La sfida dei nuovi velivoli da combattimento senza pilota

Il conflitto in Ucraina ha visto un utilizzo di droni armati su una scala senza precedenti nella storia militare. Tuttavia i droni, anche conosciuti come uncrewed aerial systems (UAS), hanno fino ad oggi svolto compiti principalmente legati alla sorveglianza e ad un tipo di guerra contro avversari generalmente sprovvisti di sistemi di difesa aerea adeguati.

Lo sviluppo degli UAS armati moderni è in gran parte figlio delle operazioni militari che hanno coinvolto Stati Uniti e Paesi occidentali in Medio Oriente, Africa e Asia centrale a partire dai primi anni del post-11 Settembre. Di conseguenza, la maggior parte degli UAS, armati e disarmati, oggi in servizio presso le forze armate occidentali sono stati progettati per operare in scenari di conflitto asimmetrico.

Ciononostante, nelle prime fasi dell’invasione russa ai danni dell’Ucraina un drone ad ala fissa di fabbricazione turca, il TB-2 Bayraktar, aveva inflitto perdite ingenti ai convogli russi incolonnati sulle strade che dai confini con la Bielorussia portano a Kyiv. A dispetto dei numerosi successi sul campo di battaglia, dovuti all’inizio della guerra anche alla disorganizzazione delle difese aeree russe e agli errori nella pianificazione e condotta delle operazioni, sistemi come il TB-2 rimangono però vulnerabili a sistemi di difesa aerea moderni nonché agli aerei da combattimento. Oggi, nel contesto di una guerra di posizione dove nessuno riesce a guadagnare i necessari livelli di superiorità aerea, gli UAS (che in Ucraina variano dai veicoli ad ala fissa a droni commerciali ad ala rotante di piccole dimensioni) non riescono ad avere lo stesso impatto dirompente.

Una nuova classe di veicolo senza pilota

Il progresso tecnologico nel campo delle difese aeree, insieme alla vulnerabilità di droni lenti e poco manovrabili in scenari di guerra ad alta intensità, rivela la fragilità degli UAS (specialmente quelli di dimensioni medio-grandi) in assenza delle condizioni riconducibili alla supremazia aerea. È quindi riscontrabile a livello globale un crescente interesse nello sviluppo di sistemi più adatti a conflitti tra forze di pari livello e dove lo spazio aereo è conteso. Questi sistemi, di cui si discuterà il 21 novembre nel webinar IAI Velivoli da combattimento senza pilota, intelligenza artificiale e futuro della difesa, sono anche conosciuti come uncrewed combat aerial systems (UCAS) e rappresentano un sostanziale allontanamento dai tradizionali UAS armati. Questi nuovi sistemi, in alcuni casi in uno stadio avanzato di sviluppo, sono caratterizzati da proprietà particolari legate alla bassa osservabilità, velocità molto elevate e la capacità di trasportare armamenti sofisticati.

I potenziali vantaggi dei sistemi senza equipaggio nella guerra aerea sono chiari. L’assenza di tutta la strumentazione e dei sistemi di supporto necessari per piloti a bordo può permettere la progettazione di veicoli più piccoli, leggeri o capaci di trasportare payload più importanti mantenendo dimensioni contenute. Ciò a sua volta potrebbe favorire caratteristiche quali la velocità e la manovrabilità, diminuendo anche la segnatura radar di un veicolo. In linea di principio, l’assenza di un pilota umano rimuove poi una serie di limitazioni anche per quanto riguarda la capacità di condurre missioni molto prolungate – e quindi a distanze maggiori – e la suscettibilità a forti accelerazioni (forza G).

In situazioni dove lo spazio aereo è conteso e dove gli aerei da combattimento pilotati hanno una libertà di azione fortemente limitata dalla presenza di sistemi di difesa aerea come gli S-300 e S-400 russi o i SAMP/T italofrancesi, gli UCAS possono operare penetrando, eludendo o evadendo, le difese nemiche e senza mettere a repentaglio la vita dei piloti. Gli UCAS potranno agire anche in solitaria, ma molti degli attuali programmi volti alla realizzazione di questa capacità vedono gli UCAS principalmente come parti integranti di un sistema di sistemi che inizialmente sarà incentrato su un velivolo da combattimento pilotato dal quale saranno diretti da un pilota umano. Questi UCAS sono conosciuti come collaborative combat aircraft (CCA), loyal wingmen o adjuncts.

L’autonomia dei sistemi e le sfide per l’Europa

Non dovendo fungere da ambiente abitativo per i piloti, anche gli UCAS più avanzati saranno generalmente più economici dei velivoli da combattimento di sesta generazione pilotati. Eppure questi sistemi non vanno visti come sostituti a basso costo degli aerei da combattimento come l’Eurofighter o l’F-35. Al contrario, l’assenza di umani a bordo offre l’opportunità di rendere gli UCAS degli strumenti assolutamente complementari a velivoli pilotati da combattimento presenti e futuri, e capaci di eseguire compiti diversi.

Gli UAS tradizionali non sono vulnerabili soltanto a minacce cinetiche come missili terra-aria, ma anche alle armi a energia diretta e microonde ad alta potenza oltre che metodi di guerra elettronica e cyber. Specialmente nel caso della guerra elettronica e in scenari di conflitto dove le comunicazioni wireless sono degradate da azioni di jamming, la capacità da parte degli UCAS di poter operare autonomamente risulta essere di vitale importanza nell’ottica di un conflitto contro avversari tecnologicamente avanzati. Tuttavia il raggiungimento di un grado sufficiente di autonomia dei sistemi dipende da una serie di soluzioni tecnologiche – a partire dall’intelligenza artificiale e da tutti i suoi sottocampi, come ad esempio l’apprendimento automatico e il deep learning – sulle quali l’Europa si trova complessivamente in una posizione di svantaggio rispetto ad altri attori, USA in primis.

Attualmente, lo sviluppo degli UCAS in Europa si sta concentrando in gran parte sui CCA ed è strettamente collegato a programmi multinazionali per sistemi di sesta generazione. Questi sono il Global Combat Air Programme (GCAP), che vede la partecipazione dell’Italia al fianco di Regno Unito e Giappone, e il Future Combat Air System (FCAS) guidato da Francia e Germania. In un tale contesto, dove i due programmi sono essenzialmente in competizione l’uno con l’altro, l’interoperabilità resta una priorità chiave su più livelli: quello NATO fra questi sistemi e le controparti americane, ma anche tra i nuovi UCAS europei e piattaforme esistenti come l’Eurofighter e l’F-35. Qualsiasi siano le future geometrie del mondo UCAS in Europa, la capacità di stimolare l’innovazione tecnologica su vari fronti – dai materiali e la propulsione, fino all’intelligenza artificiale – sarà una delle precondizioni fondamentali perché i Paesi europei, Italia inclusa, riescano a dotarsi di questa capacità allo stato dell’arte.

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