Le minacce internazionali che preoccupano gli italiani

Il periodico sondaggio condotto dall’Istituto Affari Internazionali e del Laboratorio Analisi Politiche e Sociali (Laps) dell’Università di Siena, con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo, sulle opinioni degli italiani rispetto alla politica estera e di difesa del Paese mostra quest’anno interessanti sviluppi riguardo ad una peggiorata percezione delle minacce, un maggiore sostegno per le spese militari, ed una sostanziale approvazione del ritiro dall’Afghanistan.

A quasi due anni dall’arrivo in Italia del Covid-19 la classifica delle minacce internazionali vede al primo posto l’emergenza climatica (8,6 in una scala da 1 a 10) e al secondo le pandemie (8,4). Leggermente più distaccati, ma stabilmente da anni tra le maggiori preoccupazioni degli italiani, gli attacchi cibernetici (7,3 punti). Appena fuori dal “podio” delle minacce percepite seguono, strettamente appaiati, i flussi migratori verso l’Europa (6,8), l’ascesa della Cina come potenza globale (6,8), le tensioni tra Occidente e Russia (6,5).

Comprensibilmente, ai primi quattro posti delle preoccupazioni italiane vi sono quei fattori che incidono più direttamente sulla salute, il benessere, la sicurezza personale ed in generale la vita quotidiana dei cittadini.

Ciò è particolarmente vero per la pandemia i cui effetti sono estremamente sentiti e visibili nel vissuto personale e collettivo, la quale tuttavia non viene messa al primo posto occupato invece da una minaccia molto più strutturale e potenzialmente catastrofica come il cambiamento climatico. Ciò rivela forse uno sguardo oltre il breve periodo più forte e radicato di quanto racconti lo stereotipo sull’Italia, e forse l’effetto di una figura fortemente mediatica come quella di Greta Thunberg.

Occorre inoltre considerare che l’ascesa della Cina come potenza globale e le tensioni tra Occidente e Russia negli ultimi anni hanno ricevuto molta meno attenzione mediatica, al di là del circuito di addetti ai lavori ed esperti, di temi che fanno maggiormente notizia come gli attacchi cibernetici alla Regione Lazio o lo sbarco di decine di migliaia di migranti ogni anno sulle coste italiane.

Cresce la preoccupazione rispetto a Cina e Russia
Guardando alla serie storica dei tre sondaggi effettuati tra il 2018 ed il 2020, è aumentata sensibilmente la percezione della minaccia rispetto sia all’ascesa cinese, passata da 5,7 a 6,8 punti, sia, seppur in misura minore, riguardo alle tensioni con la Russia – da 5,9 a 6,5 punti.

Si tratta in questo caso di dinamiche di sicurezza che attengono alla più tradizionale competizione geopolitica tra potenze, seppur estesa a nuovi domini – come lo spazio o il cyberspace – e/o svolta tramite tattiche relativamente nuove, “ibride”. Dinamiche strutturali, di lungo periodo, con effetti in molteplici settori – da quello energetico al commercio internazionale, ai vaccini – che lentamente si fanno strada nell’orizzonte dell’opinione pubblica.

Aumento delle spese militari e ritiro dall’Afghanistan
Il contesto internazionale teso e instabile, ed il generale peggioramento della percezione italiana al riguardo, sono probabilmente tra i fattori che spiegano l’aumento del sostegno dei cittadini verso le spese militari avvenuto negli ultimi tre anni. La percentuale a favore di un tale incremento è balzata infatti in Italia dal 46% del 2018 al 60% del 2021. Il ruolo positivo svolto dalle forze armate italiane nel contesto emergenziale della lotta alla pandemia, dalla distribuzione logistica dei vaccini alla creazione di grandi centri per i tamponi, reso molto visibile dalla nomina del Generale Figliuolo a commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, potrebbe aver influito al riguardo specie in quel segmento della popolazione meno familiare con gli altri e prioritari compiti costituzionali svolto dallo strumento militare.

Tra i compiti principali delle forze armate vi è il contributo alla sicurezza e stabilità internazionale tramite le missioni all’estero. Il sostegno per le operazioni italiane oltre i confini nazionali è leggermente ma costantemente sceso dal 49% del 2018 al 47% del 2020, fino al 45% odierno. Questo dato fa il paio con il giudizio netto espresso sulla fine dell’intervento militare Nato in Afghanistan: nonostante le drammatiche immagini e notizie di cosa sia successo a Kabul dopo il ritiro occidentale, il 59% è favorevole ed il 41% contrario a questa decisione.

L’orientamento italiano è sostanzialmente in linea con la situazione nel resto dell’Occidente. Negli Stati Uniti, attenuatosi col tempo il ricordo degli attacchi terroristici dell’11 settembre, il desiderio maggioritario di riportare a casa le truppe dal Medio Oriente ha accomunato elettori democratici e repubblicani, e le presidenze Trump e Biden entrambi a favore di un drastico disimpegno dalla regione per concentrarsi invece sull’avversario cinese.

In Europa la situazione è ovviamente più frammentata nelle singole realtà nazionali, ma in generale si può dire che, nonostante la minaccia latente del terrorismo internazionale di matrice islamica, la maggioranza degli europei non è certo a favore di un impegno militare in Afghanistan, sia esso sotto egida Nato, Ue o Onu.

Indagini come quella condotta dallo IAI e dal Laboratorio di Analisi Politiche e Sociali (Laps) dell’Università di Siena indicano orientamenti elettorali e non ricette politiche. Sta in primo luogo ai rappresentanti dei cittadini, e più in generale alle istituzioni e alla classe dirigente, valutare sia il contesto internazionale che quello interno, e quindi formulare e attuare soluzioni non solo di breve periodo per gli interessi nazionali e, in questo caso, per la sicurezza del Paese.

Foto di copertina ANSA/MASSIMO PERCOSSI

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