa contro il governo centralizzato del presidente.

Il presidente ha rilasciato numerose dichiarazioni ostili nei confronti delle organizzazioni della società civile e alla luce di queste vanno apprezzati i progetti di emendamento al decreto legge 88 presentati da parlamento e governo nel corso del 2023. Poiché i progetti di emendamento sono sufficientemente ampi, possono essere utilizzati e abusati dal governo per ostacolare e mettere a tacere quelle associazioni e i loro rappresentanti ritenuti critici nei confronti dell’esecutivo.

Di conseguenza, è fondamentale che le autorità tunisine ritirino i progetti di modifica del decreto legge 88 e, in rispetto delle buone pratiche e standard internazionali, garantiscano che le associazioni della società civile possano registrarsi attraverso una procedura di notifica, che l’organismo che vigila sulla registrazione delle associazioni sia indipendente e che le associazioni possano chiedere, ricevere e utilizzare finanziamenti e altre risorse da fonti nazionali ed estere.

Saïd Benarbia è il direttore del programma Medio Oriente e Nord Africa presso la Commissione Internazionale di Giuristi.

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